L’Unione Europea ha emanato nuove linee guida in tema rifornimenti energetici alternativi mettendo l’idrogeno proveniente da fonti rinnovabili al centro della strategia energetica del prossimo trentennio per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione che l’UE intende raggiungere nel 2050. La Commissione europea per raggiungere tale obiettivo prevede investimenti tra i 180 e i 470 miliardi di euro: per ottenere tali fondi le aziende del centro-nord Europa, ovviamente Germania in testa, si sono già attivate presentando progetti e sperimentazioni che stanno già generando nuovi posti di lavoro, oltre ad un minore inquinamento. Attraverso le centrali di gassificazione è possibile produrre ogni giorno migliaia di metri cubi di gas di sintesi (syngas) grazie al Combustibile Solido Secondario (CSS) che derivano dai rifiuti indifferenziati provenienti dagli impianti di Trattamento Meccanico Biologico (TMB) destinati alla produzione di energia elettrica. La Commissione Europea ha indicato il syngas, già contenente idrogeno puro, come un passaggio chiave nella produzione di molti elementi come il metanolo, l’etanolo e l’urea. Il mio rammarico? E’ cominciata “la corsa all’idrogeno” e l’Italia è rimasta al palo.
Cosa porteremo all’Expo di Dubai
Sarà Dubai a raccogliere il testimone dell’Esposizione universale di Milano. Se non ci fosse stato il Coronavirus ad ottobre sarebbe cominciato l’Expo, rimandato al 1° ottobre 2021. Il filo conduttore sarà la sostenibilità ambientale, le risorse del pianeta e l’intelligenza umana con una particolare attenzione alla ricerca di progetti che possano garantire, dopo l’esaurimento delle giacenze petrolifere di Dubai e il conseguente acquisto da Abu Dhabi, rifornimenti energetici destinati alla mobilità a basso costo. “Connessione di intelligenze per un futuro più futuribile”. Vedremo sfilare multinazionali americane, cinesi, coreane ecc. Una multinazionale californiana porterà il trasferimento virtuale delle persone da Dubai ad Abu Dhabi. E’ stato chiesto, a grossi imprenditore dei rifiuti italiani, “E voi cosa ci portate?”. La risposta è semplice: Dubai conferisce in discarica circa 10.000 tonnellate di rifiuti al giorno (poca cosa rispetto alle 17.000 di Buenos Aires); i rifiuti urbani e le plastiche non riciclabili possono essere trasformati in combustibile da bruciare in gassificatori con bassissimo impatto ambientale in modo da produrre idrogeno e metanolo. Soluzione semplice, economica, sostenibile ed efficiente. Questa è l’Italia vincente, l’Italia che non ha paura della burocrazia, che investe milioni, che si fa conoscere nel mondo e che rispetta l’ambiente.
Tutti a mare… forse inquinato!
Nei mesi scorsi ci siamo abituati a vedere, dal vivo e sui telegiornali, milioni di persone godersi le vacanze al mare, ma forse, in preda al divertimento e alla spensieratezza, non ci rendiamo conto di un problema enorme. Si stima che circa il 25% dei cittadini non sia servito da un sufficiente livello di depurazione dei propri reflui: tutto ciò ha comportato diverse procedure d’infrazione europee per la mancata o inadeguata depurazione che pesano sulle casse dello Stato per diverse decine di milioni ogni anno. Addirittura circa 340 comuni non possiedono un allaccio fognario e riversano i propri reflui tal quali direttamente nei fiumi e nei torrenti che poi sfociano in mare. Ancora più problematico risulta il problema degli scarichi delle case abusive. Ovviamente la “maglia nera” la indossa il tristemente noto trio Campania-Sicilia-Calabria. Tutto ciò comporta un elevato inquinamento
batterico del mare che in alcuni casi può creare problemi di carattere sanitario, come irritazione cutanea, diarrea e vomito. Il cattivo funzionamento dei depuratori è un problema noto in Italia: quasi nessuno sa che esiste una tecnica di depurazione che ha dei costi minimi di costruzione e manutenzione rispetto ai tradizionali impianti di depurazione, garantisce il completo abbattimento della carica patogena, la possibilità di riutilizzare l’acqua depurata per scopi irrigui, bassissimo consumo di energia elettrica e assenza di apparecchiature elettromeccaniche… questa tecnica si chiama fitodepurazione (constructed wetlands). E’ un sistema di depurazione naturale delle acque reflue domestiche, agricole, industriali, percolati di miniere e discariche ecc. che riproduce il principio di autodepurazione tipico degli ambienti acquatici grazie alle piante che hanno il compito di creare un habitat idoneo alla crescita della flora batterica adesa o dispersa. Le piante più utilizzate sono quelle denominate macrofite (piante superiori) acquatiche. Anche dal punto di vista estetico, è sicuramente più piacevole vedere un’area verde rispetto ad un manufatto in cemento.
