Di Daniela Piesco Vice Direttore www.progetto-radici.it
Nel 2014 fu straziante la foto, che in poco tempo diventò virale, di un bambino di soli 4 anni che attraversava, da solo, il confine che dalla Siria lo avrebbe portato in Giordania. Gli unici averi che portava con sé, in una borsa di plastica, erano i vestiti della madre e della sorella, uccise in Siria. Era l’ultimo di una lunga fila, rimasto indietro perché più lento rispetto agli adulti che lo precedevano.
Dopo 10 anni di guerra in Siria circa 13 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria. Edifici e infrastrutture civili, compresi gli ospedali, sono stati attaccati ancora nel 2020. Migliaia di persone sono state uccise o ferite e centinaia di migliaia costrette a lasciare le loro case, facendo conquistare alla Siria il triste primato di paese con la più grande popolazione di sfollati interni al mondo, oltre 6 milioni. Oggi la crisi economica e la pandemia stanno ulteriormente deteriorando la situazione. Ancora oggi, si denunciano le preoccupanti condizioni della popolazione siriana e soprattutto si chiede alla comunità internazionale di aumentare la fornitura di aiuti umanitari, drammaticamente necessari per la sopravvivenza di milioni di persone.
Facciamo qualche passo indietro.
Nel 2011: le proteste si trasformarono in conflitto armato, un gran numero di siriani scese in piazza per chiedere riforme democratiche. La rivolta si evolse ben presto e rapidamente si trasformó in conflitto, i siriani iniziarono a lasciare le città per raggiungere zone diverse del Paese o per fuggire nei Paesi limitrofi. Solo in Siria si vedevano, attraverso i notiziari dell’epoca ambulanze a quattro posti o sale operatorie sotterranee sotto un filare di meli in aperta campagna .
Nel 2012 ci fu la guerra vera e propria. In quegli anni il conflitto si intensificó e si trasformó in una guerra vera e propria, il numero di morti e feriti aumentó drasticamente in tutto il Paese. Si aprirono ospedali nel nord della Siria in luoghi non convenzionali, tra cui ville, allevamenti di polli, scuole e scantinati, dopo la distruzione di numerose strutture sanitarie nel corso del conflitto. In questi ospedali, si fornirono cure mediche di emergenza traumatologiche e chirurgia di guerra. Con l’aumento dei rifugiati siriani nei Paesi limitrofi, si intensificarono le attività di pronto intervento in luoghi come la valle della Bekaa in Libano e i campi allestiti a Domeez, nel Kurdistan iracheno.
Nel 2013 i bisogni dei siriani aumentarono: oramai erano esposti non solo a livelli elevati di violenza, ma anche alle conseguenze dirette di un sistema sanitario deteriorato. Ci furono casi di morbillo tra i bambini di Aleppo e di poliomielite. A poco servirono le campagne di vaccinazione di massa nel nord-est della Siria. Si ispessirono i combattimenti nel sud della Siria che ebbero come conseguenza il grave esodo di centinaia di migliaia di siriani e le nazioni vicine furono costrette a far fronte a un afflusso continuo di rifugiati. Alla fine del 2013, circa 1,5 milioni di siriani erano rifugiati. Non si puó dimenticare la sofferenza della popolazione civile durante i bombardamenti e il numero di feriti che quotidianamente aumentavano , venivano sterminate intere famiglie, donne, bambini. Non potevano assistersi le donne durante il parto in una situazione dove anche il diritto a partorire in modo sicuro era negato, come accade in molte zone afflitte dai combattimenti .
Nel 2014 la guerra siriana diventa sempre più sanguinosa: secondo una stima dell’ONU, le persone sfollate internamente furono 6,5 milioni, mentre quelle fuggite dalla Siria più di 3 milioni. La violenza, l’insicurezza, l’inasprimento degli assedi, l’aumento dei bombardamenti e gli attacchi alle strutture e agli operatori sanitari costituirono lo scenario normale dal nord-ovestal sud-est della Siria. L’anno successivo aumentano enormemente gli sfollati :nel 2015, il numero dei rifugiati siriani fuggiti dal Paese verso gli stati confinanti superó la soglia dei 4 milioni. A migliaia tentarono la pericolosa traversata del Mediterraneo, mentre altri sei milioni di persone risultavano sfollate all’interno della Siria. Il conflitto fu la causa della più grande crisi di sfollati dalla Seconda guerra mondiale. Ma Il 2015 si caratterizzó anche perché fu particolarmente violento a causa degli attacchi chimici. Almeno 1,5 milioni di persone rimasero intrappolate in aree assediate senza accesso ad aiuti umanitari, assistenza sanitaria o evacuazione medica.
