di Rosa Roppo
Il governo italiano per poter arginare, limitare e fermare la crescita dei casi di contagio epidemiologico da Covid-19 ha adottato -cosi come ha fatto la Cina- misure decisamente restrittive in seguito al Dpcm 8 marzo 2020. Il periodo di lockdown imposto avrà delle ricadute non positive per l’economia italiana, ma al contempo pare imprimere una forte accelerazione ad alcuni comparti, primo fra tutti quello dell’innovazione e delle imprese guidate da giovani e giovanissimi. Antifragile è la parola chiave, un neologismo inventato da Nassim Nicholas Taleb, che descrive ciò che non solo è capace di sopportare il caos, ma anche di migliorare sotto lo stress di agenti esterni. Uno degli esempi che Taleb usa per spiegare il significato di antifragile è l’ idra, il mostro della mitologia greca.
Ogni volta che Ercole tagliava una delle nove teste dell’Idra ne ricrescevano due. Citando Taleb: “Qualunque cosa tragga più vantaggi che svantaggi dagli eventi casuali (o da alcuni shock) è antifragile; in caso contrario, è fragile.” L’antifragilità va al di là della resilienza e della robustezza. Ciò che è resiliente resiste agli shock e rimane identico a sé stesso; l’antifragile migliora. Massimo Ciaglia startup coach,mentor, innovatore, business angel ed imprenditore seriale, vanta un track record di successo con varie start-up in ambito ICT e Digital. Ha partecipato come Advisor in svariati progetti legati alla finanza agevolata pubblica maturando un decennale know how.
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Le crisi stimolano la creatività e il cambiamento, questo perché le aziende, per fronteggiare l’emergenza, sono costrette a ragionare sulle priorità. Una condizione tipica delle start-up, organizzazioni che hanno l’efficienza e la velocità nel loro dna: dispongono di risorse limitate, dunque sono abituate a ottimizzare per lavorare massimizzando risultati. L’emergenza che stiamo vivendo in Italia a causa del COVID-19 ha sicuramente obbligato tutte le aziende a ragionare come se fossero start-up. Ed è questa la soluzione che può permettere loro di uscire dalla crisi: il cambiamento. Forse questa digital transformation “obbligata” ci può aiutare ad apprezzare gli effetti positivi di nuovi assetti tecnologici e un nuovo approccio culturale, soprattutto nel lavoro. Cosa ne pensa Massimo Ciaglia?
Voglio iniziare questa intervista affermando un concetto semplice e ormai noto ai più con le parole di Albert Einstein: “La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario”.
Il COVID-19, questo inarrestabile virus, che ha piegato il nostro Paese, e non solo, ci sta dimostrando proprio questo concetto.
È arrivato il momento di cambiare, di sapersi adattare al nuovo contesto e di capire che bisogna adottare delle misure immediate per ripristinare la nostra economia.
Come fare? Proprio come ha suggerito lei con la digital transformation. Non bisogna spaventarsi con questa espressione, perché va ad indicare semplicemente una digitalizzazione dei processi aziendali, puntando anche ad un’ottimizzazione degli stessi.
Io ho sempre sostenuto questi concetti di innovazione e li ho da sempre applicati alla mia azienda, Connectia. Lavoriamo in smart working da quando siamo nati, facciamo call conference con Zoom, abbiamo con Dropbox uno spazio per condividere e conservare i documenti che sono utili per tutto lo staff ed utilizziamo altri software di collaboration, project management e gestionali condivisi on line tra tutti i membri del team.
Il COVID-19 forse ci sta facendo aprire gli occhi su quanto il nostro bel paese ha come margini di miglioramento, un miglioramento che andrebbe applicato indipendentemente dalla causa scatenante.
Il sapersi convertire al variare delle condizioni, fare in gergo tecnico quello che chiama “pivot”, è una caratteristica tipica delle startup, ma che oggi ha una importanza strategica per qualsiasi azienda. Basti pensare a colossi come Amaro Ramazzotti e Bulgari che hanno iniziato a produrre gel disinfettante per le mani, o Fca e Ferrari che hanno convertito la produzione aprendo delle nuove linee di business dedicate alla produzione di ventilatori. Queste strategie hanno consentito di non bloccare la produzione e di immettersi in mercati di nicchia dove esiste oggi la domanda.
