OTRANTO – Anche quest’anno si rinnova il triste appuntamento con gli incendi estivi che devastano vaste aree boschive e naturalistiche del Salento.
In queste settimane l’intera provincia leccese è stata percorsa da incendi con una frequenza impressionante. Ultimo in ordine di tempo, l’incendio appiccato da ignoti che, tra il 13 e il 14 agosto, ha gravemente danneggiato la baia delle “Orte”, in uno dei posti più belli ed incontaminati di Otranto.
Le fiamme hanno bruciato completamente la pineta a sud della baia, la macchia mediterranea della falesia, la gariga della baia ed è giunta alle pinete che su trovano su canale scuro, nella Marina dei Monaci, arrivando a sfiorare resort ed agriturismi della zona. Un centinaio di ettari del Parco Otranto-Leuca, una delle sue are protette più pregiate, è andato in fumo.
Dietro questi incendi c’è quasi sempre la mano dell’uomo. E spesso si tratta di operazioni dolose ben pianificate.
«Il Salento sta diventando una Terra di Fuochi». Non usa giri di parole Maurizio Manna di Legambiente Puglia in una intervista-denuncia rilasciata giorni fa al Quotidiano di Puglia.
Secondo Manna, «sembra esserci una mira precisa nel colpire con regolarità e tenacia i parchi naturali regionali. Sono aree collocate lungo le coste, del resto i parchi regionali sono nati proprio per tutelare dall’abusivismo e dal degrado i litorali che sono beni ambientalmente e paesaggisticamente preziosi e irriproducibili. Ora a distanza di quasi 15 anni dall’istituzione, se da un lato riscontriamo una effettiva capacità di frenare la fame edificatoria che tanti danni ha creato negli ultimi decenni, dall’altra pare non esserci rimedio alla furia del fuoco, ultimo strumento in mano all’uomo per attentare alla bellezza di questa terra».
Il timore che è possa esserci un preciso disegno criminoso dietro questi incendi tutti dolosi.
«A pochi giorni dall’incendio che ha ferito il parco regionale di Punta Pizzo a Gallipoli, quasi come da copione, ora è toccato alla baia dell’Orte e a Capo d’Otranto. E fa rabbia l’impunità di cui sembrano godere i responsabili, mentre appare del tutto evidente l’insufficienza di una strategia di contrasto basata sul contenimento del danno a valle del fenomeno, quando in realtà occorrerebbe comprenderne le reali dinamiche ed interessi che ad essi sottendono, unico vero mezzo di contrasto a questa piaga».
«Il tradizionale e millenario incendio dei pastori per far ricrescere il pascolo rimane – prosegue Manna – come fattore storico, ancora in auge nel Salento come in gran parte del Mediterraneo, ma anche la mafia dei parcheggi ha le sue responsabilità lungo i tratti di costa più affollati e noti, soprattutto sullo Ionio».
La tutela allora non può che passare attraverso alcuni canali. «Più controlli e più tecnologia, certo, ma anche azioni di indagine per individuare i soggetti beneficiari del danno – dice l’ambientalista -, e soprattutto una pianificazione più efficiente e condivisa, perché sia la pubblica amministrazione a decidere come e dove ubicare i servizi, togliendo vantaggi all’abuso ed alla criminalità. Intanto occorre davvero aggiornare i registri delle aree boscate sulle quali per cinque anni non si possono ubicare attività a contenuto commerciale ed economico. In questo modo nessuno potrà pensare, ad esempio, di ricavarne un parcheggio. Poi, a questo punto, si potrebbe pensare di vietare anche il pascolo per 5 anni alle aree incendiate. Per disinnescare il tutto».
Insomma bisogna evitare che qualcuno tragga beneficio dagli incendi. «È l’unica strada percorribile, conclude Manna, Il bene più prezioso del Salento è il suo territorio, fra xylella ed incendi si fa presto a distruggerlo per sempre».
Giuseppe Nuzzo