Secondo il quotidiano La Verità, l’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid 19 è iscritto nel registro degli indagati. Peculato l’ipotesi di reato.
L’ex commissario straordinario per l’emergenza Covid 19 sarebbe indagato dalla Procura di Roma per la fornitura di mascherine cinesi da 1,25 miliardi di euro. Lo scrive La Verità. Secondo quanto riporta il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro l’ex commissario è indagato per peculato, l’appropriazione indebita del pubblico ufficiale, insieme al suo ex collaboratore Antonio Fabbrocini.
In una nota stampa, Arcuri – amministratore delegato di Invitalia – ha fatto sapere di non avere notizia di quanto riportato dal giornale.
“Il dottor Arcuri, nonché la struttura già preposta alla gestione dell’emergenza continueranno – si legge – come da inizio indagine, a collaborare con le autorità inquirenti nonché a fornire loro ogni informazione utile allo svolgimento delle indagini”.
L’inchiesta sulle 801 milioni di mascherine dalla Cina
L’inchiesta sulle forniture delle mascherine dalla Cina della Procura di Roma è partita nell’estate del 2020 quando commissario per l’emergenza Covid 19 era Domenico Arcuri, l’ad di Invitalia.
In particolare l’inchiesta coordinata dal Procuratore capo Michele Prestipino si riferisce alla fornitura 801 milioni di mascherine che il nostro Paese ha acquistato dalla Cina per 1,25 miliardi di euro.
In base a quanto emerso finora sono sette le persone indagate per reati che vanno dal traffico di influenze illecite alla ricettazione, dal riciclaggio all’auto-riciclaggio.
Ora, in base a quanto rivelato dalla La Verità, la procura di Roma indaga anche per peculato, reato che sarebbe contestato ad Arcuri e al suo ex collaboratore Antonio Fabbrocini.
Per entrambi il gip del Tribunale di Roma, Paolo Andrea Taviano, deve ancora pronunciarsi sulla richiesta di archiviazione del reato di corruzione che il 9 novembre aveva presentato la stessa procura.
Quattro le società finite nel mirino del nucleo valutario della Guardia di Finanza. Fra gli indagati figura di spicco è l’ex giornalista Rai, Mario Benotti, personaggio ben inserito nel mondo della politica, con conoscenze trasversali.
La procura – stando al principale capo di imputazione – ritiene che Benotti, “sfruttando le sue relazioni personali con Arcuri”, si sia fatto “promettere e dare, indebitamente, dall’imprenditore Andrea Vincenzo Tommasi (che a sua volta agiva in concorso con Daniele Guidi, Jorge Edisson San Andres Solis) la somma di quasi 12 milioni di euro, a titolo di remunerazione indebita (perché svolta al di fuori di un ruolo istituzionale-professionale) della sua mediazione illecita, siccome occulta e fondata sulle relazioni personali” con l’ormai ex Commissario “in ordine alle commesse di fornitura di dispositivi di protezione individuali ordinate dallo stesso Arcuri a tre società cinesi, individuate da Tommasi in partenariato con Guidi e Solis, i quali ricevevano provvigioni rispettivamente di 60 milioni e di 5,8 milioni di euro”.
Il tutto è aggravato dal reato transazionale, “per la commissione del quale ha dato il suo contributo un gruppo organizzato da Benotti, Tommasi, Solis, Guidi impegnato in attività criminali in più di uno Stato”.
L’inchiesta aveva portato anche ai sequestri dei beni di alcuni indagati e a provvedimenti cautelari e misure interdittive, provvedimenti poi revocati dal gip il 12 marzo sul presupposto che i reati contestati non sarebbero stati più reiterati perché nel frattempo la struttura commissariale non era più guidata da Arcuri.
“Dalle ultime risultanze investigative risulta evidente – faceva sapere giorni fa l’ufficio stampa – che la struttura commissariale e il Commissario Arcuri (estranei alle indagini) sono stati oggetto di illecite strumentalizzazioni da parte degli indagati affinché questi ultimi ottenessero compensi non dovuti dalle aziende produttrici”.
AGI