Principale Arte, Cultura & Società La rinascita del romanzo epistolare con Pierfranco Bruni e “Lettere a Eleonora”

La rinascita del romanzo epistolare con Pierfranco Bruni e “Lettere a Eleonora”

di Stefania Romito

Il genere letterario del romanzo epistolare trae i suoi modelli ispiratori da testi classici come le Heroides di Ovidio, poetiche lettere d’amore attribuite ad amanti mitologici. Ma sarà nel Cinquecento che inizia ad assumere una propria formula narrativa fino a confluire nel Settecento in un vero e proprio genere letterario con capolavori quali I dolori del giovane Werther di Goethe e  Le ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo. Una formula letteraria che riflette l’interiorità del personaggio attraverso una confessione segreta di cui la lettera è oggetto depositario. Epistola come espediente elettivo per dialogare con la parte più recondita del proprio essere nel riflesso di un interlocutore che si affida all’ascolto.

È tra queste suggestive linee psicologiche che il già candidato al Nobel per la Letteratura, Pierfranco Bruni, si inserisce nel suo romanzo epistolare Lettere a Eleonora (edito da Nemapress Edizioni) mettendo in scena la complessa personalità di un personaggio che trae dall’amore assoluto il senso della sua esistenza. Pierfranco Bruni con questo romanzo, che a tratti assume le forme del diario intimistico, si confronta con l’evoluzione della sua interiorità come uomo e come scrittore rispecchiandosi nelle pieghe malinconiche e nostalgiche del suo personaggio.

Il sentimento amoroso per Eleonora viene anatomizzato mediante la rappresentazione di stimoli ispiratori letterari come Anonimo Veneziano che qui funge da modello esistenziale, un dato che tende a distinguere questo testo, entrando in forte contraddizione con la Prefazione del libro, dai successivi romanzi bruniani come Sul davanzale delle parole nati da esperienze di vita vissuta. Un dato non da poco poiché questa distinzione consente di penetrare la vera missione del libro orientata verso una attenzione quasi maniacale al dettaglio linguistico, alla integrità semantica, in altre parole alla “musicalità” del testo. Perché Lettere a Eleonora è un libro che si legge ascoltandolo, lasciandosi cullare dalle note intonate, ma soprattutto “stonate”, di un amore amato sofferto consumato rievocato dalle note struggenti e appassionate dell’indimenticato Stelvio Cipriani.

Storia e destino sono i due concetti fondanti su cui si basa l’intima confessione di Francisco nel sottolineare un divergente modo di vivere il sentimento d’amore. In Eleonora il rapporto con l’amato si lega al tempo, divenendo storia con un inizio e una fine. Per Francisco, invece, la loro relazione è destino, una condizione atemporale, immortale, infinita che si lega al “mito”.

Mito come concezione esistenziale che attribuisce carattere all’amore. È in questo che avvertiamo l’autentica missione di un libro che sembra guardare a D’Annunzio per l’accuratezza e ricercatezza stilistica e a Prévert per la rappresentazione esistenzialista di un sentimento d’amore sofferto ricercato che ha ali di libertà, assoggettabile soltanto al destino. Ma questi riferimenti, seppur pertinenti e indagatori, diventano quanto mai riduttivi nel caso di un poeta e di uno scrittore come Pierfranco Bruni che rifugge l’omologazione standardizzante allontanandosi perfino da “se stesso” in una linea evolutiva letteraria in costante metamorfosi.

Pierfranco Bruni dà vita a una nuova stagione del romanzo epistolare. Non ci resta che viverla!

s.romito@corrierepl.it

 

 

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