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Al panchinar cortese di Via Sparano

O panchinaro, panchinar cortese,
che a tutte l’ore la cerchi senza pretese,
dimmi se l’hai trovata, se ti è gradita
or che la strada è certo più erudita.
Volevi una panchina con spalliera
su cui poggiar le membra anche di sera,
su cui sederti fianco a fianco
della dolce amica del tuo vecchio banco.
Ancor ricordi quando il sole
t’invitava all’ombra delle grandi palme
e lì sedevi a rimirar le urbane alme.
Le hanno portate via, erano forti
ma hanno fatto la fine di soldati morti.
Adesso hai da scegliere dove sederti,
dove adagiar tra cubi, archi e cerchi
le tue nobili membra sempre più inerti.
Pensa, stanno piantando anche dei zippi
dove non siederebbe neanche Gatta Pippi.
E ci sono i pensieri di Croce Benedetto
a far battere forte il tuo villoso petto
schiacciati sotto i piedi nel salotto letterario,
dove i gnurant ripeteran l’abbecedario.
Cos’altro vuoi, ancora ti lamenti?
Sei stato messo nelle mani di sapienti!
Che via Sparano fosse luogo anche d’incontro
eri a pensarlo tu, ce li hai adesso tutti contro.
È per lo shopping, è stato detto,
senza fronde la strada avea già retto.
Le bollenti vetrine ti mostrano le offerte,
corri a comprare, devi essere solerte!
E poi c’è l’effetto cannocchiale
da Bari vecchia fino alla stazione:
al sol di ferragosto sai che soddisfazione?
E se sederti vorrai poi ad ogni costo,
i cubi spalla a spalla ti faran dolere l’osso.
Abbi fiducia, c’è ancora piazza Umberto,
su una panchina rotta e con un bel concerto
aspetterai ch’anche lì giunga il deserto.
Al verde si sostituirà un bel grigio cemento
e tu griderai, griderai sconvolto al vento:
vi prego, aspettate solo un momento!

(Eugenio Lombardi)

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