Chissà, De Laurentiis l’ha intitolato “Fuga per la vittoria”, magari come sequel del celebre film di John Huston, la “partita della morte” giocata a Kiev che vedeva di fronte una formazione mista di calciatori della Dynamo e del Lokomotiv di Mosca contro ufficiali dell’aviazione tedesca Luftwaffe con Sylvester Stallone, e i camei di Pelè Ardiles, Bobby Moore, Deyna, e tanti altri giocatori, partita che, in qualche modo, ha fatto l’occhiolino alla gara di oggi del Bari che si è trovato costretto a giocare “prigioniero” del campo in costruzione ubicato dietro la curva, con le note intimidazioni settimanali e pericolosità diffusa.
Per aspera astra, dunque, ovvero, attraverso le asperità sino alle stelle. E si, perché il Bari era atteso ad una prova di maturità, oggi al Presti di Gela, per dimostrare che è la squadra da battere, pronto ad affrontare qualunque avversità per consolidarsi al primo posto.
Dopo una settimana zeppa di “polemos” mediatico perpetuato dalla città siciliana e dai suoi sodali per creare un clima di intimidazione (il Bari, signorilmente, è rimasto silente ad attendere gli eventi), la Lega Nazionale dilettanti, alla fine, ha sentenziato ponendo fine alla farsa. Niente, dunque, Licata, niente San Cataldo e nemmeno Lentini, e niente, soprattutto, incasso per la società gelese, teatro della gara il ”Presti” di Gela, ovvero “come non detto, scusate il disturbo”.
In quella che è stata dipinta come trasferta “trappola” al cospetto di un ambientino particolare, il Bari, tappandosi le orecchie, ha pensato solo a lavorare in settimana mentre imperversava la polemica, più forte dei condizionamenti esterni, sereno e concentrato come una squadra d’alta classifica dovrebbe fare, arrivando fin qui – nel nisseno – per cercare di prolungare la striscia positiva che ha avuto inizio sin dalla prima giornata di campionato, oltre che per tentare di aumentare i punti di vantaggio sulla Turris per eliminare ogni retro pensiero, al cospetto di un Gela che è vero che aveva una difesa colabrodo, ma aveva anche un attacco super con gli stessi gol del Bari. Ma la Turris, vincendo oggi, non ha rallentato. Poco male.
Occorreva soprattutto un approccio alla gara particolare, mostrando, mai come in questo caso, maturità, senza cadere nelle provocazioni non concedendo nulla sfruttando sin da subito le occasioni che si sarebbero concretizzate. E così è stato.
Cornacchini ha rinunciato a Brienza almeno nel primo tempo, forse a causa del terreno semi sintetico, forse per salvaguardarlo, non si sa, mandando in campo un 4-2-3-1 con Marfella in porta, Mattera e Turi terzini, Cacioli e Di Cesare al centro della difesa, Langella, Bolzoni avanti alla difesa, Piovanello, Floriano e Neglia alle spalle di Simeri.
Primo tempo molto combattuto con un paio di occasioni per parte, partita divertente e giocata senza risparmio, a conferma della spregiudicatezza della squadra di Zeman che ha giocato senza alcun timore riverenziale.
Parte bene il Bari con Simeri che da solo, angolato, tira in porta ma il piede di Castaldo gli dice no. Poi ancora Neglia su calcio di punizione prende la trasversa.
Quindi una fase di stanca per il Bari che lascia le redini del gioco al Gela che, comunque, non si rende mai pericoloso, a dispetto di una buona manovra di gioco, ma poi è di nuovo Bari sempre con Simeri, oggi molto cercato coi lanci lunghi, che superando Castaldo di testa, da posizione defilata, tira sull’esterno della rete sfiorando il palo.
E quando sembra che il Bari torna ad accendersi, ecco la risposta del Gela che con Schisciano da fuori area prova a tirare ma trova un super Marfella che devia il velenoso pallone, quindi è la volta di Alma, il bomber temuto, che all’improvviso sfodera un gran tiro, ma ancora un grande Marfella gli dice no inarcandosi deviando in corner. Insomma un primo tempo tutto sommato equilibrato che avrebbe potuto chiudersi con un 2-2 confermando la vocazione per entrambe le squadre all’attacco, non a caso prima della gara avevano lo stesso numero di reti segnate (23).
Il secondo tempo si apre col gol di Simeri che raccoglie un assist di Floriano che di testa fa gol.
Match che cambia col Gela obbligato a fare qualcosa di più, ma che potrebbe anche aprirsi a causa degli spazi lasciati come, infatti, accade al 7′ quando Neglia e Simeri dialogano e per poco non fanno il 2-0.
Ma con un gol di scarto, soprattutto fuori casa col Gela, c’è poco da stare allegri. La fase di gioco è spezzettata con falli da una parte e dall’altra a centrocampo e tempi per ragionare non ce n’è per nessuna.
Sicché il Bari mette il muso avanti solo in contropiede cominciando a difendersi a denti stretti.
Cornacchini, allora, capisce che l’aria non è tra le migliori e cambia facendo entrare Brienza per Floriano per cercare di alzare un po’ la squadra e, chissà, per illuminarla d’immenso e così è: che gol Langella al 20′ su assist di Brienza da fuori area dai venticinque metri, gol che va a finire nel sette!
Quini il Gela comincia ad attaccare a spron battuto producendo diverse occasioni da rete come quella del salvataggio sulla linea di Mattera che si immola sul tiro di Sowe che salta Marfella e tira in porta. Il match è divertente con occasioni da una parte e dall’altra
Cornacchini pensa allora di chiudere meglio la difesa con Nannini per Piovanello, mossa che cambia la fase tattica con un Bari a cinque difensori.
E allora ci pensa lui, Alma, con un colpo di testa pericoloso, e ancora Marfella si distende a terra e para il pallone. Il Gela spinge alla ricerca del gol che potrebbe riaprire la gara ma il Bari chiude ogni spazio dimostrando di saper soffrire senza sbavature.
Sowe, ancora lui, si divora un gol impossibile da sbagliare al 90′ da solo a porta vuota tirando altissimo. Ancora Bonanno con un sinistro non trova la porta. Di certo il Gela mostra carattere ed attributi fino alla fine che è incandescente.
Ma la gara finisce qui col Bari che vince anche le avversità oltre che sul campo con Brienza dolorante al ginocchio. Speriamo non sia nulla di grave considerato che proprio lui si fece male, guarda caso, su un terreno sintetico due anni fa.
Un segnale forte che dà al campionato, un Bari che vince in Sicilia senza correre particolari rischi dimostrandosi squadra da battere. “Memento audere semper”.
Massimo Longo