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Riprogettare il Paese. Il Governo ne sarà capace o capitolerà a causa della insana litigiosità delle sue componenti?

Conte ha condotto in modo brillante le trattative per ottenere le risorse necessarie (euro 209 miliardi) ad affrontare la grave crisi provocata dall’impietoso virus arrivato in Italia distruggendo vite umane e un’economia già disastrata per gli annosi problemi prodotti, come affermano in molti, dalla mala politica e dalla corruzione mai debellata, nonostante i numerosi proclami da parte dei governi degli ultimi quaranta/cinquanta anni. La paura che la corruzione vanifichi la speranza in un utilizzo virtuoso dei 209 miliardi, assegnati all’Italia, non è del tutto infondata.

Le consorterie dei disonesti (corruttori e corrotti), presenti a tutti i livelli, sono in attesa di impadronirsi di parte delle risorse che, almeno in teoria, sono destinate ad avviare le riforme necessarie per la ripresa del Paese. Un Paese che, oberato da un ingente debito pubblico, soffre da molti anni una crisi che sembra inarrestabile. Sofferenza che non può essere lenita da una narrazione rassicurante, ricorrente in questi ultimi due anni, alla quale non seguano fatti concreti. Lo stesso Governo, nel timore che le risorse finiscano per loclupetare i disonesti, capaci di guadagnarci anche dalle disgrazie, pensa di affidare il compito degli investimenti a una cabina di regia che ha una formazione mista, di politici e di super tecnici di provata esperienza nei diversi settori produttivi, ai quali affidare il gravoso compito di realizzare i progetti finalizzati, almeno nelle intenzioni dello stesso Governo, alla ripresa.

Si parla di sei linee guida e di sessanta progetti per rendere l’Italia più competitiva e inclusiva. Il primo problema da affrontare riguarda sicuramente la burocrazia che è abituata, anche per le pastoie normative, antiche e ancora presenti nell’ordinamento italiano, a frapporre ostacoli spesso insormontabili che scoraggiano ogni iniziativa privata e frenano i funzionari più bravi e più aperti alle esigenze del Paese. Se a tanto aggiungiamo la criminalità organizzata, che trova facile sponda in alcuni gangli della pubblica amministrazione, il quadro che si presenta davanti al Governo non è certamente incoraggiante. Occorre, quindi, dimostrare grande determinazione nell’affrontare tutti i numerosi ostacoli che la burocrazia e la disonestà frappongono alla realizzazione delle riforme necessarie per la ripartenza del Bel Paese. La prima riforma è, senza alcun dubbio, quella della pubblica amministrazione, la madre di tutte le riforme, che ridurrebbe sicuramente le capacità del malaffare rese possibili e facilitate dalla miriade di passaggi burocratici che impediscono la celerità dei processi decisionali. Ma servirà coraggio e determinazione che, a parere di molti osservatori, mancherebbero a Conte e al Governo lacerato da una nefasta litigiosità tra le sue diverse anime. Ovviamente noi speriamo che i severi critici siano smentiti dai fatti.

Tuttavia la ripartenza del Paese non dipende solo dalla riforma della pubblica amministrazione. Altre riforme sono necessarie: la riforma e il riconoscimento dei diritti dei cittadini lavoratori, specialmente il diritto al lavoro. Lo smantellamento delle garanzie del lavoratore subordinato, riconosciute efficacemente dallo Statuto dei Lavoratori del 1970, non ha portato bene, anzi ha incoraggiato le imprese a mirare solo al facile profitto, astenendosi, conseguentemente, dall’impegnare risorse per la ricerca e indebolendo, così, le capacità produttive del Paese. Occorre incoraggiare, con provvedimenti adeguati, le imprese, piccole e grandi, a predisporre migliori condizioni di lavoro per garantire la qualità dei loro prodotti ed esaltare le eccellenze di alcuni settori che fanno pendere la bilancia commerciale in favore dell’Italia.

Un impegno che può concretarsi da subito è quello del risanamento del territorio che, per i suoi guasti e per il suo abbandono, non riesce a contenere e a frenare l’impeto rovinoso di fenomeni naturali (terremoti, alluvioni) che si ripetono frequentemente in tutte le stagioni dell’anno. Ma anche la ristrutturazione degli edifici pubblici che ospitano scuole e altri servizi essenziali attende da tempo, molto tempo, una maggiore attenzione e cura da parte degli organi di governo nazionale e locale. Necessaria anche la predisposizione di interventi per la logistica per facilitarne la connessione con il sistema dei trasporti europeo.

Un’altra riforma di cui si parla spesso è quella della giustizia civile che impiega tempi biblici per la soluzione di problemi di vario ordine e che, certamente, non incoraggia gli investitori esteri a venire in Italia. C’è la necessità di istituire e rafforzare la giustizia di prossimità che soccorra i cittadini nell’affrontare piccoli problemi che, però, riguardano fatti di diffuso allarme sociale, e nel contempo liberi la magistratura professionale da processi di scarso valore economico.

Altre importanti riforme da programmare con celerità riguardano la cultura e, quindi, la scuola abbandonata alla buona volontà degli operatori, insegnanti e personale non docente, verso i quali i governi che si sono succeduti negli ultimi anni non hanno dimostrato l’attenzione che si meritano.

Ma non possiamo trascurare la sanità pubblica, sacrificata in favore di quella privata, che ha bisogno di ingenti risorse per l’organizzazione della medicina territoriale resa colpevolmente insufficiente o, in alcuni casi, completamente assente. Importante è anche la previsione dell’istituzione e/o rafforzamento dei servizi pubblici che liberino le famiglie dai tanti oneri che impediscono il libero svolgimento di attività lavorative. Penso, ad esempio, agli asili nido e a strutture e servizi in favore degli anziani. E poi occorre rafforzare il tessuto produttivo con risorse che rendano le imprese, medie e piccole, più innovative nell’economia globale.

Sarà in grado il nostro Governo di affrontare le sfide che lo attendono? Certo è che, se le forze politiche della maggioranza continuano a litigare, i programmi di riforma rimarranno nelle intenzioni di alcuni partiti, inattuati, con grande delusione del popolo che mai come adesso ha sperato – e spera – nella ricostruzione del Paese. E le risorse economiche predisposte dall’Europa voleranno verso altri lidi.

Raffaele Vairo

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