Se sei il Bari, a prescindere dalla categoria dove si milita, non esistono gare spartiacque. No. E se ci si chiama Bari ogni gara deve essere affrontata con la consapevolezza di vincere senza tanti problemi, anche se nella formazione titolare manca mezza squadra anche se di spessore, se poi l’avversario è, sulla carta, superabile allora ci si aspetta solo un risultato: la vittoria. Altrimenti non sei una grande squadra, non sei una “corazzata” come qualcuno, azzardatamente, l’ha definita questa estate (in verità l’hanno definita anche lo scorso anno), sei una squadretta come tante, e allora meriti di annaspare nella mediocrità. Squadra “forte” a prescindere dalle avversità doveva essere contro la Cavese, così doveva essere oggi contro una “tranquilla” Viterbese che rievoca brutti fantasmi essendo la seconda squadra, con la Ternana, ad aver espugnato il San Nicola in due anni, e con la quale si è perso un’altra volta.
Ma questo Bari malconcio, reduce da un inutile mini ritiro infrasettimanale per tentare di “ritrovare l’alba dentro l”imbrunire”, però, aveva bisogno di una iniezione di fiducia, un sussulto di dignità che potesse essere, in attesa di tempi migliori, una medicina per il male cronico che lo affligge da sempre, quel malanno tipico di chi non entra in campo dando l’anima, gettando il sangue, senza dimenticare il malanno per il quale non è mai scattata la giusta scintilla di passione coi tifosi, sia all’inizio quando ha vinto senza convincere, sia oggi quando annaspa. Una squadra non ancora diventata “squadra” e chissà quando – e se – lo diventerà. Ed invece oggi, nonostante qualche buon sprazzo di gioco e qualche occasione, si è toccato il fondo. Credevano che lo avesse toccato contro la Cavese, invece ci sbagliavamo.
Oggi il Bari privo di Antenucci, Rolando e Di Cesare, oltre ai soliti infortunati Andreoni e Cianci (e Lollo squalificato), aveva solo un obbiettivo: reagire, uscire fuori il sacro furore, la dignità che pian piano si sta perdendo, il cuore tipico di chi è in difficoltà tecnica e psicologica, e si sa che proprio in caso come questi si deve uscire l’orgoglio, insomma per dirla alla Battiato, è “proprio in questi casi che si intravede l’infinito”. Ma anche Battiato, con tutto il rispetto, è andato a farsi benedire.
Un Bari più volenteroso rispetto a quello visto contro la Cavese ma di scarsa qualità che non è quasi mai risuscito ad impensierire la difesa laziale, una squadra già penalizzata dall’assenza di parecchi giocatori che non è riuscita mai ad esprimere un gioco decente. Un Bari che alla fine, come capita nei periodi negativi, ha preso gol nell’unica occasione in cui la Viterbese ha tirato in porta che torna a casa con due punti in più rispetto a quelli auspicati, naturalmente con responsabilità della retroguardia barese.
Ora il Bari riposa e al 99% per cento Auteri è al capolinea. Capiremo nelle prossime ore gli sviluppi. Certo fa specie sapere come questa squadra abbia vinto senza problemi all’andata a Viterbo e poi ha perso in questa maniera oggi. Va bene che mancavano giocatori, ma non crediamo sia un alibi anche perché la “malattia” è recidiva, si è perso e giocato male anche con i titolari in campo. Occorre capire questi passi indietro, occorre capire come abbia potuto una quadra poco assemblata con tante facce nuove vincere le prime tre trasferte ad inizio torneo senza problemi, ed oggi perdere con la Viterbese per la seconda volta consecutiva a Bari. Ora bisogna guardarsi alle spalle con l’Avellino che incalza.
Bisogna cambiare il tecnico per cercare di trovare un minimo di entusiasmo, ma non perché le colpe siano tutte sue, ma perché occorre una scossa.
Cosa sta succedendo? Perché la stagione all’improvviso ha preso questa piega? Forse la squadra stava meglio quando non si conoscevano, quando non c’era la coesione, oggi che, teoricamente, dovrebbero essere più assembrati, la squadra non c’è. Incredibile ma è così. Il Bari non c’è più, sta facendo il campionato del gambero, e l’Avellino, se non si cambia marcia, tra un po’ è facile che lo supererà.
Il mercato di gennaio ha dato un segnale stranissimo che non ci aspettavamo. Fermo restando che viviamo un periodo particolare economico con tante spese e zero introiti, alla fine bisogna capire perché si è preferito rimanere con soli 22 giocatori, prendere tre soli giocatori in prestito, cosa è servito sbandierare che a gennaio si sarebbe intervenuti sul mercato con qualche milione sulla bilancia, mentre oggi ci si ritrova con due giovani della Berretti in panchina ma non per farli giocare ma per fare quorum, incredibile ma è così.
Adesso bisogna cercare con lucidità di raddrizzare la stagione e non renderla un calvario anche perché siamo ancora secondi nel girone e dobbiamo badare a salvare la posizione.
La colpa crediamo non sia solo dell’allenatore ma sia di un ambiente mai compassato. E’ come se ogni componente societario sia andato per i fatti propri. Il rischio del cambio di allenatore possa non bastare. Bisogna cercare le cause ed intervenire in società perché i tifosi meritano risposte convincenti.
Intanto, forse, una macumba o un esorcismo diventano inevitabili così da cacciar via la sfiga. Anche se forse non basterà.