C’è un futuro per gli organismi rappresentativi degli italiani all’estero?
Comites e CGIE.
Il nostro intervento dello scorso novembre e le nostre critiche ai Comites non sono piaciuti ad alcuni lettori, che hanno tenuto a manifestare il loro dissenso. Desideriamo precisare che il dissenso è sempre benvenuto, aggiungiamo però che le critiche, in qualche caso, ci sono sembrate gratuite.
Per citare un esempio, il signor Vincenzo Cirillo, presidente del Comites di Parigi, ha affermato che le opinioni dello scrivente sulla inutilità dei Comites costituivano ” una vergogna”. Perché, di grazia, un rimprovero tanto grave?
Noi continuiamo a pensare che i Comites risveglino scarso interesse nei cittadini e svolgano di fatto una funzione poco utile. Un indicatore in tal senso viene, ad esempio, dalla bassissima partecipazione alle elezioni per il rinnovo dei Comitati. Basti ricordare che all’ultimo rinnovo dei Comites, nell’anno 2015, ha votato soltanto il 3.75 per cento degli elettori. Questo dato offre, da solo, il senso di un fallimento.
Un altro segno negativo è la rinuncia da parte degli stessi Comites ai compiti di critica e di stimolo, che aiutino a migliorare la qualità dei servizi consolari. Assistiamo con una punta di sconforto alle relazioni, secondo noi troppo strette, che intercorrono tra i presidenti dei Comites con i consoli e con gli ambasciatori. Lo diciamo francamente: Non ci piace l’eccessiva intimità di rapporti, il darsi del tu, le comuni visite in pizzeria, l’andare a braccetto così come si fa tra vecchi amici.
Noi pensiamo che spetta ai Comites di chiedere conto ai Consoli del mediocre stato dei servizi consolari A questo proposito, giova forse riportare qualche esempio concreto. Ci domandiamo infatti quale contributo offrano i Comites di Parigi e di Londra per migliorare il funzionamento dei rispettivi consolati di riferimento, che infatti si distinguono, soprattutto il secondo, per la pessima qualità del servizio.
A questo riguardo, è illuminante la lettera della dr.ssa Tiziana Della Puppa, di Milano, pubblicata di recente sul ” Corriere della Sera”, e di cui riportiamo il seguente scampolo:
” Vorrei rendere noto un problema grave relativo ai giovani italiani residenti all’estero e in particolare coloro che risiedono a Londra. Mia figlia, che lavora e vive a Londra da 15 anni ha deciso di far nascere la propria figlia in Italia, perché ama il proprio Paese e perché spera di poterci tornare prima o poi. La piccola è nata a Milano, e oggi (sono passati quasi cinque mesi dalla nascita), non è possibile dotarla di alcun documento di identità, perché il consolato di Londra non è contattabile in alcun modo e non risponde al Comune italiano dove attualmente la madre è registrata come cittadina Aire.”
Ebbene, cosa fanno i Comites al cospetto di tali situazioni? Nel migliore dei casi, versano, ci sembra, lacrime di coccodrillo, ma non si ha notizia però di una loro iniziativa, o idea, o proposta, che aiutino a risolvere queste situazioni.
Come i nostri lettori sapranno, Zurigo rappresenta, in un contesto così mediocre, una felice eccezione, grazie soprattutto all’intrepido lavoro del precedente console generale, cui è riuscita l’impresa di trasformare quello che a molti era apparso, fino ad alcuni anni fa, una specie di circo equestre, nell’ufficio forse più veloce e meglio organizzato della rete consolare italiana, nonostante, per altro, l’irrisolto problema, ieri come oggi, delle comunicazioni telefoniche.
Perché il modello consolare zurighese non viene esportato altrove?
Lo ignoriamo, sappiamo però che la Farnesina, d’intesa coi Comites e col CGIE, lancia appelli al governo chiedendo l’assegnazione di nuove risorse. Tali richieste, sia ben chiaro, riflettono un’esigenza reale, ma sono anche un comodo alibi, secondo noi, per non affrontare i più pressanti problemi di natura organizzativa.
Come uscire da questa situazione? A noi sembra che sia necessario riflettere sulla necessità di ridurre le competenze e gli spazi di monopolio, che sono propri dei Consolati, creando, specialmente nelle città e nei Paesi con più alta concentrazione di connazionali, strutture consolari private, che affianchino utilmente gli uffici pubblici.
Non si tratta, del resto, di fantasie irrealizzabili. Segnaliamo infatti che esperimenti del genere sono già stati avviati. A Mosca, ad esempio, il rilascio dei visti di ingresso per l’Italia è stato affidato ad una azienda privata.
E’ una proposta su cui ci piacerebbe aprire un dibattito coi nostri lettori, dai quali però ci attendiamo contributi costruttivi, prima che delle critiche. Vorremmo concludere rivolgendo un invito a verificare l’attendibilità delle nostre considerazioni. In proposito, suggeriamo di visitare, a mo’ di utile paragone, la home page dei tre maggiori consolati europei:
www.consolatogeneralezurigo.it
www.consolatogenerale.londra.it
www.consolatogeneraleparigi.it
Gerardo Petta
consigliere Comites di Zurigo