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Lo Stato si fa garante ma non ci mette un euro, le banche fanno il pieno, alle imprese soldi a iosa ma debitori a vita

Appresa la notizia sono stati in molti a gioire con salti mortali tripli e volteggi che fatti in case di pochi metri quadrati e con il soffitto che ti sfiora la testa ha qualcosa di eroico, difficile da replicare da parte di qualsiasi circense anche il più quotato al mondo, Conte & Company sono riusciti in questa straordinaria impresa.

Dopo un primo approccio un po’ tutti abbiamo incominciato a ragionare sulla bozza del decreto, preannunciato come urgente, per consentire agli imprenditori di poter accedere al credito se non proprio ad horas almeno nel giro di pochi giorni. Ad oggi però e nel mentre scriviamo il decreto non è stato ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e con ciò abbiamo perso già una settimana.

A questo primo problema se ne aggiungono tanti altri di cui ci pregiamo farne cenno. Il Decreto liquidità è una beffa colossale perché il governo afferma di liberare risorse per un ammontare di 400 miliardi a cui si aggiungono i 300 miliardi del precedente decreto salva Italia ma solo per apprestare garanzie alle imprese che se in possesso dei requisiti decretati potranno rivolgersi alla Banche per ottenere prestiti in tempi rapidi e fronteggiare le emergenze economiche della propria azienda. Insomma lo Stato italiano non mette a disposizione delle imprese neanche un euro; gli imprenditori che usufruiranno della liquidità dovranno restituire quanto ricevuto dalle banche sino all’ultimo euro, il tutto in forma rateizzata aggravata dagli interessi di rito.

Gran parte deli imprenditori che sperava in una notevole boccata d’ossigeno incomincia a ricrederci nel mentre monta la rabbia per essere stati presi per i fondelli.

Sarebbe stato utile, così come è avvenuto in Germania, che accanto ai provvedimenti atti ad assicurare la liquidità fossero adottati anche provvedimenti finalizzati alla concessione di congrui contributi a fondo perduto per consentire alle imprese di tamponare le emergenze non più rinviabili come il salario ai lavoratori, la eventuale riassunzione degli stessi se licenziati per mancanza di commesse, acquistare il necessario per riavviarne l’attività e quant’altro. Il sistema della contribuzione mista è una prassi in atto nell’Unione europea da almeno 30 anni; moltissimi bandi europei  regolarmente recepiti dall’Italia e dalle nostre regioni prevedono per l’appunto la concessione di contributi a fondo perduto per lo star up delle imprese o a sostegno delle loro necessità prioritarie (ristrutturazioni, progetti di globalizzazione ed altro) ed una parte in conto contributi da restituire a tasso misto in parte a tasso zero ed in parte a tasso agevolato. Il decreto liquidità non cammina in questa direzione e lascia intravedere il rischio che gli imprenditori già indebitati  a causa dei danni provocati dal coronavirus non saranno nelle condizioni di restituire  alle banche i prestiti garantiti dallo Stato il che li condanna a restare, aimè, debitori per tutta la vita. Di certo con questi provvedimenti non salviamo l’Italia, non aiutiamo le imprese a riprendersi ed a riposizionarsi sul mercato italiano e tanto meno quello estero rendendo più prevedibile il rischio di un default senza precedenti.

Ma le incongruenze del decreto liquidità non sono solo queste. Sul  decreto ha rilasciato diverse interviste Patuelli (ABI) nel corso delle quali il presidente dei banchieri ci ha tenuto a precisare che la liquidità di cui si parla nel decreto non è immediata. L’ABI lavora già con Sace per sveltire l’iter ma senza l’ok della Ue non si potrà partire; questo ok ancora non c’è dato sapere quando arriverà.  Sempre Patuelli: “Per quanto le banche possano provare a correre, non sarà possibile far arrivare alle aziende in tempi da sprint la liquidità assistita dalle garanzie pubbliche varate con il decreto legge approvato lunedì dal governo Conte. Innanzitutto perché sarà prima necessario ottenere il via libera Ue allo schema. E poi perché, per le coperture sotto il 100%, le procedure non potranno che essere quelle ordinarie. Per il presidente dell’ABI: ”E’ opportuno che l’Ue  riveda i tempi per considerare deteriorati i crediti, in funzione dell’emergenza Coronavirus. Vorrei, inoltre, sottolineare che condivido in pieno la logica delle garanzie.

Ma nella comunicazione si è data l’errata sensazione dell’immediatezza della distribuzione della liquidità, il che ha portato molti imprenditori da subito a telefonare alle banche per chiedere come fare per ottenerla. E alle domande non si è potuto rispondere con delle certezze anche perché il decreto ancora non è in Gazzetta Ufficiale, Nelle bozze c’è scritto chiaramente che le garanzie della Sace, prima di essere applicate, richiedono il via libera dell’Unione Europea. Dove, ricordiamolo, la pratica sarà assegnata non all’ottimo Paolo Gentiloni (commissario per gli Affari Economici) ma alla signora Vestager, che questa volta speriamo proceda rapidamente. Noi comunque abbiamo già avviato le interlocuzioni con la Sace, per cercare di velocizzare i passaggi che saranno poi necessari. Una volta avuto l’ok della Commissione europea penso che la fase preparatoria riempirà almeno la settimana di Pasqua. Sarà una Pasqua molto impegnativa, ricordiamo che anche noi stiamo utilizzando molto lo smartworking e siamo in una condizione emergenziale e di superlavoro per le misure già varate su moratorie, mutui, anticipo della cassa integrazione, ecc.

