Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo in esclusiva la notizia che non lascia ‘dormire’, nel vero senso del termine, decine di famiglie residenti in Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari, che dopo ben 44 anni (quarantaquattro), si vedono ora minacciati dalla richiesta di pagamento di una cifra di poco inferiore a 9 milioni di euro.
Espropri, Annullamenti, Transazioni – dopo 44 anni non c’è la parola “fine”- Anzi la questione si complica
Sta superando la vicenda dei palazzi di Lama Balice, che ha costretto decine di famiglie ad aspettare anni per vedere realizzata la propria casa, ma fa pensare anche alla famosa storia del cosiddetto eco-mostro di Punta Perotti/Sud Fondi, abbattuto perché abusivo, anche se nel caso di Acquaviva delle Fonti (Ba) non si parla di abbattimenti di case, ma risulta abbattuto lo stato d’animo di chi abita quelle case costruite da oltre 50 famiglie, costituitesi in tre Cooperative edilizie, nell’ambito del Piano di Zona P.E.E.P. ex 167, che fu individuato nel lontanissimo 1975, adottato nel 1977 e approvato dalla Regione nel 1979, mentre i decreti comunali d’esproprio giunsero nel 1983, ma il Piano venne annullato dal T.A.R./Bari nel 1984 e anche dal Consiglio di Stato nel 1994.
I protagonisti di questa storia sono il Comune di Acquaviva, i proprietari dei suoli espropriati e i soci delle cooperative assegnatarie di quei suoli su cui costruirono le loro case.
Il P.E.E.P. venne annullato dal T.A.R. perché era stata espropriata a 38 proprietari, con decreti del Sindaco di Acquaviva nn. 2-3-4 del 1983, un’area complessiva di oltre 15 ettari, sproporzionata rispetto ai bisogni, in maniera palesemente illegittima.
Il prezzo di esproprio venne fissato in una quota variabile compresa da un minimo di 500 ad un massimo di 1.000 lire al metro quadro, somma da porre a carico delle Cooperative oltre le spese per urbanizzazioni nel perfetto pareggio di bilancio del P.E.E.P., come per legge.
Nonostante la sentenza di annullamento del P.E.E.P. del 1984, mai sospesa o revocata, il Comune, fidando di ribaltare l’esito del giudizio davanti il Consiglio di Stato, concesse alle tre cooperative (Domus – Fonti – Iris) vari suoli in “diritto di superficie per 99 anni” con le relative autorizzazioni edilizie (lo stesso fece nei confronti dell’I.A.C.P.).
Vanno segnalati però due aspetti essenziali: il primo che alcuni presidenti delle citate Cooperative edilizie rivestivano anche il ruolo di amministratori comunali e il secondo che i singoli soci delle cooperative vennero tenuti all’oscuro sia delle pronunce di annullamento del T.A.R. (1984) sia delle iniziative giudiziarie dei proprietari espropriati in merito alla stima dei beni e alla legittimità della procedura espropriativa.
Medio tempore le tre Cooperative realizzarono 4 palazzine per circa 40 famiglie, altrettanti alloggi realizzava l’I.A.C.P., oltre una scuola materna, strade, parcheggi ed infrastrutture (luce, acqua, telefono, gas, ecc.).
Le Cooperative versarono all’Ente un acconto alla stregua di quanto stabilito negli atti di Convenzione stipulati con il Comune negli anni 83/84, pari a circa 800 lire/mq a fronte dell’importo totale fissato in 3.400 lire/mq.
All’esito della sentenza del C. di Stato nel 1994, che confermò l’annullamento del P.E.E.P., il Comune autorizzò la Coop. Iris alla costruzione di un’altra palazzina in Via Colaninno e altre 2 palazzine all’I.A.C.P., continuando a tenere i soci delle Coop. all’oscuro delle vicende giudiziarie.
