Principale Politica Diritti & Lavoro Pentito costretto a lavorare con il suo vero nome e cognome

Pentito costretto a lavorare con il suo vero nome e cognome

Pentito costretto a lavorare con il suo vero nome e cognome
E’ stato costretto a lavorare come fattorino, usando le sue generalità, esponendosi a numerosi rischi pur di guadagnare abbastanza per aiutare la figlia incinta e per poter garantire un futuro anche alle altre figlie piccole. Michelangelo Mazza, pentito di Camorra, ha denunciato la sua vicenda al sito ‘CiSiamo.info’. “Io sono grato allo Stato per come mi ha protetto e assistito – dice Mazza – Il problema è che io non posso basare la mia vita e quella della mia famiglia sull’assistenza, perché prima o poi il programma di protezione giustamente finirà e a quel punto che fine farò, se in questi anni non ho la possibilità di inserirmi in un contesto sociale e lavorativo?”.

Mazza si è così deciso a trovare un lavoro ma dopo un po’ si è reso conto che era troppo rischioso. “Oltre al fatto che devo andare in giro per tutta la città per consegnare i pacchi – sottolinea – e questo mi fa incontrare moltissime persone diverse, il mio nome è registrato su un’applicazione da cui i clienti possono controllare il momento preciso della consegna del loro pacco”, spiega Mazza.

Il collaboratore di giustizia si rivolge quindi ai vertici del Servizio Centrale di Protezione affinché sia ricevuto dalla Commissione Centrale di Protezione. “Voglio semplicemente poter spiegare loro, che hanno il potere di decidere sulla mia vita, la mia situazione: a me interessa semplicemente che mi mettano in condizioni di poter lavorare in sicurezza e che mi venga consentito di rifarmi una vita, con la mia famiglia”, sottolinea Mazza.

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