Spero di non essermi arrugginito, come politologo. Da troppo non ne scrivo, ma leggo e rifletto. Proviamo a mettere qualche punto fermo sulla situazione politica nazionale ed ad azzardare qualche previsione sul prossimo futuro. Le tensioni tra i due partners al governo sono più che naturali, dal momento che siamo alla vigilia dell’elezioni europee ed in importanti città, come Bari, anche delle amministrative, che riguarderanno ben 3.829 comuni, di cui 30 capoluoghi di provincia.
E’ stato sempre così: quando si avvicina la competizione elettorale è il nostro vicino, il nostro alleato, spesso finanche il compagno di partito quello che, improvvisamente, diventa l’avversario da battere. Si perché è difficile spostare voti da uno schieramento all’altro. L’uomo di sinistra, ammesso che ancora esista, non voterà mai Berlusconi, Meloni o Salvini. Inutilmente dispendioso inseguirlo. Meglio mungere la vacca del vicino o, se preferite, cogliere le verdure dal suo orticello. In realtà si tende a sottrarre al soggetto politico con cui abbiamo qualche affinità ideologica consensi che si trasformano in voti nell’urna. “Meglio a me che a te” è la parola d’ordine tra alleati-avversari-nemici.
Così è e le scaramucce tra Salvini e Di Maio non sono significative più di tanto. Contano, invece, i fatti più che le parole dette o twittate. Lasciamo perdere i sondaggi. A seconda di chi li commissione e paga, i risultati mutano sostanzialmente. Invidio i francesi. Alle scorse elezioni transalpine gli exit poll hanno ottenuto un’approssimazione millesimale. Noi ce la sogniamo. Ricordo ancora Emilio Fede con le bandierine azzurre che cadevano l’una dopo l’altra e qualche scricchiolio di denti dell’allora direttore di Rete quattro.
E’ un dato, confermato dalle ultime competizioni elettorali, che la Lega sta erodendo voti all’alleato di governo. Occorre essere più precisi nell’analisi. La Lega nel disegno salviniano di diffondersi sull’intero territorio nazionale, da un lato ha acquisito nuovi adepti, in cerca di un carro su cui saltare per candidarsi ed essere eletti. Se poi è o non è quello del vincitore è tutto da dimostrare. Così qualcuno lo percepisce e, dunque, i candidati al sud non mancano. Certo o sono degli smemorati o senza dignità: tertium non datur. Non è passato tanto tempo da quando Salvini apostrofava noi meridionali con i peggiori insulti che un bullo può concepire. Non è che abbia cambiato idea, e che ora non gli conviene più esternare cosa pensa di noi. Questa scelta politica gli è però costata la perdita significativa di fette consistenti di elettorato tradizionale. I padroncini del nord est, zoccolo duro della Lega nord, insoddisfatti per la mancata approvazione della flat tax, e non essendo più gli unici rappresentati da Salvini, non lo considerano più punto di riferimento politico e si guardano attentamente attorno. Salvini, dunque, che è uno che ha fatto sempre e solo il politico di professione, sa bene che deve compensare quelle defaillances, pena la perdita della leadership nella destra, faticosamente appena conquistata. Ovviamente, si rivolge all’elettorato dei 5 Stelle, per sua natura stessa, mutevole e populista, magari agitando gli spettri della paura, del razzismo, e chi più ne ha più ne metta.
Di Maio si sta rendendo sempre più conto che l’abbraccio con Salvini rischia di essere molto simile a quello con un pitone che ti stritola. E se Di Maio non se ne fosse reso conto, c’è alle sue spalle Casaleggio junior, pronto a ricordarglielo. Fino alle europee non succederà nulla di trascendentale, ma mi sembra ci siano tutte le premesse per qualche rimescolamento dell’area governativo il giorno dopo, quando alla luce dei risultati reali, che statene certi coi sondaggi non avranno nulla a che fare, i pentastellati dovranno decidere di quale futuro vogliono vivere o morire.
Il sedotto ed abbandonato dei due partner attualmente al governo ovviamente urlerà al tradimento e chiederà elezioni anticipate. Mattarella farà il suo dovere, come ha sempre fatto, e cercherà di salvare la legislatura, come la Costituzione detta.
Per Di Maio non c’è alternativa che strizzare l’occhio a Zingaretti, che a sua volta farà bene ad avviare un dialogo costruttivo con la sinistra di Grasso. Sulla carta è l’unica maggioranza alternativa possibile.
A Salvini non rimarrebbe soluzione diversa che optare, anche a livello nazionale, per le stesse alleanze che ha a livello locale e cioè con Forza Italia e Fratelli d’Italia. Non è che siano omogenei: sull’Europa hanno idee diametralmente opposte, ma occorrerà fare di necessità virtù e Salvini molto probabilmente, scaricato dall’ex alleato di governo, non avrà alternative diverse. Rimanere isolato porterebbe la Lega in breve all’agonia.
Quali che siano i risultati delle europee e delle amministrative, occorre tener conto che i numeri parlamentari necessari per governare sono e restano quelli attuali. Certo, qualche cambio di casacca potrà avvenire ma non è ragionevole prevedere mutazioni epocali della composizione dei gruppi parlamentari e, conseguentemente, delle maggioranze possibili.
Non credo di dover aggiungere altro e, dunque, cari lettori, che già da tempo per i candidati siete “elettori”, godetevi, si fa per dire, questa campagna elettorale e le liti da cortile di quelli che poi in consiglio dei ministri e non solo la torta continuano a spartirla amabilmente.
Gianvito Pugliese