Benvenuto Seabin: il cestino mangia rifiuti
Coop Italia e LifeGate installeranno, in 25 località (Pescara, Genova, Brindisi, Milano, Trieste ecc.), all’interno di laghi, mari e fiumi, una specie di bidone sott’acqua, alto un metro e mezzo, funzionante ad energia elettrica capace di recuperare oltre 500kg di rifiuti all’anno, che attira plastiche e rifiuti che galleggiano grazie ad una pompa che li cattura espellendo poi l’acqua filtrata. Questo cestino marittimo si chiama Seabin e ne è stato installato uno a Firenze. Consuma un euro di corrente al giorno e l’installazione costa circa 15-20mila euro. Ogni bidone mangiaplastica filtra 25mila litri di acqua l’ora. La sola manutenzione di cui ha bisogno è quella di svuotare il cestino quando è pieno.
Covid19: da rifiuto sanitario a materiale edile
La grande mole di rifiuti prodotti in campo sanitario, o civile in caso di persone infette, ha portato notevoli difficoltà nel campo della gestione dei rifiuti. Le linee guida pubblicate indicano tali rifiuti col Codice CER 180103* “Rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni”. I civili hanno dovuto conferirli nell’indifferenziato, possibilmente con due sacchetti ben chiusi, per poi essere conferiti direttamente nel termovalorizzatore perché per i rifiuti potenzialmente infetti è vietato lo smaltimento tal quale in discarica. Esistono macchinari, da installare negli ospedali, che con un potere calorifico di oltre 150° oltre alla sterilizzazione diminuiscono del 25% il peso e dell’85% il volume. Il risultato sarà una polverina classificabile come Combustibile Solido Secondario (CSS), da bruciare nei termovalorizzatori oppure nei cementifici. In alcuni Paesi, come ad esempio lo Zimbabwe, tale polverina può essere utilizzata nel campo dell’edilizia.
Il litio: l’oro del nuovo mondo sostenibile
Le riserve globali di litio sono stimate intorno alle 17 milioni di tonnellate: queste riserve si trovano soprattutto in Australia, Argentina, Cile (primo assoluto, con oltre 8 milioni di tonnellate) e Cina. In Europa invece ne sono state individuate piccole quantità in Portogallo. La prima batteria riciclabile agli ioni di litio fu brevettata nel 1977 dal premio Nobel per la chimica Stanley Whittingham. Il litio è l’elemento chiave per favorire lo sviluppo di un’economia sostenibile e per ridurre l’impatto ambientale nei processi industriali. Il litio è utilizzato negli smartphone, nei dispositivi biomedici, in alcuni impianti di climatizzazione, per le batterie delle auto elettriche e per l’immagazzinamento di energia. In Italia la produzione di litio è quasi nulla a causa dei costi e dei lunghi e lenti processi di lavorazione: presente nell’acqua salata, va portata in superficie e fatta evaporare in grandi vasche fino a due anni; infine la soluzione salina che ne deriva va processata ulteriormente finché il litio non sarà pronto per l’utilizzo. In futuro, forse, ci sarà una maggiore estrazione di litio in Italia quando importanti aziende automobilistiche impronteranno la produzione nell’ambito elettrico.
Adriano Pistilli