Dopo di che la P.A. restò inerte sino all’anno 2000, quando dopo l’ennesima caduta prematura dell’Amministrazione giunse su Palazzo De’Mari un Commissario Prefettizio il quale, accortosi del credito insoluto, citò in giudizio le tre Cooperative, per il recupero delle somme dovute, ma nel giro di pochi mesi le parti decisero di comporre la controversia con Transazioni, i cui verbali vennero sottoscritti davanti al Magistrato in data 31.7.2001, dal neo Sindaco, dai Presidenti delle Coop. e dai legali costituiti, fissando l’importo dei suoli in 55.540 lire al metro quadrato (= 28,68 €/mq), a mente della delibera di Giunta Comunale n. 506/1996, e la contestuale trasformazione del “diritto di superficie” in “diritto di proprietà” dei suoli medesimi.
Inoltre il Comune, con plurime delibere consigliari (n.37 del 28/5/2002; n. 57 del 31/7/2002 e n. 89 del 26/11/2002) adottò dei provvedimenti, anche in favore degli espropriati, per disporre il pagamento delle indennità dei suoli irreversibilmente trasformati o (a semplice richiesta) la restituzione dei suoli “non trasformati” con la contestuale approvazione di un “Piano di Lottizzazione d’ufficio” sulle aree in questione, sul quale peraltro il Comune inserì la realizzazione del programma ministeriale “Contratti di Quartiere II” che prevedeva un finanziamento pubblico di 5 milioni di euro più un finanziamento privato di pari importo.
La vicenda perciò sembrava avviata ad un lieto fine, sia sotto il profilo amministrativo che urbanistico, sia sul fronte dei soci delle cooperative che su quello delle ditte espropriate.
Ma così non era.
Alle Transazioni del 2001 non venne mai data esecuzione, né ai relativi atti notarili che dovevano essere stipulati entro 60 giorni dalla firma dei verbali di conciliazione. Ne conseguì che il prezzo fissato con gli atti transattivi in 55.540 £it/mq (= 28,68 €/mq) venne, per così dire, “stracciato” dal nuovo prezzo sancito dai giudizi attivati dai proprietari espropriati, che all’attualità ammonta a circa 200,00-250,00 €/mq.
Senza contare i danni erariali subiti dall’Ente per oltre 10 milioni di euro, in merito al “Contratto di Quartiere II”, che rimase lettera morta, al quale va aggiunto anche quello dovuto alla recente sentenza della S.C. di Cassazione n.27078/2019 con la quale l’Ente è stato condannato in via definitiva a restituire l’area a suo tempo espropriata, rimasta inutilizzata, ad uno dei legittimi proprietari.
Per i soci delle Cooperative, inconsapevoli di tutto, al danno si è aggiunta anche la beffa quando poche settimane or sono, a ciel sereno, ciascuno di essi si é visto notificare, dall’Ufficio Tecnico Comunale, una richiesta, a seconda dei casi, fra i 20-30-40 mila euro, per un totale di circa 1milione e mezzo di euro per le tre cooperative. Ma quel che è peggio è che, non solo tali somme non hanno nessun collegamento con le condizioni previste nei più volte citati Verbali di conciliazione del 31.7.2001, che prevedevano la trasformazione del “diritto di superficie” in “diritto di proprietà”, ma addirittura, stando alle premesse della nota dell’ing. E. D’Aries, costituiscono la fase prodromica di un maggior recupero da parte comunale di una cifra di poco inferiore a 9 milioni di euro.
