di Pasqualina Stani
La dieta senza glutine si basa sull’idea che il glutine, presente in molti cereali come frumento, segale, farro, provochi numerosi malesseri e faccia male. Bisogna eliminare un’intera classe di alimenti, che sono proprio quelli che stanno alla base della dieta mediterranea. i cereali e, soprattutto, il grano.
Il glutine è una molecola piuttosto grossa, formata da due proteine: lo si trova in pane, pasta e dolci e in una serie di cibi industriali come sughi o cioccolato, in cui è usato per dare consistenza. Ci sono persone che non possono mangiarlo, perché sono allergiche o celiache. Si infittisce la schiera di chi esclude il glutine dalla dieta perché pensa che sia nocivo, o perché è “sensibile” perché avverte disturbi simili a quelli di chi è celiaco, pur non essendolo. Il glutine è una miscela di proteine, soprattutto gliadina e glutenina, che si forma durante l’impasto di farine di alcuni cereali con acqua. Il glutine non è presente nel chicco del cereale o nella farina, si genera solo in seguito all’aggiunta di acqua e alla applicazione di forza meccanica, con la formazione dell’impasto. Dal latino gluten, che significa colla, il glutine è l’elemento che dà elasticità agli impasti: può anche essere introdotto in aggiunta a certe preparazioni, per arricchire di proteine alcuni alimenti. Si trova in molti cereali: frumento, farro, kamut (grano egiziano spesso ritenuto erroneamente senza glutine), triticale, spelta, orzo, segale, così come nel malto dei cereali elencati e i nei loro derivati come il seitan. L’avena per ragioni complesse, molto di frequente è contaminata dal glutine. Non c’è nel riso e nel mais.
Il glutine non fa male, esistono persone che non possono mangiare il glutine, perché sono allergiche o celiache. C’è chi soffre davvero di queste malattie, e chi esclude il glutine dalla dieta perché pensa che sia nocivo, o perché è “sensibile” infatti avverte disturbi simili a quelli di chi è celiaco, pur non essendolo.
I primi, ovvero quelli che pensano che il glutine sia nocivo, semplicemente sbagliano perché nessuna ricerca ha mai dimostrato che il glutine sia in sé dannoso, anche se le campagne di marketing tendono a farci credere il contrario.
È una moda che arriva dagli Stati Uniti, dove le diete gluten free. Gli studi scientifici stanno dimostrando che in chi non è celiaco l’esclusione del glutine non solo è inutile, ma potrebbe essere potenzialmente perfino dannosa. L’alimentazione gluten-free nei non celiaci si associa spessissimo a una riduzione del consumo di cereali integrali, con risultati opposti: aumenta il rischio cardiovascolare.
Nei celiaci, il glutine scatena la produzione di anticorpi diretti contro la mucosa che riveste l’intestino, danneggiandola. Sono l’1% della popolazione e la malattia ha una base genetica. Non esistono terapie definitive, ma le lesioni regrediscono se si segue una dieta priva di glutine, che in questi casi è quindi necessaria per prevenire complicazioni come osteoporosi, carenze nutrizionali e tumori. L’allergia al grano è invece una reazione allergica come quelle per il polline, la polvere o l’uovo. Chi ne soffre non può mangiare cibi che contengano glutine.
Chi soffre di sensibilità al glutine accusa disturbi digestivi, debolezza e malesseri vari, che spariscono con una dieta gluten free. Non ci sono analisi in grado di diagnosticare questa condizione, che non provoca le alterazioni degli esami del sangue né le lesioni della parete dell’intestino che vediamo nei celiaci. Ci si arriva, quindi, per esclusione: il paziente ha disturbi, non è celiaco né allergico, perché i test sono negativi, e si conclude che è sensibile al glutine.
La malattia celiaca è una infiammazione cronica dell’intestino tenue, scatenata dall’ingestione di glutine soltanto in soggetti geneticamente predisposti. In questi, il glutine provoca una reazione anomala del sistema immunitario, che aggredisce l’organismo, in particolare i villi intestinali. Infiammandosi, i villi regrediscono in misura proporzionale alla gravità della celiachia, compromettendo la loro capacità di trasportare le sostanze nutritive essenziali.
Negli anni si è arricchita la varietà di sintomi della celiachia, che oggi si manifesta non più solo con i disturbi tipici: diarrea, calo di peso, spossatezza, gonfiore addominale, dolori addominali, nausea e ritardo nella crescita per i bambini. In alcuni casi subentrano una serie di patologie correlate la cui insorgenza può indicare una celiachia, per esempio anemia per carenza di ferro, osteoporosi, amenorrea, carenza di vitamine e minerali, dermatite erpetiforme di Duhring, disturbi della fertilità o intolleranza al lattosio. In un regime alimentare rigorosamente privo di glutine, gli effetti negativi sono reversibili e la mucosa dell’intestino è in grado di rigenerarsi. Attenersi per tutta la vita a un regime alimentare gluten-free rappresenta oggi l’unica terapia possibile.
Un prodotto “senza glutine”, per essere definito tale, deve contenere una quantità di glutine inferiore ai “20 Parti Per Milione” e corrisponde a una concentrazione di 20 mg (di glutine) su 1 kg (di alimento). Questa soglia limite è stata individuata attraverso studi scientifici e adottata dalle legislazioni di tutto il mondo per individuare un alimento adatto ai celiaci.
Per preparare un pasto o un alimento per celiaci non è sufficiente evitare di usare le farine con glutine o il pane e la pasta convenzionali: è necessario prestare attenzione anche al rischio di contaminazione accidentale.
Nei farmaci c’è glutine sotto forma di amido di frumento. Ed è in concentrazioni così basse che i celiaci possono assumere tutti i farmaci presenti sul mercato. Il Ministero della Salute ha confermato che i limiti imposti attualmente dalla Farmacopea Europea consentono di considerare adatti ai celiaci anche i medicinali contenenti amido di frumento. La norma della Farmacopea Europea fa sì che non sia più necessario che il farmaco riporti il claim “senza glutine”. Per chi soffre di malattia celiaca, ingerire accidentalmente glutine può significare il reinnesco della situazione infiammatoria, con possibili gravi conseguenze.
Nel tempo sono stati raggiunti numerosi traguardi oggi divenuti diritti concreti per le persone celiache. A seguito della diagnosi del medico specialista, il celiaco ha diritto ad avere gratuitamente prodotti dietetici senza glutine, indispensabili per la sua dieta. Può quindi ritirare prodotti nelle farmacie, nei supermercati e negozi specializzati, fino al raggiungimento di un tetto di spesa mensile, che varia a seconda dell’età, del sesso e che può essere leggermente diverso da regione a regione.
L’erogazione gratuita nasce in Italia negli anni ’80, per garantire al celiaco la dieta gluten-free, che è l’unica terapia per questa patologia cronica. L’erogazione, così come le altre forme di assistenza previste in molti altri Paesi Europei, si è resa necessaria a causa dei prezzi alti dei prodotti senza glutine rispetto agli alimenti convenzionali.
Tutte le prestazioni mediche del follow-up (il controllo della malattia) vengono riconosciute in esenzione ai pazienti celiaci diagnosticati: e in Italia sono gratuiti anche i controlli per diagnosi di malattia per i parenti di primo grado delle persone celiache (figli, genitori, fratelli e sorelle). Altra tappa in campo normativo è la legge che definisce la celiachia una “malattia sociale” e introduce il fondamentale diritto al pasto senza glutine nelle mense pubbliche, quindi le scuole e gli ospedali, e la necessaria formazione degli operatori della ristorazione senza glutine.