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Ex Ilva di Taranto, il Tar ordina lo stop agli impianti: “Pericolo urgente per la salute dei cittadini”

Per i giudici amministratvi di Lecce «probabile il rischio di ripetizione di fenomeni emissivi in qualche modo fuori controllo e sempre più frequenti».

Il Tar di Lecce, prima sezione, si pronuncia sull’ordinanza di mesi addietro  del Comune di Taranto sulle emissioni inquinanti di ArcelorMittal, ex Ilva, e stabilisce 60 giorni dalla pubblicazione della sentenza, avvenuta oggi, perché gli impianti siderurgici siano spenti. Con la stessa sentenza, il Tar condanna al rimborso delle spese verso Comune Taranto, Arpa Puglia e Codacons, sia ArcelorMittal, gestore della fabbrica, che Ilva in amministrazione straordinaria, proprietaria, e  ne respinge i ricorsi. Estromesso dal giudizio anche ministero dell’Interno e Prefettura di Taranto  per difetto di legittimazione passiva.

Il Tar di Lecce ha pubblicato la sentenza relativa all’ordinanza del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, che mesi addietro aveva disposto che ArcelorMittal Italia e Ilva in amministrazione straordinaria individuassero entro 30 giorni dalla stessa ordinanza le fonti inquinanti del siderurgico rimuovendole. La stessa ordinanza stabiliva che, in difetto di adempimento, gestore e proprietario avrebbero dovuto spegnere gli impianti.

Il Tar ha stabilito che «il termine assegnato nella misura di giorni 60 (sessanta) per il completamento delle operazioni di spegnimento dell’area a caldo, nei termini e nei modi esattamente indicati nella stessa ordinanza sindacale impugnata, deve ritenersi decorrere ex novo dalla data di pubblicazione della presente sentenza, in quanto medio tempore sospeso per effetto della sospensione cautelare dell’efficacia del provvedimento contingibile e urgente».

Per il Tar di Lecce, «deve pertanto ritenersi pienamente sussistente la situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini, connessa dal probabile rischio di ripetizione di fenomeni emissivi in qualche modo fuori controllo e sempre più frequenti, forse anche in ragione della vetustà degli impianti tecnologici di produzione».

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