Il governatore della Liguria Giovanni Toti e la vicepresidente della Camera Mara Carfagna saranno i nuovi coordinatori dell’organizzazione di Forza Italia, così annuncia Silvio Berlusconi durante un incontro con i gruppi parlamentari. I due dovranno coordinare inoltre il gruppo che avrà il compito di redigere il nuovo statuto da presentare al Congresso Nazionale spostato al 13 luglio. Quest’ultimo sarà elaborato dai personaggi più in vista del partito come Antonio Tajani, vicepesidente di Fi e le capogruppo parlamentari Mariastella Gelmini e Anna Maria Bernini.
La svolta democratica di Berlusconi era necessaria dopo i recenti risultati elettorali. In molti, infatti, chiedevano da tempo un congresso allo scopo di discutere sul futuro di Forza Italia, se sia dunque in grado, così come attualmente formulato, di stare al passo con i tempi e con i cambiamenti politici in atto. Lo stesso Toti strizzava da tempo l’occhio a Matteo Salvini rischiando dunque la scissione, scenario che il Cavaliere ha voluto così scongiurare. Da qui nasce l’idea di delegare una parte delle responsabilità ad alcuni membri chiave del partito, o perlomeno quelli che potrebbero essere la nuova generazione dirigenziale quando il capo politico di Forza Italia deciderà di fare un passo indietro. L’ipotesi delle primarie aperte non sembra essere così lontana.
La democratizzazione del partito risponde ad esigenze nuove e contingenti. Se fino al 2013, il partito rappresentava l’unica forza di centrodestra capace di aggregare intorno a sé un gruppo di partiti che vi orbitavano intorno ma senza avere una reale chance di governo, oggi la situazione si è rovesciata. Forza Italia è divenuto parte di quel sistema di satelliti che ruota attorno ad un nuovo protagonista del polo di centrodestra: la Lega di Matteo Salvini.
L’idea del partito personale non è tramontata ma si è semplicemente spostata verso un nuovo leader in grado, oggi, di attrarre un maggior numero di consensi. La retorica berlusconiana non è dunque morta, così come non lo è la fedeltà nei suoi confronti, ampiamente dimostrata dalle oltre 560mila preferenze raccolte alle ultime elezioni europee. Ciò su cui bisogna riflettere è la strutturazione del partito: i partiti personali difficilmente sopravvivono al crollo del leader se non sono stati in grado di creare un’alternativa dirigenziale in grado di suscitare fiducia negli elettori. La ridondanza mediatica di alcuni nomi, come Carfagna, Toti, Gelmini o Bernini, perdono dunque di significato se non supportati dall’attribuzione di poteri reali o di deleghe.
di Sara Carullo