Per il Ceo del piu’ grande social media al mondo bisogna quindi lavorare insieme agli stati per mettere a punto una cornice globale e il modello deve essere quello della General Data Protection Regulation dell’Unione europea.
IL CASO CAMBRIDGE ANALYTICA – E’ il caso Cambridge Analytica ad assestare il colpo finale alla credibilità del social network più diffuso al mondo. Tutto nasce da un’inchiesta di Guardian, Observer e New York Times. I cronisti delle tre testate giornalistiche indagano sulla società britannica di analisi dati che durante la campagna elettorale di Donald Trump avrebbe violato milioni di profili Facebook. Spunta il nome di un ricercatore di Cambridge, Aleksandr Kogan. E’ sua l’applicazione dal nome thisisyyourdigitallife, scaricata da 270mila persone che hanno utilizzato le credenziali di Facebook per iscriversi. Agli utenti è richiesta la partecipazione a una serie di sondaggi di carattere psicologico. La raccolta dei dati fa emergere gusti, preferenze, orientamenti politici, stili di vita. Informazioni che successivamente vengono consegnate alla Cambridge Analytica del miliardario Robert Mercer, legata all’ex consigliere del presidente degli Stati Uniti, Steve Bannon. L’intero materiale passa sotto la lente d’ingrandimento di un potente software che analizza ogni minimo dettaglio. L’obiettivo è quello di realizzare annunci e messaggi personalizzati, poi indirizzati a 50mila elettori americani allo scopo di influenzare le loro scelte politiche. La vicenda coinvolge Facebook, colpevole di fornire, attraverso la sua piattaforma, i dati personali di milioni e milioni di persone.
L’inchiesta giornalistica si allarga, oramai ne scrivono tutti i giornali. E’ una vera e propria rivolta popolare. Al punto che Mark Zuckerberg è costretto a intervenire personalmente per ammettere le sue colpe. Parla di troppi errori e di silenzi. Chiede scusa e assicura che tutto questo non accadrà più. Sottolinea che la sua società cambierà le politiche per garantire la protezione dei dati dei suoi utenti. Non averlo fatto prima è stato l’errore più grande commesso.