Pierfranco Bruni
Taranto deve necessariamente comprendere che investire nei processi culturali possa significare dare un volto identitario ad una città precariamente attraversata da iniziative che non hanno inciso nel suo tessuto territoriale. Investire nella cultura significa però creare i presupposti di uno spazio filosofico che dia un cambiamento anche alla politica economica.
Taranto, come amministrazione municipale (e provinciale, con un ruolo limitatissimo o inesistente), è assente da un immaginario culturale che ha reso altre città punti di riferimento: da Matera a Cosenza, esempi emblematici.
Eppure lo ripeto da epoche.
La municipalità deve poter spendere il “marchio” cultura con attività di grande respiro. Attività che siano segni tangibili di eventi da veicolare non solo all’interno della città stessa ma da esportare come un reale modello di civiltà mediterranea.
A Taranto manca un vero e proprio profilo immaginativo o una immagine che dia senso alla sua eredità storica. Le piccole iniziative non hanno resoconto. È la progettualità che ha una sua specificità di orizzonte.
Le possibilità ci sono ma non ci sono le idee. Una città senza una idea cultura è una città che non potrà avere futuro.
È una città che rischia di perdere persino la sua memoria. Allora, ci si inventi qualcosa. Si punti direi obbligatoriamente ad un Progetto Mediterraneo che debba avere come contenuti il modello propriamente etno – archeo – antropologico.
Perché la città e il suo territorio sono impastati, nelle radici, di questi elementi. Neppure la complessa problematica del Centro Siderurgico ha permesso di guardare con attenzione e attrazione ad altri percorsi.
È un fatto molto grave in una città che ha tradizioni di radicamenti culturali e di prospettive completamente assenti.
Oggi la municipalità di Taranto non ha un sostanziale progetto culturale. Questa è la verità.