L’Associazione StartUp Italia, chiede di inserire nella legge di conversione del decreto Cura Italia gli aiuti per startup e PMI innovative: il raddoppio dei fondi di Smart&Start, incentivo al 50% per chi investe in startup e aumento del plafond del Fondo garanzia per singola impresa a 2,5 milioni. Sei d’accordo o avresti inserito altri elementi.
Sono sicuramente a favore delle richieste portate avanti dall’associazione. Credo che già avere l’ok dallo Stato su questi aspetti sia già un primo importante traguardo per una realtà, che sta iniziando ad essere riconosciuta. Cosa aggiungerei? Ovviamente, tutte quelle leve che favoriscano l’imprenditorialità, come quella appunto della liquidità, perché è chiaro che se vuoi fare impresa hai bisogno di una base da cui partire, ed oggi la liquidità è la prima risorsa che viene a mancare nel tessuto imprenditoriale.
Il decreto Cura Italia, non ha preso in considerazioni le startUp, nell’ecosistema italiano dell’innovazione ci sono 11mila startup innovative, 1500 PMI innovative, 30 incubatori certificati per un totale di 60mila addetti, ma anche i suoi ritardi rispetto ad altri contesti europei (ridotto accesso al mercato dei capitali, difficoltà a inserirsi nelle filiere di fornitura, mancata semplificazione), perché questa decisione o è una dimenticanza?
Non saprei se sia una decisione voluta o una semplice dimenticanza. In ogni caso è grave che per 60mila addetti ai lavori non ci sia tutela. Una tutela che dovrebbe coinvolgere non solo l’ecosistema startup, ma tutti. Nessuno deve essere lasciato solo, ricordiamoci le parole del Papa Francesco in quella silenziosa e toccante immagine di Piazza San Pietro, un momento che diventerà storia, dove in questo emozionante scenario ha dichiarato: “Nessuno si salva da solo”.
Su quali aspetti si devono fermare le aziende per poter riprendere il passo che conduce verso la ripresa economica
Sicuramente devono affacciarsi al mondo digitale, cercando così di rinnovare quei meccanismi, quei retaggi a cui difficilmente un’azienda tradizionale riesce a distaccarsi.
Dobbiamo essere consapevoli che il COVID-19 ha portato una nuova coscienza, una nuova consapevolezza, che inevitabilmente si rifletterà sul mondo del lavoro.
Più riusciremo ad incontrarci in uno spazio digitale, più riusciremo a gettare le basi per un solido futuro.
I quattro aspetti chiave su cui si deve concentrare una azienda oggi sono, l’immediata rimodulazione dei costi, la creazione di liquidità, la riconversione immediata su nuove linee di business e la comunicazione corretta, sia interna che esterna verso il mercato.
Il mercato ora ha un nuovo vestito, con colori e stili diversi, come fanno le imprese ad adeguarsi in poco tempo, come cambiare il modello di business?
Oggi, in molti settori, il mercato è in una fase di profondo cambiamento, soprattutto a causa del contesto economico sempre più competitivo e della stressante crisi economica. Tutte le imprese sono chiamate ad adattarsi alle nuove condizioni per poter mantenere vivo il proprio business.
Le imprese devono saper reagire tempestivamente a questi veloci cambiamenti per essere in grado di gestire la corsa all’innovazione tecnologica e ridurre il time-to-market (ossia il tempo che intercorre tra l’ideazione di un prodotto e la sua commercializzazione), abbattendo però anche i costi di gestione interna.
La tecnologia favorisce l’ingresso di attori nuovi che sovvertono le regole; le aziende si rifugiano nella ricerca di efficienza attraverso pratiche come quella dello Zero Base Budget dando vita a un evidente trade off fra estrazione di valore e creazione di valore.
