Giovanni Mercadante
Mentre sul piano sanitario si combatte la battaglia del secolo: il corona virus, sul fronte dell’agricoltura la situazione non è delle migliori.
Dall’autunno dello scorso anno gli agricoltori stanno facendo i conti con il clima. A questo fenomeno si è aggiunta la piaga dei cinghiali che non fanno dormire gli agricoltori, i cui campi seminati a legumi sono presi d’assalto di notte e sventrati.
Le campagne sono diventati campi di battaglia dove scorrazzano branchi famelici di cinghiali nell’indifferenza totale delle istituzioni regionali e nazionali. Una piaga che affligge gli agricoltori.
Le piogge autunnali, che dovevano assicurare la messa in sicurezza delle semine, sono state purtroppo disattese.
Due settori che devono essere attenzionati dal Governo centrale: sanità e agricoltura, sono le ultime invece nell’agenda dei rappresentanti istituzionali. Oggi si corre ai ripari; ed ecco l’impreparazione del Paese.
Molti imprenditori agricoli, forti delle loro esperienze, hanno seminato in tre periodi a fine ottobre, a metà novembre e a fine dicembre, ritenendo che le piogge arrivassero in tempo utile. Tutto questo non è avvenuto. La situazione è peggiorata anche dall’inizio dell’anno, fatta eccezione di qualche pioggerellina che non ha neanche dissetato i campi arsi da tanti mesi di siccità.
Ora viene spontanea la domanda. Dei 25 miliardi messi a disposizione dal Governo Conte con decreto dei giorni scorsi per fronteggiare l’emergenza corona virus, ci sono sostegni consistenti all’agricoltura, oppure semplici pannolini per giustificare che sono state adottate delle misure di tutela a questo settore che è il più mortificato nella catena alimentare?
Se sono comparti industriali e si minaccia il licenziamento in massa degli operai – è stato riferito dagli intervistati – il governo nazionale corre a sistemare il contendere; nel caso dell’agricoltura purtroppo le varie sigle sindacali non portano mai un buon risultato a casa. Segno della scarsa coesione di intenti.
L’agricoltura quest’anno sarà messa in ginocchio. I campi di grano che in questo periodo dovevano avere le piante già sviluppate, si presentano aridi, con una vegetazione rachitica, a dimostrare che le piante stanno soffrendo per mancanza di acqua.
Il grido d’allarme di questo inverno siccitoso è unanime. Abbiamo raccolto testimonianze di agricoltori che vivono sulla propria pelle il disastro che si compirà con l’arrivo della prossima stagione della mietitura del grano (giugno-luglio 2020).
Mimmo Viscanti
Mimmo Viscanti, imprenditore agricolo, Presidente Liberi Cerealicoltori Nazionali (nonché dirigente della Confederazione italiana LiberiAgricoltori sede regionale Puglia; e Presidente Movimento Riscatto) dice:
Ormai la siccità ha compromesso l’intero raccolto. I danni sono purtroppo evidenti. Possiamo dire addio a quest’annata. Nelle misure del Governo Conte non ci sono sostegni consistenti a nostro favore. Gli agricoltori sono stati lasciati al loro destino; pensare che è proprio con il nostro lavoro, con i nostri sacrifici che si assicurano prodotti agricoli eccellenti per una sana alimentazione.
Vito Ninivaggi
Un’altra testimonianza è quella dell’imprenditore agricolo Vito Ninivaggi , di Altamura, proprietario di una vasta tenuta sulle colline materane, il quale dichiara: la siccità è principalmente dovuta ai mutamenti climatici che sono la causa scatenante dell’inquinamento atmosferico a cui tutti i grandi della terra sono sordi e ciechi a porre rimedio.
E’ la riduzione delle emissioni di gas nocivi nell’atmosfera la ricetta per mantenere in equilibrio la terra. Il nostro problema sarà quello del mancato fatturato, con cui faremo i conti a fine stagione. Gli investimenti fatti per la semina, la cura dei terreni nel corso della stagione invernale, la manodopera, le tasse da pagare sono tutti impegni subordinati ad un buon raccolto che si fa a fine stagione. Noi agricoltori, tanto per intenderci, per chi coltiva cereali su vaste aree, il fatturato si fa una volta all’anno. Se viene meno sfortunatamente per siccità e altri imprevisti calamitosi naturali, non c’è nessuno che ci sostenga.
Pietro Cifarelli
Un altro piccolo imprenditore, Pietro Cifarelli, consigliere della Coldiretti di Altamura, con un’azienda agricola a conduzione familiare (sua moglie e due figlie), molto stimato nel suo settore, tanto da essere appellato “L’uomo della lenticchia” per aver riportato in auge e valorizzato questo antico e nobile legume, ha dichiarato: il mondo agricolo è messo molto male: Tutti gli agricoltori a Partita IVA, secondo il decreto dei giorni scorsi del Presidente Conte sull’emergenza anti-corona virus, potranno beneficiare di circa € 600,-
Una somma assolutamente ridicola; posso fermare la mia attività? Devo accudire i campi come si fa con i figli, con la famiglia. Devo assicurare le scorte ai miei clienti con i loro punti vendita. Con questa situazione che combatto tra siccità e limitazione alla circolazione per il corona virus sono messo molto male.
E’ un periodo brutto per l’Italia e certamente anche per noi agricoltori che siamo in prima linea come tante altre categorie per garantire le provviste ai negozianti; siamo ad un punto di non ritorno in vista delle prossime scadenze di bollette, tasse e quant’altro. Il mancato fatturato di un anno significa triplicare i debiti.
Un altro fenomeno che Pietro Cifarfelli denuncia con forza è la presenza dei cinghiali nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia, dove lui ha la sua azienda, che del resto l’ha chiamata La Valle del Parco. E’ proprio di questi giorni il virulento attacco di un branco di cinghiali di oltre 50 unità che ha letteralmente sventrato i suoi campi seminati a legumi, soprattutto ceci, di cui questi animali ne sono ghiotti.
Purtroppo, a nulla valgono le sue rimostranze presso l’Ente Parco nonostante i sopralluoghi della Forestale. E’ stato costretto a seminare nuovamente i legumi. E ancora per la seconda volta ieri, domenica 22 marzo 2020, i campi sono stati devastati davanti ai suoi occhi. “Un branco di circa 50 cinghiali famelici è difficile da contrastare: sembrava un esercito all’attacco. E’ tornato a casa distrutto, avvilito. E’ una piaga”, ha dichiarato. Ha proposto più volte all’Ente Parco che i cinghiali possono diventare una risorsa per la comunità, contrastando il fenomeno con una caccia selettiva e vendendo le carni alle macellerie; il ricavato si potrebbe distribuire poi alle aziende che hanno subito danni.
Manca la volontà soprattutto degli organi competenti; gli animalisti potrebbero dare una mano a limitare i danni per la sopravvivenza degli agricoltori.
L’amaro sfogo di questi imprenditori agricoli richiede una profonda riflessione. Sono loro che curano i campi, garantiscono prodotti di qualità nella filiera dell’alimentazione, oltre a monitorare il territorio. Se non ci sarà una svolta in tutta questa situazione di stallo, molti di loro stanno decidendo di abbandonare le campagne; al danno e alla beffa, si aggiungeranno altri danni perché l’Italia sarà considerata colonia di smercio per le tante multinazionali. Il made in Italy, mangiare italiano, sarà una chimera. Riavviare l’agricoltura sarà un’impresa titanica.