Verosimilmente si avrà la possibilità di compilazione più rapida per i prestiti coperti da garanzia statale al 100%, mentre sarà sostanzialmente una pratica di fido ordinaria per quelle con garanzia dal 90% in giù. Con la garanzia al 100% non dovranno essere inseriti molti elementi di valutazione, ma comunque qualcuno dovrà pure approvare la pratica. I direttori hanno autonomia, ma per grosse somme si dovrà bussare necessariamente ad altri uffici. E poi c’è la questione della garanzia al 100% con la partecipazione dei Confidi. Per tutto questo ci stiamo attrezzando velocemente. Dico semplicemente che una pratica in cui la garanzia dello Stato si affianca a quella di un soggetto privato, come i Confidi, non potrà avere la stessa corsia rapida di una assistita da garanzia pubblica al 100%.” Fin qui Patuelli; a beneficio di quanti vorranno approfondire il cronoprogramma degli adempimenti necessari per ottenere la prevista liquidità riportiamo in forma sintetica e per opportuna conoscenza  alcuni passaggi della bozza diffusa da Palazzo Chigi in attesa del testo definitivo del decreto di cui si attende ormai a breve la pubblicazione sulla G.U.. Ai lettori del Corriere Nazionale il diritto/dovere di esprimere giudizi e valutazioni su questo provvedimento che prevede la concessione in favore delle imprese di aiuti e contributi che si dimostreranno nel tempo del tutto virtuali, inefficaci ed insufficienti.

“Le garanzie messe sul piatto dallo Stato ammontano a circa 200 miliardi di euro, da concedere per il tramite della SACE Simest, del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, a favore di banche che eroghino finanziamenti alle imprese. Come preannunciato, la garanzia coprirà tra il 70% e il 90% dell’importo finanziato. Più in dettaglio, per l’importo del finanziamento richiesto, è prevista la copertura:

del 90% per le imprese con meno di 5.000 dipendenti in Italia e un fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro; dell’80% per imprese con oltre 5.000 dipendenti e un fatturato fra 1,5 e 5 miliardi di euro; del 70% per le imprese con fatturato sopra i 5 miliardi.

Inoltre:

l’importo della garanzia non potrà oltrepassare il 25% del fatturato del 2019 o il doppio del costo del personale sostenuto dall’azienda; per le piccole e medie imprese, anche individuali o partite Iva, sono riservati 30 miliardi e l’accesso alla garanzia rilasciata da SACE sarà gratuito, bensì subordinato a che le stesse abbiano esaurito la loro capacità di utilizzo del credito rilasciato dal Fondo Centrale di Garanzia.

Il decreto potenzia il Fondo di Garanzia per le p.m.i., snellendone le procedure burocratiche per accedere alle garanzie, ed aumentandone: la dotazione finanziaria, la capacità di generare liquidità anche per le aziende fino a 499 dipendenti e i professionisti.

Il decreto introduce un sistema di coassicurazione in base al quale gli impegni derivanti dall’attività assicurativa di SACE sono assunti dallo Stato per il 90% e dalla stessa società per il 10%, così liberando fino a ulteriori 200 miliardi di risorse da destinare al potenziamento dell’export, per permettere a SACE di fronteggiare la crescente richiesta di assicurare operazioni ritenute di interesse strategico per l’economia nazionale.

Le misure finalizzate a garantire la continuità delle imprese, con particolare riguardo a quelle che prima della crisi erano in equilibrio e presentavano una regolare prospettiva di continuità aziendale, si attuano: 

in sede di redazione del bilancio in corso, valutando i criteri di prudenza e di continuità alla luce della situazione emergente dall’ultimo bilancio chiuso;

disattivando le cause di scioglimento societario per riduzione o perdita del capitale sociale.

Ulteriore misura è volta a favorire il coinvolgimento dei soci nell’accrescimento dei flussi di finanziamento verso la società, disattivando i meccanismi che in via ordinaria li pongono in secondo piano rispetto ai creditori.

Altre misure riguardano la disciplina del fallimento per sottrarre le imprese all’apertura del fallimento e alle ulteriori procedure fondate sullo stato di insolvenza, sino a quando durerà l’emergenza; sterilizzare il periodo dell’emergenza ai fini del calcolo delle azioni a tutela dei creditori. Rinviati gli adempimenti fiscali e tributari per lavoratori e imprese:

IVA, ritenute e contributi sospesi per soggetti con calo di fatturato di almeno il 33% per ricavi/compensi sotto i 50 milioni e di almeno il 50% sopra tale soglia;

sono sospesi in ogni caso i detti versamenti per i soggetti che hanno iniziato ad operare dal 1° aprile 2019; per i residenti delle 5 province più colpite (Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Piacenza), sospensione versamento IVA se calo del fatturato di almeno il 33% a prescindere dalla soglia di fatturato dei 50 milioni; ripresa dei versamenti a giugno, con la possibilità di rateizzazione in 5 rate;

sospensione delle ritenute d’acconto sui redditi da lavoro autonomo, già prevista dal decreto “Cura Italia”, estesa anche alle scadenze di aprile e maggio; slitta al 16 aprile il termine per i versamenti già in scadenza al 20 marzo scorso; la scadenza per l’invio della Certificazione Unica viene prorogata dal 31 marzo al 30 aprile. Il credito d’imposta al 50% per le spese di sanificazione degli ambienti di lavoro è esteso all’acquisto di: dispositivi di protezione individuale, mascherine, occhiali.  Inoltre l’Inps viene legittimato al rilascio di un Pin semplificato, tramite identificazione telematica dell’istante, posticipando al termine dell’emergenza la verifica con riconoscimento diretto; introdotte norme sui “farmaci compassionevoli” (i farmaci non ancora autorizzati), che prevedono l’esclusione all’applicazione di imposte in ipotesi di cessione gratuita.

Marcario Giacomo

Comitato di Redazione de “Corrierepl.it”

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