Cosa fare se il datore di lavoro non versa i contributi. Tra gli obblighi del datore di lavoro non c’è solo il dover pagare regolarmente gli stipendi, ma anche il versamento dei contributi previdenziali utili ai fini pensionistici. Eppure sempre più datori di lavoro non rispettano quest’obbligo, come confermano i dati recenti secondo cui negli ultimi otto anni il debito complessivo accumulato dalle imprese in merito ai contributi non versati è aumentato del 21,4%. Per questo motivo ogni lavoratore dipendente dovrebbe fare costantemente un estratto conto contributivo così da verificare che il datore di lavoro gli versi regolarmente i contributi. D’altronde, se ci si accorge in tempo dei contributi non versati è più facile far valere il proprio diritto, mentre lo è meno qualora nel frattempo siano scaduti i termini della prescrizione.I contributi non versati negli ultimi cinque anni, infatti, si possono recuperare facilmente – e con zero costi per il dipendente – facendo una segnalazione all’Inps e all’Agenzia per le Entrate. In questo caso, infatti, spetta a questi due enti emettere una notifica di accertamento di reato per mancato versamento contributivo dando al datore di lavoro tre mesi di tempo per regolarizzare la posizione del proprio lavoratore. Più complicato recuperare i contributi per periodi lavorativi antecedenti agli ultimi cinque anni, poiché questi nel frattempo sono caduti in prescrizione. L’Inps quindi non può agire nei confronti del datore di lavoro per chiedere il versamento dei contributi, né tantomeno può farlo l’Agenzia delle Entrate.
L’unico che può rivalersi sul datore di lavoro è il dipendente stesso, il quale può citarlo in giudizio, supportato da un avvocato, per chiedere il risarcimento del danno subito. Parallelamente il dipendente può rivolgersi all’Inps per la costituzione di una rendita vitalizia, con la quale si percepisce una rendita di importo pari alla pensione, o alla quota di pensione, che gli sarebbe spettata qualora il datore di lavoro non avesse omesso il versamento dei contributi. Per riscattare i contributi non versati, però, il dipendente deve pagare di tasca propria, con la possibilità comunque di rivalersi – in sede di giudizio – sul datore di lavoro chiedendo un risarcimento pari all’onere sostenuto per la costituzione della rendita vitalizia.