Nel rapporto di uno studio generato da IRG* e promosso da WPP, basato su interviste a 1500 manager, possiamo vedere tutti gli aspetti che ogni azienda dovrebbe modificare per adattare il proprio modello di business al cambiamento del mercato:
- Abundant market; essere in grado di ridefinire continuamente il mercato, intercettandone l’evoluzione.
- Multiple models; dimostrare una superiore flessibilità, aprendosi a nuovi business model se necessario.
- Evolving experiences; essere in grado di progettare e vendere esperienze di consumo che si evolvono al passo con i tempi.
- Open culture; saper creare sistemi aperti e inclusivi.
- Anticipative organization; saper rimuovere le barriere interne per favorire la connettività.
- Whole brained; saper coniugare dati e creatività.
- Humanized growth; attribuire un ruolo primario e centrale al fattore umano.
Gli strumenti del crowdfunding potrebbe rappresentare un’opportunità per un’azienda?
Gli strumenti del crowdfunding possono rappresentare un’ottima opportunità per tutte le aziende, startup e PMI.
Il crowdfunding è diventato un vero e proprio fenomeno sociale, nella sua declinazione di Equity Crowdfunding permette a chi investe denaro in un progetto di comprare azioni, quote o altri strumenti finanziari, che vengono offerti dalla PMI o dalla startup, che sta portando avanti il progetto.
In questo modo, la società, che sta raccogliendo fondi decide di finanziarsi offrendo al pubblico una quota del proprio capitale per raggiungere l’obiettivo di raccolta stabilito.
Decidere di avviare una campagna di equity crowdfunding rappresenta un’opportunità unica, perché l’impresa o la startup diventi visibile a molte persone potenzialmente interessante. Se da un lato permette agli investitori di conoscere nei dettagli il tipo di progetto che andranno a finanziare, dall’altro spinge PMI e startup a dare il meglio di sé.
L’equity crowdfunding è un’occasione per dare vita a nuove opportunità di business, ed è uno degli aspetti più importanti e apprezzati, sia per le PMI che per le startup. Le innumerevoli testimonianze di PMI e startup che hanno scelto questo metodo alternativo per finanziarsi, confermano che l’esperienza non si ferma al fundraising, ma prosegue mettendo in connessione la realtà imprenditoriale con aziende e privati potenzialmente interessati ad instaurare rapporti commerciali, creando nuove reti di relazioni.
Quali sono gli strumenti che consentono a fare un’analisi analitica del piano economico e finanziario che permettano di individuare i punti di cambiamento?
Lo strumento per eccellenza è il business plan.
Il business plan aiuta a comprendere e ad analizzare con spirito critico l’idea d’impresa in termini di innovatività, vantaggio competitivo e competenze del team imprenditoriale. Inoltre, l’analisi del Business Plan e delle sue caratteristiche aiuterà l’imprenditore a considerare, valutare e quindi minimizzare i fattori di rischio legati alla nuova impresa che intende sviluppare e al cambiamento del mercato.
La strategia di marketing sarà improntata su quali canali?
Nel mercato competitivo di oggi parte del successo dipende dal potere delle strategie di Web Marketing. I canali più performanti sono i canali digitali.
Per delineare le migliori strategie di web marketing è, dunque, importante avere una chiara idea del punto da cui si parte e dell’obiettivo a cui si tende, monitorando tutto il tragitto che si percorre.
La scelta dei canali non è per niente immediata, ma dipende dagli obiettivi e dal contesto. La scelta dei canali richiede una serie di revisioni cicliche e assestamenti, perché ogni singola componente del piano influenza la scelta delle altre. Si tratta di un processo di ottimizzazione e di coerenza progressiva.
A seconda degli obiettivi (attrazione, conversione, fidelizzazione, vendita) dovrai implementare differenti strategie come per esempio: campagne di email marketing, social media, CRM, ottimizzazione web, strategie SEO, PPC, ecc.
Oggi, considerando che il numero di canali da gestire si sta moltiplicando e che la quantità di informazioni che riceviamo sui nostri clienti è in aumento, è fondamentale utilizzare strumenti di Marketing Automation che consentano di automatizzare tutte le campagne di marketing e soffermarsi solo sui canali più efficaci ottimizzando il budget e non disperdendolo.
Rosa Roppo