Ha fatto discutere in città l’accoglimento, da parte del Consiglio di Stato, del ricorso di ArcelorMittal e dei commissari ex Ilva per la sospensiva – sino alla sentenza dell’11 maggio – dell’ordinanza del Tar di Lecce che ordinava la chiusura dell’area a caldo dello stabilimento siderurgico di Taranto.
Con quella sentenza, che dava ragione al sindaco di Taranto, Melucci, sostenendo il suo provvedimento secondo cui ArcelorMittal Italia e Ilva in amministrazione straordinaria avrebbero dovuto individuare entro 30 giorni dall’ordinanza le fonti inquinanti del siderurgico, rimuovendole. La stessa ordinanza stabiliva che, in difetto di adempimento, gestore e proprietario avrebbero dovuto spegnere gli impianti nei successivi 30 giorni.
“Lo considero un atto dovuto – ha sostenuto il presidente delle Acli provinciali di Taranto, l’avvocato Giuseppe Mastrocinque. Una decisione diversa avrebbe significato rendere inutile la discussione in seno al Consiglio di Stato: sappiamo bene che un’acciaieria non si può accendere e spegnere come fosse il forno di un panificio!
Le Acli non contestano mai le sentenze dei tribunali, anche quando intimamente possono auspicarsi un giudizio diverso.
In tutta onestà, non ci aspettavamo una disposizione diversa: giammai per pessimismo, ma esclusivamente per questioni legate alla logica. Diverso sarà il discorso – ha rimarcato il presidente Mastrocinque – legato alla sentenza definitiva del Consiglio di Stato fissata per l’11 maggio: lì ci aspettiamo che il diritto alla vita e alla salute dei cittadini e dei lavoratori tarantini, anche e soprattutto del siderurgico, sia tenuto in massima considerazione.
Ci preme sottolineare, a questo proposito, le parole dei giudici che non lasciano spazio a fraintendimenti: «Con riferimento al rapporto tra attività produttiva e tutela della salute, si è già evidenziato – ha affermato il Tar di Lecce – che i limiti di compatibilità che devono regolare il bilanciamento degli interessi antagonisti, così come delineati dal Giudice delle leggi nella sentenza Corte Costituzionale 85/2013, risulta macroscopicamente violato in danno della salute dei cittadini…»; e poi che esiste «piena sussistenza del presupposto grave pericolo per la salute e per la vita dei cittadini, che nel caso della città di Taranto deve ritenersi immanente e permanente».
È il momento del coraggio: siamo una collettività che è maturata tanto in questi anni di lotta e di rivendicazione del diritto alla cittadinanza, che viene quotidianamente negato non potendo andare a scuola, solo per fare un esempio, nei wind days o non potendo utilizzare i giardinetti pubblici, per la contaminazione dei terreni.
Attorno al desiderio di vivere in un ambiente compatibile con la vita – ha concluso il presidente delle Acli provinciali di Taranto – si è coagulato un sentimento nuovo: collaborativo, vitale e desideroso di protagonismo nei processi di sviluppo in ottica realmente green”.