Ricompare la scritta “Dux” sulla Maiella, scoppia il caso e l’indiganzione
Nella cittadina di Villa Santa Maria, nella provincia di Chieti, è (ri)comparsa una scritta sulla parete della montagna: “Dux”. Nessuno sembrava essersi accorto prima d’ora della sua presenza a causa dell’usura e della vegetazione che l’avevano coperta (e a molti andava bene) così fino a quando, il sindaco di Villa Santa Maria, Pino Finamore, non ha deciso rispristinare la scritta in concomitanza con i lavori di manutenzione della roccia affidati dalla società Moving Welness (il tutto investendo circa 12.500 di soldi pubblici). Nessun cittadino era stato avvisato, tantomeno la Soprintendenza.
A sua difesa, il primo cittadino sostiene che: “La scritta Dux è scolpita sulla parete rocciosa dagli anni Quaranta, c’è sempre stata. Se serve da attrattiva per far venire gente nel mio paese va benissimo”. Si, ma di quali turisti? Infatti, il timore degli abitanti della “città dei cuochi” è proprio quello di attrarre un turismo nostalgico dell’estrema destra. Ironia della sorte: a circa 30 chilometri di distanza, si trova il sacrario della Brigata Maiella, un luogo di commemorazione in cui sono stati scolpiti i nomi dei partigiani impegnati nella lotta per la liberazione.
Il caso ha subito suscitato polemiche tanto da uscire dai confini abruzzesi fino ad arrivare a Roma quando il deputato Camillo D’Alessandro (PD) ha presentato un’interrogazione che condanna l’amministrazione comunale per aver restaurato la scritta. Il deputato si rivolge infatti al Ministro dell’Interno Matteo Salvini chiedendo di intervenire allo scopo di rimuovere: “Uno dei simboli fascisti inneggianti a Benito Mussolini, quale scelta consapevole di un paese democratico che non ammette il riemergere di simboli appartenenti ad un passato che non hanno nulla di storico, né meritano di essere rievocati, da giustificare la scelta dell’amministrazione comunale di Villa Santa Maria”, vista anche la sollevazione degli abitanti che hanno già lanciato una raccolta firme per la rimozione. La soluzione avanzata da D’Alessandro sarebbe quella di trasformare la scritta in “Pax” inaugurando le scalate della pace visto che, il fianco della roccia Penna, viene utilizzata per le arrampicate.
Il caso fa discutere non solo per la restaurazione di una scritta che poteva rimanere nascosta per altri decenni e di cui non se ne sentiva il bisogno, ma anche perché è frutto di una decisione unilaterale da parte di un primo cittadino che si definisce “moderato di centro”. L’aver dimenticato di essere un rappresentante di una comunità è un fatto grave per un sindaco nel momento in cui amministra un paese di 1.300 abitanti. Nelle piccole realtà infatti dovrebbe esserci una compartecipazione nelle decisioni collettive così come è d’abitudine, soprattutto quelle montane in cui i rapporti personali e familiari la fanno da padrone.
Di Sara Carullo