di Canio Trione – Economista
BARI – In ogni parte del mondo ed in ogni tempo il prezzo di un immobile in zona centrale è maggiore di quello di un altro immobile situato in zona periferica. È una circostanza accettata da tutti sia perché descrive una situazione di fatto -un immobile più richiesto e più redditizio è pacifico che debba costare di più-, sia perché in questa maniera anche gli immobili meno richiesti trovano una propria collocazione sul mercato. Qualora un dittatore imponesse la parità di prezzo (come accaduto nel passato) per tutti gli immobili non vi sarebbe alcuna domanda per gli immobili periferici mentre tutti gli operatori preferirebbero quelli di maggior pregio abbandonando completamente le periferie e le aree meno sviluppate. Questo esempio chiarisce come le differenze di prezzo contribuiscono spontaneamente a rivitalizzare le aree periferiche meno fortunate.
Sembra un caso di estrema ovvietà ma è un criterio che non sempre si applica. Accade infatti che il costo del danaro sia uguale in ogni parte di uno spazio a moneta unica. È accaduto in Italia quando si usava dalle Alpi alla Sicilia la stessa moneta e accade oggi in tutta Europa. Conseguenza ovvia è che a parità di costo del danaro è preferibile investire dove vi sono più servizi e, più in generale, maggiore ricchezza; così la ricchezza cresce dove già sta, mentre decresce dove non c’è. Stesso discorso vale per la legislazione fiscale e previdenziale, il valore esterno della moneta, il peso della burocrazia,…: applicando la stessa norma a situazioni diverse si amplia la differenza tra le aree, tanto che l’area più fortunata attira dentro di se anche persone, capacità imprenditoriali e capitali da impiegare nei nuovi investimenti. Questi sono settori -come anche l’energia e il suo prezzo ..- sono imposti dalle nomenclature dominanti che non hanno in alcuna considerazione l’imperativo di rilancio dello sviluppo. Abbiamo così che a Potenza si compila la stessa dichiarazione fiscale e previdenziale di Milano senza che si abbiano gli stessi servizi o che si paghino le stesse spese di trasporto dell’energia (prodotta dietro casa) che pagano utenti lontanissimi… il risultato è che un americano o un lucano che deve decidere dove investire per una nuova iniziativa e deve scegliere tra due luoghi a differente dotazione di servizi avendo gli stessi costi dei fattori produttivi va dove v’è maggiore ricchezza desertificando il resto.
Quando si dice in politica che si vuole ridurre le differenze tra aree, si dovrebbero differenziare leggi, tassi e tariffe vigenti nelle varie realtà economiche e non renderli autoritariamente uguali. Ma questo non per “aiutare” i poveri ma per pagare i fattori della produzione tanto quanto costerebbero spontaneamente in quell’area. E pagare i servizi pubblici nella quantità e qualità di cui si dispone: se in un posto non ve ne sono non si vede perché li si deve pagare come se ci fossero. L’azione differente (e cioè uniformizzatrice) potrà essere solo distorsiva di quello che spontaneamente il mercato pone in essere per correggere le differenze.
Fin dagli albori delle unificazioni nazionali si pose il problema di unificare o regionalizzare l’azione politica; si decise per la prima strada -e non solo in Italia- allargando così nel corso dei decenni drammaticamente le differenze e rendendo necessari gli interventi di “aiuto o di assistenza”; i fascismi e i socialismi, i regimi democratici hanno tutti dovuto riscontrare la necessità di far calare dall’alto una qualche forma di perequazione territoriale: “gli aiuti”; però, non rimuovendo la causa della differenza di sviluppo, la necessità di “aiuti” è cresciuta e non si è fatto altro che creare un costo crescente per le aree più fortunate per dare una semplice boccata di ossigeno per quelle periferiche che si sono ulteriormente e progressivamente periferializzate. La politica degli aiuti e della spesa pubblica in genere è divenuta la risposta alla questione meridionale; il fallimento di queste politiche economiche meridionaliste italiane ma anche francesi, inglesi, tedesche,… è il fallimento totale di quella concezione.