Nel 2016 praticamente la popolazione era intrappolata : le tattiche di assedio, gli attacchi e i bombardamenti intensificati resero ancora più grave la crisi umanitaria all’interno del Paese. L’accesso al cibo e ai servizi sanitari era difficile se non impossibile per molte persone, specialmente per quelle che vivevano in luoghi sotto assedio. A dicembre il governo siriano riprese Aleppo Est, il luogo dove si commise ogni sorta di atrocità.Fu guerra d’assedio. Vennero distrutti ospedali, con bombardamenti indiscriminati e un totale disprezzo delle regole della guerra. Nel frattempo, più Paesi confinanti con la Siria chiusero i confini ai rifugiati. Dopo un’importante offensiva militare su Raqqa, il gruppo dello stato islamico perse il controllo su vaste aree nel nord-est a favore delle forze democratiche siriane sostenute dagli Stati Uniti nel 2017
A seguito dell’accentuata offensiva, centinaia furono i feriti di guerra tra cui ,quelli, feriti gravemente da trappole esplosive e da ordigni inesplosi lasciate nelle case distrutte. Nel frattempo, nel sud del paese, il governo siriano inizió a riconquistare territori nelle province di Dara’, Quneitra e Suwayda. Questi mutamenti nelle dinamiche e nell’equilibrio di potere provocano l’interruzione delle attività delle strutture mediche .
Il 2018 si caratterizzó per ondate promiscue di sfollati e di chi invece operava il ritorno:gli intensi combattimenti diedero origine a nuove ondate di sfollati a nord-ovest della Siria. Nel frattempo, nel nord-est, la gente faceva ritorno in città distrutte o piene di trappole esplosive e mine antipersona. Tra febbraio e aprile a Ghouta Est, nella periferia di Damasco, avvenne uno dei bombardamenti più pesanti dall’inizio della guerra. Molte strutture sanitarie furono colpite e circa 2.000 persone rimasero uccise durante l’offensiva, che si concluse con il controllo del sobborgo da parte del governo siriano. Molte città, come Dara’, Ghouta Est, Hama e Homs, non avevano più nessuna assistenza medica nel nord del Paese.
Siria, autunno 2017 e poi ancora primavera 2018: colpi di pistola, esplosioni, mine. Ricordo in particolare la notizia di una ragazza di 20 anni, trasportata da Raqqa, ferita all’addome, al torace, incinta di sette mesi. Il bimbo morto per lo scoppio. ‘Potrò avere un’altro figlio?’, la sua domanda, la sua speranza, la stessa di una Siria che nonostante tutto voleva ricominciare a vivere.
Veniamo agli anni nostri.
Nel 2019 il conflitto prosegue, interessando principalmente il nord della Siria. Centinaia di migliaia di persone sono sfollate a seguito di un’offensiva lanciata dalle forze governative siriane e dai loro alleati, in particolare la Russia, nella provincia di Idlib, l’ultima roccaforte dell’opposizione. La maggior parte dei nuovi sfollati si dirige verso zone dove non sono disponibili acqua potabile o cure mediche. Nel nord-est della Siria, al campo di Al-Hol sopraggiunge un rapido afflusso di oltre 60.000 sfollati, la maggior parte dei quali proveniente dalle ultime roccaforti del gruppo IS del governatorato di Deir Ez-Zor. Nello stesso anno, l’esercito turco, insieme ai gruppi armati alleati di opposizione siriana, lancia l’operazione “Sorgente di pace“, che mira a liberare le unità di protezione del popolo curdo da una striscia di terra lunga 30 km e larga 440 km lungo il confine turco.
Oltre a continui conflitti e sfollamenti, nel 2019 la Siria soffre la peggiore crisi economica degli ultimi anni e la sterlina siriana raggiunge il minimo storico sul mercato nero, rendendo la vita delle persone ancora più difficile.
La cosa più difficile è stata fare i conti con la mia impotenza: l’impossibilità di fare qualcosa in quel preciso istante. Se un ospedale viene bombardato ,tu ,non puoi fare niente.
Poco dopo il governo ha ripreso il controllo di quelle terre prima controllate dalle forze opposte. Qualcuno è fuggito, altri forse sono stati arrestati
Il 2020 inizia con la prosecuzione di una grande offensiva militare nel nord-ovest del Paese, che provoca lo sfollamento di circa 1 milione di persone. La pandemia di Covid-19 peggiora ulteriormente la situazione sanitaria già precaria. La malattia raggiunge Idlib, con la conferma del primo caso il 9 luglio. I primi casi di Covid-19 si verificano tra i medici accrescendo la preoccupazione dal momento che anche prima della pandemia le risorse erano già limitate. Nel frattempo, la crisi economica prosegue e la svalutazione senza precedenti della sterlina siriana si traduce nell’incapacità di accedere a beni di prima necessità. I rifugiati in alcuni Paesi limitrofi vengono a loro volta colpiti dalla crisi economica nei Paesi ospitanti, come in Libano. Dopo nove anni di guerra, il sistema sanitario siriano è distrutto.
Marzo 2021.
Un decennio dopo, il conflitto in Siria non è finito e la popolazione continua a soffrire. Attualmente, quasi 12 milioni di siriani, metà della popolazione prebellica, sono sfollati all’interno o fuori dai confini della Siria. Un numero record di 12,4 milioni di siriani, quasi il 60% della popolazione, vive attualmente in condizioni di insicurezza alimentare. In poco più di un anno, altri 4,5 milioni di siriani sono stati colpiti dall’insicurezza alimentare. Una crisi economica, la perdita dei posti di lavoro a causa del Covid-19 e l’aumento dei prezzi si sono aggiunti alla situazione dei siriani sfollati logorati da un decennio di conflitto.
Basta con il silenzio e l’omertà.
I bambini non posso più attendere.
Daniela Piesco
Vice Direttore www.progetto-radici.it