Circa 18 mila esuberi stimati tra i lavoratori impegnati nei servizi per l’immigrazione, di cui 5 mila già coinvolti dall’avvio delle procedure di licenziamento, su un totale di addetti ai servizi di accoglienza e integrazione pari a circa 40 mila. A lanciare l’allarme è la Funzione pubblica della Cgil, facendo un bilancio a 6 mesi dall’entrata in vigore del decreto Sicurezza e rivendicando “misure di sostegno per questi lavoratori e la ridefinizione dell’intero sistema immigrazione”. Il cosiddetto decreto Salvini, tra le altre cose, sottolinea il sindacato, ha ridotto “drasticamente” il numero di ore di lavoro destinate ai servizi per l’immigrazione e il taglio delle risorse previste. Così, rimarca la Fp-Cgil, oltre il 40% dei circa 40 mila addetti, impegnati tra Cara, Cas e Sprar, rischia il posto di lavoro.
‘Allarme’? Solo all’idea ci scappa un orgasmo. Nessuna pietà per chi ha lucrato per anni sull’invasione, anche da dipendente, servendo chi non doveva nemmeno sbarcare.
E poi, sono quasi tutti immigrati. Tra ‘mediatori culturali’ senegalesi e facchini nigeriani.
Ma la soluzione secondo la Cgil quale sarebbe, continuare con gli sbarchi?