Principale Politica Diritti & Lavoro La bellezza salvera’ l’Italia

La bellezza salvera’ l’Italia

In un momento estremamente delicato di crisi economica, investire in cultura conviene: una riflessione in occasione della Festa Della Repubblica

di Adriana Ostuni

È a dir poco poderosa la quantità di studi e di autorevoli pubblicazioni volta a dimostrare che se il sistema Italia riuscisse a sfruttare appieno le potenzialità del patrimonio  culturale in sua dotazione, le risorse in questo settore costituirebbero il volano per far ripartire l’economia. Un concetto valido e da tenere maggiormente in considerazione, soprattutto in quanto posto in relazione al momento di crisi dovuto alla Pandemia che stiamo attraversando. Perché le ricchezze artistiche, museali e ambientali, la bellezza delle nostre città e l’industria creativa, con la filiera ad essa connessa, possono davvero essere tra i fattori trainanti non solo dell’immagine del nostro paese, ma anche della qualità di vita e dell’economia reale.

Non è un caso se l’Italia può ancora vantare il celebre soprannome di Belpaese. Abbiamo ovunque paesaggi e luoghi che tutto il mondo ci invidia, ricchi di cultura e di storia, talenti ed eccellenze che espletano i loro repertori nei vari comparti artistici, e persino nell’arte enogastronomica nessun altro luogo al mondo può reggere il confronto con l’Italia. Un vero e proprio museo “diffuso” che ha origini eterogenee, provenienti dai vari momenti storici e dalle diverse correnti artistiche che si sono avvicendate attraverso i secoli, un patrimonio in grado di uscire dai suoi confini, di occupare le piazze e le strade, distribuendosi in ogni piega del territorio. Un corredo culturale che, se ancor più valorizzato, soprattutto nel delicato momento storico che stiamo vivendo, non può che migliorare, e in una prospettiva non troppo lontana, la qualità della vita di noi cittadini, permettendoci di abitare il bello nella sua dimensione più autentica e integrale.

Non a caso la nostra Costituzione è una delle poche al mondo a prevedere tra i “principi fondamentali” e tra i compiti della Repubblica, (art. 9), la tutela del “patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Come affermava Margherita Hack,  “Un paese senza ricerca e senza cultura è un paese che è destinato a diventare sottosviluppato”.

Investire in cultura significa al contrario investire nel futuro.

Valorizzare e tutelare la cultura vuol dire promuovere lo sviluppo sociale e civile del Paese, al fine di restituire ai cittadini e, soprattutto alle giovani generazioni, la speranza per un futuro e per una qualità di vita migliore. Significa avvicinare i giovani, formarli al sentimento della bellezza, perché possano sviluppare lo spirito critico e apprezzare la vita nei suoi aspetti più edificanti.

Nel mondo della globalizzazione, l’Italia continua fortunatamente ad essere identificata come una superpotenza culturale, come un paese simbolo di civiltà e cultura,  e ciò malgrado la criminalità organizzata, la mafia  e altri mali.

Abbandonare l’idea che gli investimenti in cultura siano voci di spesa nei bilanci pubblici, investire in questo settore, perciò, vuol dire non soltanto far crescere l’economia, creando occupazione intelligente, aiutando i giovani e i professionisti che hanno talento, ma anche promuovere un’immagine positiva del nostro paese dal punto di vista etico-civile, consolidando il senso di appartenenza al territorio, favorendo una riduzione degli abbandoni scolastici e un abbassamento del livello di criminalità, nonché facilitando l’integrazione degli stranieri, tutelandone la dignità. Stiamo percorrendo un tornante storico che non ammette più indugi. Occorre coraggio e determinazione negli intenti.

Credo a questo punto di poter concludere la mia riflessione ricordando le parole illuminate di monsignor Bregantini, a lungo vescovo di Locri, quando affermava che «un ragazzo che cresce in un posto brutto è più facile che cresca brutto». Vale anche l’esatto contrario. Imprescindibile dunque, se non obbligata, la rotta da perseguire per superare con successo il momento di crisi.

Perché investire nel fiore all’occhiello del nostro Belpaese – la cultura, appunto – conviene.

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