“Con questa risoluzione ribadiamo in pratica che la base della democrazia consiste del trasferimento ordinato del potere dopo il mandato di un presidente”. Così Joe Manchin, il cui cognome echeggia Mancini, quello dei nonni italiani, senatore conservatore democratico del West Virginia, spiegava la risoluzione da lui introdotta e approvata all’unanimità dal Senato. La risoluzione è strettamente simbolica ma riconferma il tradizionale cambio di potere da un presidente all’altro dopo le elezioni. L’unanimità al Senato è cosa inaudita di questi giorni ma il fatto che nessun senatore abbia obiettato dovrebbe mandare un segnale a Donald Trump il quale ha detto che la sua sconfitta alle elezioni il 3 novembre sarà possibile solo mediante la frode elettorale.
L’attuale inquilino della casa Bianca aveva anche chiarito che non avrebbe abbandonato la presidenza per il fatto che l’elezione, secondo lui, sarà truccata dalle schede elettorali inviate per corrispondenza. In questo caso, Trump ha detto che non vi sarebbe cambio di presidente e che lui continuerebbe al comando.
Il suggerimento che un presidente americano non rispetti l’esito dell’elezione dovrebbe fare paura che il Paese sia al precipizio di una futura dittatura. Trump, come si sa, ha già manifestato parecchie volte la sua ammirazione per governanti “forti” come Vladimir Putin ed altri in Paesi dove la democrazia esiste solo in teoria. Quindi alcuni analisti hanno già indicato la loro preoccupazione che se sconfitto da Joe Biden, Trump potrebbe escogitare qualche stratagemma per dichiarare l’elezione invalida e tracciare un percorso per rimanere presidente.
L’attuale inquilino della Casa Bianca ha dato chiarissimi segnali che l’elezione non potrà essere affidabile perché i voti massicci per corrispondenza preannunciati, causati dalla pandemia, si tradurranno in brogli. Trump non ha dato prove, solo insinuazioni superficiali, suggerendo che è troppo facile votare due o tre volte con la posta. I fatti sono diversi e lui lo sa già. Trump, per esempio, vota lui stesso per corrispondenza come pure molti dei suoi collaboratori alla Casa Bianca. Lo fanno anche molti elettori anziani e membri delle forze armate, non pochi dei quali votano per lui. Commentando la sicurezza del voto per corrispondenza in Florida, il 45esimo presidente ha però spiegato che lì va tutto bene perché il governatore è repubblicano. Quindi nessun problema. Ovvio che la percentuale di anziani del Sunshine State gli sta a cuore perché si traduce in un voto a lui favorevole anche se questa volta i sondaggi ci dicono che anche fra gli anziani Biden gli sta dando filo da torcere.
Il voto per corrispondenza è già usato da cinque Stati quasi esclusivamente da parecchi anni, due di questi, Utah e Arizona, red states, (conservatori) e gli altri tre, Washington, Hawaii e Oregon, blue states (liberal). Le procedure messe in atto da questi Stati e anche dagli altri impediscono brogli elettorali. Ricerche della Harvard University hanno dimostrato che la frode elettorale nel voto per corrispondenza è inesistente anche se una piccola percentuale di schede elettorali vengono scartate per il fatto che gli elettori non avranno seguito le direzioni appropriate.
Trump però ha detto che il risultato dell’elezione dovrà essere noto il giorno dell’elezione, ossia la sera del 3 novembre. Ciò avviene di solito ma non sempre. L’elezione del 7 novembre del 2000 non si concluse fino al 12 dicembre perché il voto in Florida era stato contestatissimo. Alla fine la Corte Suprema decise a favore di George W. Bush il quale vinse lo Stato della Florida con cinquecento voti e la presidenza. Trump ha già chiarito che l’elezione del 2020 potrebbe benissimo andare a finire alla Corte Suprema per il fatto delle schede elettorali invalide, suggerendo che in caso di sconfitta, farebbe ricorso.
Ecco come si spiega in parte la fretta dell’attuale presidente di confermare la nomina della giudice Amy Coney Barrett, da lui nominata per sostituire Ruth Bader Ginsburg, deceduta alcune settimane fa. I repubblicani al Senato stanno affrettando la conferma poiché darebbe loro una maggioranza di 6 a 3 alla Corte Suprema.
Alcuni analisti hanno anche rilevato che la campagna di Trump per delegittimare l’elezione potrebbe aprire un’altra strada all’attuale presidente per rimanere alla Casa Bianca. Con il grande numero di schede elettorali inviate con la posta, Stati controllati dai repubblicani potrebbero dichiarare la votazione illegale. In tal caso la legislatura avrebbe, secondo la costituzione, il diritto di scegliere gli elettori dell’Electoral College, che non sarebbero basati sul voto popolare. Si presume che sceglierebbero elettori per Trump. Dei nove Stati in bilico, otto hanno legislature controllate dai repubblicani. Ci sarebbe ancora più caos se le legislature di Stati sotto controllo dei democratici farebbero qualcosa di simile.
Il caos condurrebbe alle vie legali e la Corte Suprema potrebbe alla fine decidere. Per Trump sarebbe una situazione favorevole perché ha nominato due dei giudici e forse anche tre se Barrett sarà confermata al più presto.
Trump si è dichiarato il presidente “law and order” (ordine pubblico) ma sta infatti facendo una campagna elettorale che conduce al caos. Sa benissimo che se costretto ad abbandonare la Casa Bianca perderà l’immunità che lo protegge dall’incriminazione per frode fiscale o altri reati. Una vittoria schiacciante di Biden sbarazzerebbe tutti i dubbi riconfermando il potere tradizionale della democrazia americana. In caso contrario Trump non esiterebbe a scegliere la sua sopravvivenza politica, con le buone o le cattive, invece di quella della democrazia americana.
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Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.