Luigi Garofalo
Ormai siamo alla conclusione di un anno scolastico anomalo e temo che i bambini siano esausti. Sarò una sorta di bastian contrario, ma è già tanto se gli alunni hanno avuto la pazienza di seguire fino ad oggi la DaD. Secondo me, la didattica digitale non è efficace, tutt’altro. Anche se numerosi presidi propugnano e sponsorizzano la DaD. E persino qualche collega “fanatica”. Da settembre, con la speranza che si riparta in una situazione vicina alla normalità, si potrà recuperare. Piaccia o meno, la DaD ha fallito in modo clamoroso ed eclatante. Con la DaD non si può più andare avanti: è noiosa, monotona ed alienante. Pure con le videolezioni i bambini e i ragazzi si addormentano.
Chi si professava contrario alla DaD, ha cambiato idea da un giorno all’altro. Un livello di coerenza assai scarso e ridicolo. La nostra categoria ha una credibilità pari a zero. È per questa ragione che ci prendono a pesci in faccia. La DaD costituisce un grave vulnus pedagogico, un precedente serio e pericoloso, che si ritorcerà contro di noi, equiparando i docenti ad uno status impiegatizio. Nel futuro ce ne accorgeremo, ma a nostre spese, ossia quando i dirigenti scolastici potranno imporci la DaD in qualsiasi momento, nei vari periodi di sospensione delle attività didattiche svolte in presenza. E ci tratteranno alla stregua dei colletti bianchi, bensì sottopagati. Anzi, già siamo trattati in tal guisa, se non peggio.
Il discorso non si riferisce alla situazione che si è determinata in seguito alla grave emergenza sanitaria, per cui si è avviata la DaD in quanto soluzione “tecnica” tampone, ma solo grazie al nostro volontariato, va ricordato, che alcuni dirigenti scolastici hanno presentato, come al solito, in termini di un obbligo, che non c’è. Il problema si proietta in futuro, allorquando la DaD sugellerà l’ultimo passaggio verso uno stato giuridico da impiegati, quale già siamo visti da molti (dirigenti, genitori ed utenti vari). Mi preme ricordare che la nostra non è una mera professione impiegatizia, bensì una funzione intellettuale assai speciale, da non confondere, però, con una “missione religiosa”. Il tutto è calato dall’alto, senza un minimo di discussione e di condivisione collegiale da parte dei docenti, che vivono ogni giorno la realtà concreta della didattica (in presenza oppure a distanza). Ebbene, abbiamo vissuto un precedente grave e preoccupante. Ce ne accorgeremo solo quando sarà troppo tardi. Senza nemmeno sfiorare la questione, assai delicata, della privacy e delle piattaforme digitali (quelle che il MIUR ha sponsorizzato ufficialmente e che fanno capo al colosso Google), che fanno lucrare una multinazionale privata. Un tema a dir poco spinoso e controverso.
Così come scottano altri argomenti che non sto qui a sollevare solo per ragioni di spazio e di tempo. Ma una cosa è certa: la messa in atto della DaD ha fornito il pretesto che tanti (dirigenti scolastici, nonché funzionari del MIUR) attendevano da tempo per un ultimo passo verso la subordinazione totale e definitiva del corpo docente in un mero ruolo impiegatizio. Senza offesa per costoro, la professione del docente è di tipo intellettuale ed è molto speciale, in quanto ha lo scopo di educare le menti dei più giovani ad uno spirito critico, ad una capacità di analisi e di giudizio, ad un’attitudine al discernimento e al pensiero libero. Ed è l’esatto contrario di una mansione di ordine impiegatizio.