Come hai iniziato la tua carriera?
E’ iniziata con il teatro a 17 anni, il teatro è da sempre una mia passione culturale grazie a mio papà che molto piccolo mi aveva portato a vedere Il malato immaginario, poi finito il Liceo Classico quando è iniziato quel periodo meraviglioso dell’Università dove non studi, non fai niente, ho iniziato a fare un corso di teatro a Genova e da lì questa passione dura fino ad oggi. Dopo che mi sono laureato ho iniziato a lavorare, essendo il teatro molto impegnativo, passi dei mesi a fare le prove per uno spettacolo che magari dura una settimana e se devi anche lavorare ad un certo punto hai bisogno di prenderti una pausa, il paradosso è che intorno ai 35, 36 anni quando avevo deciso di fermarmi, sono andato a fare il provino per Zelig perché ero molto curioso di capire come funzionava il linguaggio della comicità e mi hanno preso, da lì è partito tutto il percorso, dal laboratorio Zelig, a Genova Zelig Off, alcune trasmissioni televisive, la prima è stata Central Station su Commedy Central Station dieci anni fa.
Oggi cosa significa per te fare cabaret?
Rappresenta una modalità espressiva, un modo per esprimere la mia visione del mondo, per comunicare e relazionarmi con gli altri. Sapere che riesci a far ridere qualcuno per me è uno degli aspetti più speciali che la vita ti possa dare, fondamentalmente per me è un esigenza.
Come ti approcci al personaggio da interpretare?
Parto da un’osservazione del quotidiano, da episodi che possono essermi accaduti, come il rapporto con mia moglie, i miei figli o anche i comportamenti dei miei amici, la modalità che adesso piace di più è quella del racconto, del monologo all’interno del quale entrano dei personaggi. A me piace molto cercare di squarciare l’ipocrisia e mettere a nudo le sensibilità, le inadeguatezze, partendo soprattutto da me, perché siamo tutti imperfetti, siamo tutti un po’ storti e questo mi fa molto ridere. Fare il comico mi da’ la possibilità di mettermi a nudo, siamo tutti legati a convenzioni o maschere che dobbiamo mantenere, dobbiamo far finta di essere tutti infallibili e imperfetti quando in realtà non lo siamo.
C’è un personaggio che ami di più interpretare?
Mi piace molto l’omologo naturalista che detesta gli animali domestici perché hanno perso il loro istinto primordiale e che esalta i grandi predatori del mondo animale. Mi serve anche a fare dei paragoni tra l’uomo e l’animale in termini di comportamento. Nasce dall’imitazione della voce di un mio amico che fa realmente il biologo naturalista.
Poi mi piacciono molto anche gli ultimi personaggi che interpreto a Quelli che il calcio, come la presa in giro degli story teller che vanno molto di moda oggi.
C’è un segreto per fa ridere?
Sicuramente tanto lavoro di tipo artigianale, in particolare la scrittura, man mano che fai esperienza diventi sempre più padrone di una tecnica importante per arrivare a gli altri, poi ci devi mettere del tuo con tanta passione senza perdere mai il divertimento di fare quello che fai.
Non so se c’è un segreto, ognuno ha delle caratteristiche sue, quando hai a che fare con dell’espressioni della persona o dell’animo umano non puoi catalogarle in regole precise. Sicuramente nella scrittura, nella comicità, nella creazione del personaggio ci sono delle tecniche per arrivare al pubblico, però ognuno ha un suo modo, io per esempio faccio più ridere con l’interpretazione di situazione e l’uso delle parole, altri invece di più con la battuta, proprio per caratteristiche personali.
Molti attori comici sono passati dal teatro al cinema, a te piacerebbe?
A me piace tantissimo la recitazione è il mio primo amore, ho girato da poco una serie tv che spero prenderà luce a breve, ci sono delle differenze sostanziali anche di approccio, non puoi comunicare al cinema con le stesse modalità che usi a teatro e viceversa.
Mi piacerebbe parecchio ovviamente dipende dal ruolo che interpreti, a prescindere che sia cinema, teatro o televisione l’importante è che quello che vai ad interpretare ti appassioni realmente.
La comicità per te è una cosa seria? La leggerezza può essere una chiave anche per trattare temi importanti?
Per me la comicità è un cosa molto seria come anche la leggerezza paradossalmente perché ti aiuta a guardare con onestà intellettuale quello che ti sta attorno. Io nei miei spettacolo parlo del rapporto che ho con mia moglie, delle inadaguetezze che ho ad essere padre o ad essere uomo in questa società ma affronto anche temi che mi sono molto cari come il razzismo, il rapporto dell’uomo con la diversità e i paradossi di questa società.
Siamo in epoca tecnologica che ci da’ una grandissima possibilità di conoscenza oggi potremmo avere da internet una infinita capacità di approfondimento ma siamo sempre più pigri, ignoranti siamo ingannati dalle nostre percezioni, non approfondiamo più, siamo schiavi di un algoritmo come quello di google o dei social network. Quando scrivo i miei spettacoli affronto questi temi da un mio punto di vista, secondo me un errore che un comico non deve commettere è quello di assumere un ruolo predicatorio, posso dire come la vedo io ma non posso pretendere che la mia visione sia la verità assoluta.
La semplicità e la leggerezza ti aiutano a vedere le cose come stanno, a metterti in gioco, anche a capire i tuoi limiti e i tuoi pregiudizi, uno spunto di riflessione, essenzialmente un comico deve far ridere se però ti faccio capire attraverso quella risata che anche tu stai commettendo un errore per pigrizia mentale o per pregiudizi radicati allora quello ha un significato.
Chi sei nella vita?
Sono una persona normalissima, piena di contraddizioni, che tende ad evitare il conflitto anche se a tratti l’impulsività mi mette in difficoltà. Fuori dal palco non ho l’ossessione di dover far ridere sempre. Sono curioso dell’animo umano, mi piace capire quello che c’è dietro le cose, adoro relazionarmi con le persone, capire come la pensano, i loro meccanismi mentali e quando fiuto che una persona è interessante cerco di andare in profondità e questo regala delle opportunità che danno un senso alla vita.