Principale Arte, Cultura & Società Vergognamoci di essere italiani

Vergognamoci di essere italiani

Pierfranco Bruni

Quando il grande russo Palmiro Togliatti  reinventó la fine del pifferaio magico sanzionó che la cosiddetta cultura senza i soviet non può esistere. Fece suonare il piffero ad un mediocre scrittore di nome Elio Vittorini, sul quale ho scritto due libri, che cercò di conversare con la nostalgia della Sicilia.

Togliatti comunista duro, anzi soviet vero e proprio venne in Italia ormai a Fascismo caduto per fare l’eroe e dettó legge in marxismo galoppante uccidendo la cultura libera. Fece chiudere una rivista di nome “Il Politecnico” diretta da Elio perché capì che quella rivista aveva assorbito tutta la “covata Bottai”, ovvero quelli di successiva tessera comunista che avevano aderito al fascismo di Bottai con gioia prebente e camicia nera: da Carlo Giulio Argan, consigliere personale di Bottai, a Cesare Pavese che scrisse di non essere stato mai fascista (anche su questo ho scritto tanto con documenti alla mano), da Guttuso, che fece molte delle copertine della rivista “Primato” al filosofo delle storie filosofiche scolastiche poi comunista di cui non vi dico il nome.  Insomma il soviet Togliatti capì che Vittorini aveva fatto una “stronzata” prendendosi tutti coloro che un’ora prima cantavano “Siam Fascisti” e una ora dopo: “Bella ciaooo”. Compagni documenti alla mano. Non scappò dal suo fascismo neppure Norberto Bobbio, il filosofo Democrat Liberal di “Giustizia e Libertà”. Togliatti capì che la cultura era un rischio e la abolì. Al suo posto impose la fedeltà al comunismo. Insomma avvaloró gli “intellettuali tra due bandiere” di Nino Tripodi.

Fece altro il buon soviet Togliatti. Fece il primo vero colpo di spugna da ministro di Grazia e Ingiustizia. Fece una amnistia per i repubblichini buoni. Salvò Dario Fo e Giorgio Bocca che subito rinnegarono il loro Salò e i balilla che andavano a guerreggiar per giovinezze giovinezze poi passati dal nero al rosso come un certo Natta, lo ricordate ancora? La cultura venne dunque trasformata in ideologia,  ovvero in comunismo poi diventato felice macchina da guerra di occhettiana memoria e prima compromesso storico e poi poi fino alla sfacciataggine del mercato delle misere controversie di oggi tra un cortigiano e un grillo nella casa del popolo. Guareschi si diverrebbe con i mercatini dell’usato delle poltrone che scorrono lungo le acque ancora chete del Tevere del Po e dell’Adice e del Crati ed Esaro. Ma signori, siamo ridicoli tutti.

Togliatti aveva capito è si fece fuori la cultura perché capì che era fascista, quella vera,  ma rimasero i personaggi, ovvero gli intellettuali che cambiarono casacca al suono del Gran Consiglio. Ci meravigliamo? Siamo stati grandi Fascisti poi grandi Badogliani monarchici e imbroglioni di Referendum repubblicani e alla fine i soviet hanno firmato tutti, tranne quelli che capirono e vennero massacrati, per la pazzia di Aldo Moro che ha riconosciuto il vero imbroglio di Stato tra Vatican e Soviet. Poi caddero i muri.

Ma i comunisti cambiarono nome sino a creare un Conte che insegna ad essere cortigiano tra un verde e un giallo e un giallo e rosso. Signori avete cercato di mettere insieme il rosso il giallo e il verde con un po’ di bianco? Provateci. Farete un’opera indegna per il popolo italiano che tale non è più. Ormai non esiste né popolo né italiano. Soltanto cortigiani senza cultura uccisa da Togliatti.

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