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In Libia si combatte e gli scontri a sud di Tripoli e a Jufra, tra le forze dell’Esercito nazionale libico e le forze anti-Haftar, sono in aumento. Lo dicono all’AdnKronos fonti informate a Tripoli, che parlano di “un’escalation in queste ore delle operazioni militari: a dispetto degli appelli e delle pressioni della comunità internazionale, Haftar va avanti”. Le stesse fonti smentiscono poi le notizie secondo cui gli uomini fedeli al generale della Cirenaica sarebbero rientrati nell’aeroporto internazionale di Tripoli, che “da 20 ore è tornato sotto il controllo delle forze del governo di accordo nazionale”, e prevedono che le prossime ore saranno decisive.

Sono finora 14 i soldati dell’autoproclamato Esercito nazionale libico, morti nell’operazione per “liberare Tripoli dai terroristi”. Lo ha dichiarato il portavoce delle forze del generale Haftar, Ahmed al-Mismari, confermando che l’aeroporto internazionale di Tripoli è sotto il “totale controllo” dell’Lna e aggiungendo che si è deciso di non usare l’aviazione per “proteggere” i civili.

I convogli militari partiti da Misurata sono arrivati a Tripoli: lo sostiene il portale d’informazione ‘Libyan Observer’, senza aggiungere dettagli. In precedenza fonti libiche avevano assicurato all’AdnKronos che il fronte di Misurata risultava compatto nel sostenere il governo di concordia nazionale.

Intanto l’Eni ha deciso di evacuare il personale italiano dal Paese dopo che, da due giorni, si registrano scontri seguiti all’annuncio del generale Haftar di voler marciare su Tripoli: si tratta di “una decisione precauzionale“, come già avvenuto in altre occasioni, fanno sapere fonti informate. Il personale italiano dell’Eni è presente nel giacimento di Wafa, in Tripolitania, e in quello di El Feel a sud. L’evacuazione della compagnia petrolifera è avvenuta in raccordo con la Farnesina. “Stiamo monitorando l’evolversi della situazione con molta attenzione” ha detto all’AdnKronos un portavoce del gruppo petrolifero italiano che “non ha personale attualmente presente a Tripoli”.

I Paesi del G7 “esprimono la più forte preoccupazione per le operazioni militari” e “ribadiamo che non c’è soluzione militare al conflitto” si legge nel comunicato finale della riunione dei ministri degli Esteri dei sette Paesi più industrializzati del mondo (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Italia, Canada, Giappone e Germania) che si è tenuta a Dinard, sotto presidenza francese. I capi delle diplomazie del G7 riaffermano “il loro fermo sostegno al piano dell’Onu presentato nel settembre del 2017 e rivisto nel novembre del 2018, che prevede una Conferenza nazionale per preparare il terreno in vista di elezioni nazionali come convenuto alle riunioni di Parigi e di Palermo”.

ONU – Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto alle forze dell’Esercito nazionale libico di “fermare tutti i movimenti militari“, ha detto l’ambasciatore tedesco all’Onu, Christoph Heusgen, presidente di turno per il mese di aprile del Consiglio; che chiede “a tutte le forze di bloccare l’escalation e di fermare le attività militari”. Perché, ha concluso Heusgen, “non ci può essere una soluzione militare al conflitto”.

Nel frattempo il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres avrebbe proposto a Serraj e Haftar un incontro a Ginevra per fermare l’escalation militare; incontro al quale, riferiscono fonti informate all’AdnKronos, il generale avrebbe acconsentito, rifiutando però la richiesta di fermare l’operazione per la ‘liberazione’ di Tripoli.

La conferenza nazionale prevista per metà aprile in Libia, informa l’inviato Onu Salamé, resta ancora in programma nonostante l’assalto lanciato dal generale Haftar: “Siamo determinati ad organizzare” questa conferenza interlibica “nella data prevista”, ovvero dal 14 al 16 aprile, “a meno che circostanze rilevanti non ci impediscano di farlo”.

CONTE – Sulla crisi libica, Conte ha avuto una conversazione telefonica con Guterres. Il presidente del Consiglio, riferisce una nota di palazzo Chigi, ha espresso la sua preoccupazione per gli ultimi sviluppi in Libia e ha ribadito il forte sostegno italiano al processo di transizione politica guidato dalle Nazioni Unite, considerato il percorso più efficace e sostenibile per giungere alla definitiva pacificazione e stabilizzazione del Paese a beneficio dell’intero popolo libico.

SALVINI – “La situazione in Libia sicuramente preoccupa” ha detto anche il vicepremier e ministro dell’Interno Salvini. “La stiamo seguendo ora per ora perché l’ultima cosa di cui c’è bisogno è una soluzione armata. E un conflitto che va risolto con il dialogo”

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