Principale Ambiente & Salute “Ambiente svenduto”, Legambiente: disastro ambientale Ilva è l’11 settembre di Taranto”

“Ambiente svenduto”, Legambiente: disastro ambientale Ilva è l’11 settembre di Taranto”

Nel processo relativo all’ex Ilva sono intervenuti  per Legambiente, costituitasi parte civile, gli avvocati Eligio Curci e Ludovica Coda sottolineando che “il disastro ambientale dell’Ilva è l’11 settembre di Taranto“.

“Non è un modo di dire, né un paragone azzardato con l’attacco alle Torri Gemelle di New York che l’11 settembre del 2001 sconvolse gli Stati Uniti e l’occidente. Proprio quell’11 settembre, ormai quasi 20 anni fa, divenne di dominio pubblico l’inchiesta della Procura di Taranto sullo stabilimento siderurgico Ilva allora gestito dalla famiglia Riva e fu eseguito il sequestro preventivo delle batterie 3-6 del reparto cokerie” hanno ricordato i due avvocati rimarcando che “I dati raccolti a suo tempo dal Dipartimento di Prevenzione dell’Asl, erano davvero allarmanti. La Regione Puglia, il Comune e la Provincia di Taranto e il Comune di Statte, però, rinunciarono a costituirsi parte civile in virtù dell’atto di intesa siglato a Bari il 15 dicembre del 2004 mentre Legambiente tenne il punto e si costituì in giudizio nei confronti di proprietari e dirigenti della fabbrica, ottenendo in giudizio il risarcimento danni. Quell’11 settembre del 2001 suonò un campanello d’allarme che purtroppo in pochi sentirono”.
«Non può non rilevarsi con grande amarezza – scrisse il giudice per le indagini preliminari Patrizia Todisco nell’ordinanza del settembre del 2012 – gli interventi proposti da Ilva nell’attuale istanza siano esattamente quelli facenti parte di due atti di intesa adottati tra Ilva, Regione Puglia, Provincia di Taranto, Comune di Taranto, Comune di Statte e organizzazioni sindacali siglati l’8 gennaio del 2003 e il 27 febbraio del 2004 e molti di essi dovevano già essere realizzati da diversi anni. Evidentemente la colossale presa in giro degli atti di intesa era un sistema ben rodato».
Gli avvocati Coda e Curci hanno poi evidenziato come “Legambiente sia sempre stata da una sola parte, quella dei tarantini, del loro ambiente, della loro città. L’associazione, già nel 2010 in occasione della prima AIA 2011 e poi ancora nella primavera del 2012 suggerì 26 punti irrinunciabili per la revisione dell’Autorizzazione integrata ambientale all’Ilva, formalmente riaperta dopo gli esiti delle perizie disposte dalla Magistratura sulle emissioni inquinanti, proponendo misure rigide, chiare ed urgenti”.
<<La prima procedura per l’Autorizzazione integrata ambientale – affermò l’allora e attuale presidente di Legambiente Taranto, Lunetta Franco nel corso di una conferenza stampa tenutasi nel marzo del 2012 – è stata scandalosa e il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, che avrebbe dovuto fare il suo mestiere, in realtà, sembrava il ministro dell’Industria. Bisogna fare in modo che non si allunghino i tempi e che la nuova autorizzazione non esca annacquata>>.
Le principali misure indicate allora da Legambiente in larga parte ancora non sono state attuate. Perché, come ha ampiamente sostenuto la pubblica accusa nel corso della requisitoria, c’è un punto importante che caratterizza il comportamento degli odierni imputati e più in generale quello di tutti coloro i quali hanno svolto un ruolo nella vicenda Ilva, ovvero l’intensità del dolo, o piena consapevolezza che dir si voglia, di quello che ci voleva per evitare il disastro ambientale e di quello che invece non è stato fatto” hanno messo in risalto Eligio Curci e Ludovica Coda.
Nel procedimento penale Legambiente ha reiterato la sua costituzione di parte civile nei confronti delle società Ilva in A.S., Riva Fire e Riva Forni Elettrici.
“Alla luce delle risultanze dibattimentali – in particolare delle verifiche svolte dal custode giudiziale Dott.ssa Barbara Valenzano- è emersa la totale assenza di un modello di organizzazione e gestione da parte delle società predette” hanno sostenuto i due legali “Ilva S.p.A, Riva FIRE S.p.A, Riva Forni Elettrici S.p.A., mediante l’utilizzo di una politica aziendale spregiudicata, “volutamente” tollerante e pienamente consapevole del mancato rispetto della normativa ambientale, si sono rese responsabili in proprio e direttamente nei confronti del territorio tarantino, letteralmente avvelenato dai miasmi dello stabilimento. Tale atteggiamento sociale ha comportato inquantificabili risparmi economici per le società e dunque un vantaggio patrimoniale ingentissimo, come inquantificabili sono le dirette conseguenze negative sulla fauna e sulla flora locali.”
Nelle loro conclusioni gli avvocati Eligio Curci e Ludovica Coda hanno quindi evidenziato che Legambiente si associa integralmente alle richieste della Procura di Taranto.

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