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Gli agenti del Gom: “I mafiosi vivono in hotel di lusso, il carcere duro lo fanno i delinquenti comuni”

Gli ufficiali del Gruppo Operativo Mobile della polizia penitenziaria raccontano: “I mafiosi detenuti si fanno gli auguri nel giorno della strage di Capaci”

di pso

Sono 600 uomini pronti a tutto. Sono addestrati ad agire in situazioni ad altissimo rischio: sono un corpo d’élite. Hanno giurato fedeltà alla Repubblica e hanno un conto sempre aperto con la mafia. Il Gruppo Operativo Mobile (G.O.M.) della polizia penitenziaria, diretta dal generale Mauro D’Amico, entra in azione quando è necessario sedare sommosse dentro le carceri, trasferire pentiti “ad alto rischio”, sorvegliare i mafiosi sottoposti all’articolo 41 bis, il cosiddetto “carcere duro”. Gli agenti svolgono un lavoro mal pagato e ad altissimo rischio.

Non possono rilasciare interviste, perché ne potrebbe andare di mezzo il loro anonimato, quindi la loro sicurezza. Spesso sono stati sotto accusa,  in particolare per i pestaggi che sarebbero avvenuti nella caserma di Bolzaneto. Ora però le sacche sono piene, così qualcuno ha deciso di raccontare in forma anonima in quali ambienti e con quali regole si svolge la loro mission.  E sono fuochi d’artificio. “La verità è che il 41-bis, il carcere duro, come lo chiama la stampa, lo fanno i detenuti comuni, non i mafiosi”, ha detto al Fatto un ufficiale del G.O.M. alle prese tutti i giorni con l’applicazione di quello che preferiscono chiamare “carcere sicuro”.

Nato nel maggio del ‘97 su iniziativa dell’allora direttore del DAP Michele Coiro, quando il servizio traduzioni dei detenuti era stato trasferito dai carabinieri alla polizia penitenziaria, il G.O.M. ha assunto le funzioni del soppresso Servizio Coordinamento Operativo Polizia Penitenziaria (SCOP). Il loro è un lavoro usurante. Eppure, forse dipende anche dai costi di addestramento, il loro numero è diminuito nel corso degli anni del 50%. E ora in 594 devono controllare 794 detenuti speciali. I numeri non ingannino: i turnover per il controllo dei 41-bis sono devastanti. Anche perché non si può mai abbassare la guardia: molti di questi incalliti delinquenti fanno di tutto pur di mettersi in contatto con i loro ambienti di riferimento.

Nonostante tutto questo impegno, “sparare sul G.O.M. è diventato lo sport nazionale. È accaduto per i fatti di Sassari e di Trieste e per il carcere di Opera”, aveva detto in loro difesa il magistrato Alfonso Sabella (ex PM di punta della procura di Palermo) nel corso di un vertice sui fatti di Genova. Gli agenti sono usciti allo scoperto anche per far conoscere all’opinione pubblica lo stato dei detenuti comuni che, raccontano al Fatto, vivono “ammassati” in celle strette, mentre i loro colleghi più pericolosi vivono “in una cella singola a misura europea con bagno”, dormono in un letto “fornito di “guanciale e materasso ortopedico, se necessario”.

Al contrario, ed è beffa, i G.O.M. di Novara sarebbero costretti a dormire in camerate fredde: per evitare gli spifferi al posto dei vetri sono stati sistemati pezzi di cartone. A Roma per loro sarebbe stata approntata invece una “favela”, così l’hanno battezzata gli agenti.  Inutile continuare nell’elenco, perché le cose girano così anche in molte altre caserme del G.O.M. E se un agente resta in sede oltre gli otto mesi previsti dal regolamento, deve pagare l’affitto (70-80 euro) per dormire in caserma e perde pure l’indennità (12 euro).

Brutta storia. Ma non è tutto, una circolare attuativa della 41 bis ha sostanzialmente reso più liberi i rapporti fra i detenuti, in particolare quelli fra parenti. Ma se lo Stato si mostra misericordioso con chi ha sbagliato, i mafiosi non ci pensano due volte a utilizzare i bambini per comunicare con i loro accoliti ancora in libertà, hanno spiegato i G.O.M. Che peraltro non possono nemmeno perquisirli per verificare l’eventuale uscita di “pizzini”. Altro punto dolente, nemmeno gli avvocati, che potrebbero (almeno in alcuni casi) essere complici (ma anche costretti) dei banditi possono essere controllati. Così come non possono essere controllati i materiali informatici che i difensori consegnano ai loro assistiti. C’è comunque da porre in rilievo che su questo punto non sono mancate “feroci critiche” da parte dei penalisti: l’accusa al G.O.M. è stata quella di aver agito in più di un’occasione come una sorta di servizio segreto, ascoltando e registrando le conversazioni tra i legali ed i loro clienti detenuti, malgrado la legge lo vieti espressamente. Intanto il 23 maggio, nelle carceri il giorno della strage di Capaci i mafiosi si scambiano gli auguri.

L’altra faccia della medaglia: dalla sua creazione il Gruppo Operativo Mobile è spesso stato al centro di polemiche. Sulla scia dei pestaggi di detenuti nel carcere San Sebastiano di Sassari nell’aprile dello scorso anno, Antigone (Associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale) aveva chiesto al ministro della Giustizia Piero Fassino di scioglierlo. E per le perquisizioni nel carcere milanese di Opera l’ex presidente della commissione Giustizia della Camera, l’avvocato Giuliano Pisapia, aveva denunciato senza mezzi termini che erano avvenuti “episodi di brutalità” parlando del passaggio di “un vero e proprio uragano che ha distrutto ogni cosa”.

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