Principale Economia & Finanza Le Regioni frenano sulla riapertura delle scuole, e molte rinviano

Le Regioni frenano sulla riapertura delle scuole, e molte rinviano

Il governo conferma la data del 7 gennaio, ma  Dal Friuli al Veneto, dalle Marche alla Campania, cresce il fronte del no. E alcuni governatori, come Fedriga e Zaia, firmano le ordinanze per prorogare la didattica a distanza. Il Cts: “Non è importante riaprire, ma tenere aperto”

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© SYSPEO/SIPA / AGF – Scuola, aula al tempo del CovidDal Friuli al Veneto, dalle Marche alla Campania, cresce il fronte del no alla riapertura delle scuole superiori di secondo grado. Mentre il governo conferma, al momento, la riapertura da giovedì 7 gennaio, dal territorio arrivano critiche, e anche ordinanze, per rinviare il ritorno in classe almeno a fine gennaio.

Il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha deciso di prolungare il ricorso alla didattica digitale integrata al 100% per gli istituti superiori fino al 31 gennaio. “Ciò – spiega l’assessore regionale all’Istruzione, Alessia Rosolen – per dare la certezza di tempi alle scuole: non vogliamo ricominciare per poi doverci fermare nuovamente e vogliamo dare garanzia alle scuole per organizzare il loro lavoro fino al 31 gennaio. La scuola ha pronti i piani di rientro a cui hanno lavorato prefetti, dirigenti scolastici, Ufficio scolastico regionale e Amministrazione regionale. In questo momento la nostra responsabilità rispetto a tutta la comunità regionale è di ridurre al minimo tutte le possibilità di esplosione dei dati”.

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha già firmato un’ordinanza: “Non ci sembra prudente lasciare aperte le scuole superiori quindi proroghiamo la didattica a distanza fino a tutto gennaio – ha spiegato nel corso di un punto stampa alla sede della Protezione civile di Marghera (Venezia) – Noi tifiamo per la scuola in presenza ma abbiamo l’obbligo di valutare la situazione”.

“Stiamo pensando che sia giusto evitare la riapertura delle scuole in presenza dal giorno 7, con il rischio di vedere aumentare i contagi”, afferma il vicepresidente della Regione Marche, Mirco Carloni, parlando con i giornalisti a margine della presentazione dello stato dell’economia del Pesarese curato dalla Cna provinciale. Per il numero due di Palazzo Raffaello, “è evidente che la positività più alta sia tra i giovani dai 10 ai 19 anni, asintomatici, ma vettori di contagio, anche in relazione della variante inglese. Stiamo lavorando perché le Marche restino nella fascia gialla e pensiamo che le lezioni per gli studenti delle scuole superiori debbano continuare a distanza. La valutazione definitiva la farà il presidente Acquaroli”.

Si torna in aula, in presenza, in Campania dall’11 di gennaio. L’Unità di Crisi della Regione, dopo una analisi dei dati epidemiologici, ha firmato la relazione che confluirà in un’ordinanza nella quale saranno date disposizioni perché da lunedì 11 gennaio possano tornare in classe gli alunni della scuola dell’infanzia e delle prime due classi della scuola primaria, “esattamente com’era prima della chiusura delle scuole per la pausa natalizia”, puntualizza una nota. A partire dal 18 gennaio, poi, “sarà valutata dal punto di vista epidemiologico generale la possibilità del ritorno in presenza per l’intera scuola primaria, e successivamente, dal 25 gennaio, per la secondaria di primo e secondo grado”.

“E’ chiaro che siamo per il ritorno della didattica in presenza, ma la nostra non è una posizione ideologica. E’ una posizione che deve tener conto dello stato della curva epidemica. Quindi, nel momento in cui le autorità sanitarie facciano presente che è preferibile mantenere la didattica a distanza, dobbiamo forzatamente adempiere a questa richiesta”, dice il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, in un’intervista a Rainwes24 sulla ripresa del 7 gennaio. “E’ evidente che ci sono già due regioni come la Liguria e il Veneto, che pensano di differire il ritorno in presenza degli studenti delle superiori. Immagino – osserva Giannelli – che abbiano delle buone ragioni. Non posso pensare nulla di diverso”.

Secondo il segretario del Comitato tecnico scientifico Fabio Ciciliano, la cosa più importante “non è tanto riaprire le scuole ma cercare di tenerle aperte. Rischiare di riaprire le scuole e doverle poi richiudere tra una decina di giorni o tra due settimane. È una cosa – ha detto in un’intervista InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei – che il Paese non si può permettere, perché sarebbe la testimonianza provata del fatto che i numeri stanno nuovamente aumentando”.

Per il governo, alla trasmissione Agorà su Rai 3, ha parlato la viceministra dell’Istruzione, Anna Ascani: “Giorno per giorno seguiamo l’andamento della pandemia, però per noi in questo momento la scuola è una priorità. Lo è per i più piccoli che siamo riusciti a tenere a scuola, e questo è importantissimo ma lo è anche per quella fascia dei ragazzi delle scuole superiori che si aspettano una risposta. Naturalmente tutto questo lo si fa tenendo conto di quello che accade a livelli di contagi. Abbiamo lavorato senza sosta in questi giorni – ha proseguito la viceministra – e devo dire grazie ai prefetti e agli enti locali, per avere modelli differenziati a livello territoriali, perché L’Italia non è tutta uguale e tornare a scuola in una grande città come Roma non è come farlo nella mia Città di Castello e quindi servono modelli diversi. Se l’evoluzione della pandemia ci porterà da un’altra parte naturalmente riapriremo la discussione. Quello che non capisco però –  ha concluso – è che da un lato si chiede di riaprire gli impianti sportivi e sciistici e dall’altro si chiede di rallentare sulla scuola. Se decidiamo che bisogna dare una stretta, perché la pandemia non ci consente di fare un passo avanti, bisogna farlo in modo coerente”.

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