Ora in disparte il fatto che anche l’I.A.C.P., assegnatario di suoli nella stessa zona P.E.E.P., ha realizzato appartamenti per altrettante famiglie, ma non é stato investito dagli stessi avvisi di pagamento del Dirigente U.T.C. come quelli rivolti ai soci delle coop., è emerso: 1) che le Transazioni del 31.7.2001 poggiavano la loro ragion d’essere su atti illegittimi quali le delibere del C.S. nn. 147-148-149 / 2001 e C.C. nn. 24-25-26/ 2001, giusta denuncia dal Dirigente Settore Finanziario Comunale con propria nota prot. 21481del 5.11.2012 con evidente invalidità delle stesse transazioni; 2) che l’Amministrazione all’inizio del 2013, sempre per la vicenda delle Cooperative, chiese un parere alla Sezione Regionale di Controllo della Corte dei Conti di Bari, che però fu ritenuto “inammissibile”, e per tutta risposta l’Ente è rimasto inerte da allora fino ad ora; 3) che l’Amministrazione, solo nel 2016 decise di chiedere (con delibera di Giunta n.34 del 2016) all’ Agenzia delle Entrate/Agenzia del Territorio una perizia di stima del valore venale o di mercato delle aree P.E.E.P., composta di circa 70 pagine, che pervenne al Comune con protocollo n.15850 del 27.9.2016, ma, stranamente, il Dirigente U.T.C. dell’epoca non la rese pubblica né ai soci delle cooperative né all’assemblea consiliare, che avrebbe tempestivamente potuto e dovuto affrontare la problematica, stante il ragguardevole valore dei suoli in questione, tipizzati CU1-CU2-B2, che viene stimato in media 226,00 €/mq (pag.54 della Relazione) e questo preoccupa non poco i soci delle cooperative; 4) che, dulcis in fundo (si fa per dire) il prezzo dei suoli fissato con le Transazioni del 2001 (55.540 lire al mq) altro non è che il prezzo stabilito con delibera di Giunta Comunale n. 506/1996 e che il consiglio comunale medesimo dichiarò illecito ed illegittimo, con proprio atto n. 4 del 1998, approvato all’unanimità, il quale impegnava il sindaco e la giunta a revocare in esercizio del potere di autotutela la citata delibera di G.C. n. 506/1996, per ineludibili violazioni di legge dovute a conflitti di interessi di qualche componente il collegio giuntale, con quel che ne consegue; 5) che le originarie Convenzioni del 1983/84 fra Comune e Cooperative (a cui i soci assegnatari non hanno mai rinunciato) prevedevano il costo di acquisizione dei lotti pari a 3.400 £ire/mq (= 1,76 €/mq), che ove attinto da eventuali modifiche in aumento in via amministrativa o giudiziaria, sarebbe stato pagato con rateizzazioni fissate con apposito atto deliberativo del Consiglio Comunale (art. 4 Convenzioni). La quota invece relativa alle urbanizzazioni, primarie e secondarie, veniva fissata mediamente in 8 milioni di lire per ogni cooperativa, pari al totale di £ire 24.000.000 (= € 12.394,97), senza che questa somma potesse subire variazioni a carico dei soci delle Cooperative (art.5 Convenzioni).
Quanto sopra esposto è stato rigorosamente tenuto nascosto ai soci delle Cooperative, che sono i veri danneggiati di tutta questa vicenda, in quanto non hanno mai accettato l’(inesistente) offerta comunale di trasformare il “diritto di superficie” in “diritto di proprietà” sui quali oggi la P.A. cerca maldestramente di scaricare responsabilità enormi per fatti gravissimi che appartengono solo alla mala gestio delle Amministrazioni che si sono succedute su palazzo De’ Mari da circa 44 anni a questa parte e non basta a rimuoverle nemmeno la recente dichiarazione del Sindaco fatta lo scorso 5 agosto ad un orgao di stampa nazionale quando afferma che : «Abbiamo l’obbligo di recuperare le somme di quei suoli».
Non basta,
Dopo quasi 7 anni di governo della città, oltre che il “quanto”, bisogna spiegare, puntualmente, anche: “il come”, “il quando” e, soprattutto, “il perché”; non tanto e non solo ai soci assegnatari delle Cooperative, ma alla città intera.
Lenoci Giuseppe ex socio della Coop. IRIS (2° lotto)
Acquaviva delle Fonti (Ba)
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