Principale Politica Verso nuove elezioni come niente fosse?

Verso nuove elezioni come niente fosse?

Telegraficamente: concordiamo con le posizioni espresse dal segretario generale della CGIL, Mauro Landini: crisi degna di un premio Nobel al rovescio, «perché ci sono cose più importanti che non il destino politico individuale di ogni singola persona».

di Andrea Ermano

Alla vigilia di Natale avevamo denunciato la presenza di pulsioni plurisuicide all’interno della coalizione di centro-sinistra nel nostro Paese. Ebbene, eccoci qua ad assistere a una partita di poker opaca e lunghissima, fatta di mille azzardi, bluff e così via.

Lo sappiamo tutti che questa maggioranza si era formata per tre ragioni: 1) contro la catastrofica prospettiva dei “pieni poteri” salviniani; 2) per ripristinare un livello minimo di cultura di governo dopo gli sbreghi fiscali, diplomatici, xenofobici ecc. ecc.; 3) per mettere in sicurezza il Quirinale dalle mene sovraniste di Trumputin.

A ciò s’è aggiunta una quarta ragione, ancor più forte: l’emergenza pandemica, tutt’ora in corso, con un bilancio pesantissimo di morti che in Italia ha superato le 85mila unità, a fronte di situazioni non meno terribili in altri grandi paesi europei simili al nostro per popolazione, come il Regno Unito, dove si contano a oggi oltre 100mila decessi; o la Francia, dove questa cifra si attesta al di sopra delle 73mila unità.

Ma c’è una quinta ragione che si aggiunge alle quattro elencate: la doverosa necessità di presentare un Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Si concretizzato, infatti, uno speciale atto di solidarietà da parte dell’Unione Europea nei riguardi dell’Italia, di questa Italia, a favore della quale sono stati ripartiti oltre 200 miliardi di euro nel quadro del fondo Next Generation EU, approvato dal Consiglio europeo al fine di sostenere gli Stati membri colpiti dalla pandemia.

Sarebbe indifendibile se questa nostra Italia si consegnasse ora ugualmente ai sovranisti, i quali per altro hanno già dichiarato di poco sapere che farsene, dei prestiti agevolati europei (così Salvini in una recente intervista rilasciata a Giovanni Floris).

Se malauguratamente questa resa alle destre avvenisse, la reputazione del nostro Paese cadrebbe a un bassissimo livello.

Ma più e prima ancora di ogni reputazione il centro-sinistra italiano, ancora potenzialmente maggioranza di governo, ha una precisa responsabilità nei confronti di tutte le persone che vivono nel nostro Paese e che attendono con urgenza l’attivazione del Next Generation EU per poter sperare in un rilancio sul piano sociale, economico e civile dopo il trauma pandemico.

Una classe dirigente – alla quale anche solo per una sfortunata combinazione del caso capitasse di dover anticipare le elezioni quando invece occorre governare un drammatico tornante della storia nazionale – autocertificherebbe con evidenza la propria indegnità, con effetti potenzialmente temibili per sé e per tutti.

I due duellanti di questa pazzesca crisi devono mettersi d’accordo o ritirarsi a vita privata. E forse, a questo punto, meglio sarebbe se entrambi i duellanti facessero entrambe le cose. Perché – se hanno certamente dato entrambi un loro contributo alla costruzione della maggioranza giallo-rossa e di un ripristino delle buone relazioni con l’UE – adesso basta e grazie.

Ai “padri nobili” di questa immane delusione seguita dopo la caduta della Prima Repubblica converrebbe prendere nettamente posizione affinché il Paese ritrovi presto una guida.

Si dirà che sul piano demoscopico i due duellanti sono l’uomo più popolare e l’uomo più impopolare d’Italia. Il che probabilmente è vero, ma conta poco e nulla. Perché si tratta di popolarità/impopolarità sui generis. Entrambi i duellanti, infatti, appartengono all’oggi. E oggi l’intera classe dirigente viene considerata molto, ma davvero molto, inferiore per qualità a confronto con la classe dirigente della Prima Repubblica.

I partiti storici, dotati di cultura politica, si sarebbero seduti intorno a un tavolo e avrebbero individuato una soluzione praticabile.

Mai e poi mai – a Sandro Pertini, Aldo Moro, Bettino Craxi, Luigi Berlinguer, Ugo La Malfa o a Giovanni Spadolini – sarebbe saltato in mente di fuggire di fronte alle proprie responsabilità in una situazione come quella che sta sotto gli occhi di tutti.

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