Scoperti abusi sessuali su una tredicenne nell’agrigentino. Sei le persone finite in manette, tra cui la madre della giovane vittima. Sono tutti sospettati di aver abusato ripetutamente della ragazzina. In carcere sono finiti cinque uomini tra i 18 e i 68 anni, nell’area tra Menfi e Gibellina, oltre alla madre. Alle prime luci dell’alba, a conclusione di una complessa indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Palermo, i carabinieri della compagnia di Sciacca (Agrigento) hanno eseguito le sei ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip del Tribunale di Palermo, nei confronti di cinque uomini e una donna, tra Menfi e Gibellina. Le accuse sono: induzione alla prostituzione minorile, sfruttamento e favoreggiamento della stessa, nonché violenza sessuale ed atti sessuali con minorenne, aggravati (poiché consumati ai danni di una vittima infra quattordicenne).
L’indagine portata a termine dai carabinieri, “fotografa una realtà di profondo degrado e disagio sociale, dove la vittima, purtroppo, è una ragazzina che all’epoca dei fatti era appena 13 enne“. L’attività investigativa ha preso spunto da un controllo su strada effettuato da una pattuglia dell’Arma nel dicembre del 2017, lungo la S.S. 624, nel comune di Sambuca di Sicilia (Agrigento). In quell’occasione, nel cuore della notte, era stata fermata un’auto, a bordo della quale vi erano un 60 enne originario di Gibellina e la ragazzina 13 enne. I carabinieri, insospettiti dalle dichiarazioni rese dall’uomo e per la presenza dell’adolescente, con la quale non aveva alcun legame di parentela, decisero subito di approfondire la situazione, accompagnando i due presso la stazione carabinieri di Menfi, comune di residenza della minore.
“Dopo aver ascoltato l’uomo, la realtà che ne affiorava lasciava intendere che lo stesso aveva accompagnato la ragazza presso un ovile nei pressi di Gibellina, dove altri due individui non meglio identificati avrebbero abusato sessualmente della minore, tutto questo con la piena consapevolezza ed il benestare della madre stessa della giovane“, dicono gli investigatori. In quell’occasione, i carabinieri fecero subito scattare le manette ai polsi dell’uomo, Pietro Civello di Gibellina, per sfruttamento della prostituzione minorile nonché denunciarono la madre per lo stesso reato, collocando la ragazzina presso una struttura protetta. Ma per fare piena luce sulla scioccante vicenda, i militari hanno continuato mediante sofisticate intercettazioni e attraverso pedinamenti, nonché con il supporto dei carabinieri del RIS di Messina, a raccogliere tutti gli elementi che hanno permesso oggi di eseguire i provvedimenti restrittivi non solo nei confronti della madre della ragazzina e del Civello, ma anche nei confronti dei clienti con i quali la minore, sotto costante minaccia di morte, era stata costretta ad avere rapporti sessuali.
I carabinieri sono inoltre riusciti a risalire all’identità dei quattro clienti che, in cambio di somme che andavano dai 30 ai 200 euro per prestazione, avevano abusato della ragazzina, direttamente presso case di campagna di loro proprietà od addirittura presso un ovile. I quattro uomini si identificano in Viorel Frisan, 37enne di Gibellina, Calogero Friscia, 25enne di Menfi, Vito Sanzone, 43 enne di Menfi e Vito Campo, 69enne di Menfi.
Nello specifico, quello che gli investigatori hanno appurato, grazie anche alla preziosa collaborazione della minore durante le audizioni protette, avvenute in presenza sia di alcuni militari specializzati per reati in materia di violenza di genere, sia di psicologi incaricati, è la seguente dinamica dei fatti: la madre, di nazionalità romena, assieme all’uomo, si preoccupavano di gestire materialmente l’attività di meretricio accordandosi con i clienti, accompagnando la ragazzina sul luogo prestabilito per l’incontro ed intascando in cambio la somma di denaro stabilita. Tutto questo sotto le costanti e reiterate minacce rivolte dai due nei confronti della giovane.
Durante le audizioni, la minore ha descritto con precisione il luogo degli incontri, le persone e gli oggetti di arredo presenti nei locali utilizzati per le violenze. Grazie a questo ed ai dettagliati sopralluoghi effettuati unitamente agli specialisti del R.I.S. di Messina, i carabinieri hanno così potuto raccogliere preziosi reperti, contenenti materiale biologico sia della vittima sia di alcuni dei suoi aguzzini. I match positivi forniti dai laboratori scientifici dell’Arma hanno infine confermato pienamente il quadro probatorio.