L’altro giorno, sul social, nel mostrare i rifiuti gettati intorno alle isole informatizzate in una via del Borgo di Taranto, il presidente di Kyma Ambiente mi ha scritto “è sconcerto dei primi giorni.” Insomma la cura c’è e deve fare effetto, ci vogliono giorni per assuefarsi al nuovo. E che sia nuovo impegno si vede. Un dipendente di Kyma Ambiente, conoscendo il mio attento spirito di osservazione da esperto, mi chiede se sono d’accordo sulle isole informatizzate del borgo che sono comunque cassonetti.
Gli ho risposto che va bene cosi. Ogni sistema di raccolta differenziata deve tener conto delle conformazioni urbanistiche e nel borgo- città vecchia di Taranto è il cassonetto dedicato che ci vuole. Poi la campagna di comunicazione social e video del presidente Avv. Giampiero Mancarelli è davvero efficace, come si può vedere dal suo diario facebook, utilizzo di volontari accanto ai cassonetti, un impegno in prima persona davvero lodevole, come si può notare dall’immagine presa dal suo diario e che abbiamo messo in evidenza
L’unica cosa che manca, forse, è una campagna vera su “Separati in casa” come immagino i rifiuti domestici. Perché se non parte da lì, la raccolta a cassonetto sarà un disastro. Nelle migliori performance non si supera il 40% di RD. Il ruolo della stampa può essere utile ad informare. In tutti i progetti vincenti i facilitatori vanno casa per casa.
E per vincere in casa, e questo lo dico a ragion veduta, bisogna separare bene la parte umida, l’organico, che è un buon terzo dei rifiuti, in qualche caso anche di più. Se si separa bene c’è anche la scomparsa della puzza. Non ci credete? Occorre provare. Attenzione però, la parte umida dei rifiuti, anche se chiusa in una busta di bio-plastica non va messa in un bidone chiuso. Non funziona così. La puzza deriva dalla morte dei batteri utili alla degradazione degli elementi che cominciano già nel bidoncino il principio della trasformazione e, dal momento che non hanno ossigeno inizia la putrefazione e la marcescenza.
Io da tempo ho suggerito, e lo feci in un breve periodo di consulenza alla vecchia Amiu, di usare un contenitore traforato, come quello che uso io. Immagino che 4 mila famiglie di Taranto ancora ce l’hanno. Noterete, usando questi bidoncini che il rifiuto ha un odore complesso, ma non è sgradevole, non è puzza. Risolto questo problema diventa una passeggiata fare il resto. Scatolette, barattoli, piatti e bicchieri di plastica vanno sciacquati senza insistenza e messi sul lavello ad asciugare, prima di metterli nel multi materiale. E il gioco è fatto. Ma siamo negli imballaggi. Che è il circuito Conai della raccolta differenziata.
Per una volta tanto non voglio parlare da esperto, ma da semplice cittadino, voglio partire dalla sora Maria, di una qualsiasi città del Bel Paese che si trovi di fronte al classico dilemma: lo scolapasta di plastica va nella differenziata o nella spazzatura tal quale?
Questa fantastica domanda l’ho ascoltata in un convegno pubblico, fatta proprio da una garbata signora. Gli esperti di raccolta differenziata non hanno alcuno dubbio o scarsa pietà per i polimeri della plastica; alfieri della filiera dell’imballaggio diranno senza tema: spazzatura indifferenziata!
E cosi sedie, tavoli usati nelle uscite fuori porta, ceste della frutta, mobili… seguiranno la strada dell’inceneritore e della discarica; come nel vetro, la cui pubblicità è chiara: bottiglia e vasetto, riciclo perfetto, non c’è dubbio: siamo condannati e imballati nell’imballaggio, è quanto mai pertinente il bisticcio di parole.
Per tornare alla domanda della sora Maria, se dunque la risposta la dovrà fornire il servizio pubblico di raccolta differenziata e sarà spazzatura o tal quale, perché dal ”porta a porta” sotto casa si raccoglie solo l’imballaggio.
La storia dell’imballaggio, peculiarità italiana, o eccellenza come viene scritto nel sito del Conai, è legata alla tassa che pagano i produttori di imballaggi, dalla quale tassa si sostiene tutto il sistema di incentivi che finiscono nelle casse comunali. Quindi se tanto mi dà tanto, la ragionevole prassi della raccolta differenziata parla di imballaggi, ovvero tutti quei contenitori colorati che trovate nel supermercato o nella bottega del signor Giovanni sotto casa.
Solo per la carta oltre al cartone si prevede anche il macero, ma questo per una tradizione secolare di raccolta dei cartonai, ma anche per una diversa organizzazione della filiera Comieco che prevede una raccolta disgiunta dal cartone di tutto il materiale cellulosico che va nella cartiera che, attraverso un accordo con Assocarta, si convenziona con il Comune o l’azienda che gestisce il centro di selezione dei materiali proventi dalla raccolta differenziata.
E tutto ciò che non è imballaggio? Pensiamo al computer che abbiamo comprato, la confezione di cartone è imballaggio, cosi come la plastica che avvolge i singoli componenti e il polistirolo inserito per la sicurezza durante il trasporto. Lo stesso computer dopo anni potrebbe diventare rifiuto e un segno di cassonetto sbarrato – riportato nella scheda-manuale dell’apparato informatico – ci dice in modo esplicito che non si possono buttare. In verità ho la soffitta piena di cianfrusaglie elettroniche; ma è davvero impossibile disfarsene? In un piccolo manuale di sopravvivenza ho scritto cosa è avvenuto o deve ancora avvenire in Italia, soprattutto al Sud, per quanto riguarda i Centri di Raccolta che ancora qualcuno, anche tra gli amministratori pubblici confonde con le isole ecologiche, più o meno grandi. Ma la domanda che facciamo noi insieme alla Sora Maria, che è rimasta con lo scolapasta in mano, i centri di raccolta che raccolgono? In una prossima puntata ne parleremo.
Roberto De Giorgi Corriere di Puglia e Lucania