La storia della civilizzazione, per certi versi, è una storia di mappe: come siamo arrivati infatti a comprendere il mondo attorno a noi?
Una delle mappe più famose funziona perché in realtà non è affatto una mappa.
La Metropolitana di Londra cominciò a prendere forma nel 1908, quando otto linee ferroviarie indipendenti si unirono per creare un sistema unico.
Per rappresentarlo, serviva una mappa affinché la gente sapesse dove andare.
Realizzarono una mappa complessa. Si vedevano i fiumi, i corsi d’acqua, gli alberi e i parchi. Le stazioni erano tutte ammassate al centro della mappa e alcune stazioni periferiche neanche rientravano nella mappa. La mappa, precisa geograficamente, non era forse così utile.
Ma come sempre, in questi casi, entrò in scena un genio.
Harry Beck era un disegnatore tecnico di 29 anni che ogni tanto lavorava per la metropolitana di Londra.
Lui considerò un aspetto importante, cioè che le persone che prendono la metropolitana non sono realmente interessate a ciò che accade in superficie.
Vogliono solo recarsi da una stazione all’altra: “Dove salgo? Dove scendo?”
Ciò che importa è il sistema, non la geografia.
Così, Harry Beck prese questo groviglio di spaghetti e lo semplificò.
Le linee seguivano solo tre direzioni: orizzontali, verticali o inclinate di 45 o 90 gradi.
Le dispose in modo equidistante, e il colore di ogni stazione corrispondeva a quello della linea.
La migliorò tanto che, in effetti, non era più una mappa. Era un diagramma, simile a un circuito stampato, solo che quel circuito non aveva cavi che trasportavano elettroni ma tunnel con dentro dei treni che trasportavano gente da un luogo all’altro.
Nel 1933, la Metropolitana di Londra decise di dare una chance alla sua mappa. In via sperimentale, pubblicarono un migliaio di copie in formato tascabile. Andarono a ruba in un’ora.
Capirono di essere sulla strada giusta, così ne stamparono altre 750.000. E quello diventò lo schema vedete ancora oggi quando andate in una metropolitana.
Il disegno di Beck è di fatto diventato il modello di come concepiamo oggi le mappe della metropolitana. Città come Tokyo, Parigi, Berlino, San Paolo, Sydney, Washington e Milano hanno tutte trasformato la geografia intricata in una geometria precisa. Tutte usano colori diversi per differenziare le linee e simboli semplici per distinguere i tipi di stazione. Tutte sembrano fare parte di un linguaggio universale.
Scommetto che Harry Beck non sapeva cosa fosse un’interfaccia utente, ma è proprio ciò che ha progettato.
Ha affrontato la sfida suddividendola in tre principi, che ritengo applicabili a quasi tutti i problemi di progettazione.
Primo: la focalizzazione. Focalizzare il pubblico a cui ci si rivolge.
Secondo principio: la semplicità. Qual è la via più breve per rispondere a tale esigenza?
Terzo e ultimo: pensare in modo interdisciplinare.
Chi avrebbe mai pensato che un perito elettrotecnico avrebbe avuto in mano l’elemento decisivo per risolvere quello che allora era uno dei sistemi più complessi al mondo?
Ah, Beck continuò a sviluppare modelli e disegni per una nuova mappa fino alla sua morte, avvenuta negli anni settanta. Mai nessun’altra mappa, nonostante fossero validissime, fu accettata dalla società che gestiva la Metropolitana.
Leggete la storia della sua vita su Wikipedia.
Comunque, tutto iniziò con un ragazzo che aveva una matita e un’idea.