di Nicola Graziani
Bergoglio agli Stati Generali della Natalità non ha pronunciato la parola “aborto”. Ma non vuol dire che abbia rinunciato a tenere sotto pressione la politica. Al contrario.
Francesco prende la parola e chiede ai cattolici: siate affamati, siate folli. Affamati dei vostri diritti da far rispettare, folli da sognare un mondo diverso dopo il covid. Non alternativi al mondo, ma parte di esso: basta plasmarlo secondo idee nuove.
Per questo, agli Stati generali della natalità, si rivolge alla politica (nella persona di Mario Draghi) e dice che l’assegno unico non basta. Ci vogliono altre e più radicali riforme. In altre parole, si rinunci al liberismo profittatore e si crei sana e duratura crescita aiutando giovani e famiglie. Lo esigono i tempi, che sono nuovi e calamitosi. Non se ne uscirà uguali a prima.
In altri tempi, ma non in altri luoghi, una convention denominata Stati Generali della Natalità sarebbe stata a tema unico, o quantomeno con un tema dominante. Per lunghi anni infatti parlare di natalità, nel mondo cattolico, ha significato quasi esclusivamente parlare di aborto. Colpisce allora che Bergoglio l’aborto non l’abbia nemmeno nominato. Lo ha fatto, in realtà, però in maniera implicita. Non per questo meno vincolante, chiaro: si vedrà più avanti il perché.
Per capire quanto siano cambiate le cose, in tema di impegno cattolico per la vita, è bene badare ad una sottolineatura dell’organizzatore dell’evento, quel Gigi De Palo che pur nel suo curriculum ha una presenza nella giunta dell’Alemanno sindaco di Roma, in qualità di assessore alla famiglia. Dice De Palo, aprendo i lavori: “Dietro questi stati generali non c’è niente; semplicemente ci eravamo stufati di commentare due ore i dati dell’Istat e poi tutto finiva lì”.
Verona, addio
È, al tempo stesso, un annuncio e una rinuncia. Si rinuncia cioé al metodo usato finora da una serie di organizzazioni e associazioni, dal Family Day al Popolo della Famiglia, basato sulla rivendicazione che parte dalla richiesta dell’abolizione della 194 per arrivare – inevitabilmente -alla presentazione di liste elettorali fortissimamente caratterizzate. Si annuncia al contempo un cambio di strategia, non meno esigente nei confronti della politica e dell’economia.
Pare chiudersi, insomma, la fase culminata con il congresso di Verona di due anni fa, che vide celebrare l’identitarismo cattolico in salsa sovranista. Si sceglie piuttosto di sfidare in positivo il mondo contemporaneo, facendo leva su quelli che sono valori innegabili di tutte le culture, quali la solidarietà per il rilancio dell’economia e il progresso della società. Nel nome della vita perché la famiglia è vita, sviluppo ed essenza stessa della società.
Non a caso Bergoglio, nel non sollevare il tema dell’aborto, ha comunque denunciato la vergogna delle donne costrette sul posto di lavoro a nascondere la gravidanza (leggi: rinunciarvi) per non essere private del diritto a quel lavoro senza il quale le loro famiglie finiscono al di sotto della soglia di povertà. E a ricordato che non solo la denatalità, ma anche la fuga dei cervelli e la mancata crescita dell’economia sono frutto di una concezione del mondo sazia ed egoista, vecchia e decadente.
Arriva, il Papa, persino ad auspicare l’avvento di una classe di imprenditori in grado di ricominciare a rispettare i contratti e i diritti lei lavoratori. Addirittura di dividere parte degli utili, nei momenti di difficoltà come sono gli attuali. Alcuni casi ci sono stati: se ne tragga esempio e ispirazione. Un mondo diverso è possibile.
Un atteggiamento quasi di sfida, ben più sostanziale se si vuole della semplice rivendicazione di un intervento sul testo della 194. Anzi: come già emerso all’interno della Cei, quello che si chiede adesso non è la modifica di una legge che gode di un appoggio presumibilmente molto vasto dell’opinione pubblica. Si rivendica, semmai, la sua piena applicazione.
Vale a dire quella della sua prima parte, dove si prevede un percorso di carattere assistenziale alla donna in difficoltà, prima di passare in sala operatoria. In questo la 194 è rimasta lettera morta.
Stesso discorso su un altro aspetto della genitorialità che, in altri tempi, sarebbe risultato centrale. Nemmeno un accenno sulle tematiche Lgbt. La stepchild adoption non è stata sfiorata, eppure il dibattito al Senato sul Ddl Zan, che queste tematiche ha rilanciato, è ancora in corso. Il messaggio che filtra è quello di non voler confondere questioni simili ma affrontabili su piani diversi.
In entrambi i casi, aborto e omofobia, non viene intaccato il magistero della Chiesa. Quello che muta è il modo di intervenire. Ci si sposta da una serie di battaglie rivendicative e impostate sulla difensiva ad un’azione di influenza sulla e nella società. Non a caso Francesco si è dilungato anche sui temi della scuola e dell’informazione.
Il pericolo dei vecchi errori
Come dire: senza una visione globale non si va da nessuna parte. In futuro si vedrà cosa questo avrà significato in termini di parità scolastica e pluralismo dell’informazione.
Qui però sorge un dubbio, anche questo di carattere metodologico. La politica dell’influenza è stata a lungo teorizzata nelle epoche passate, caratterizzate dalla mancanza di un impegno politico dei cattolici in una forza riconoscibile e organizzata. Non è che abbia dato, dal punto di vista dei cattolici, risultati apprezzabili.
Allargarne lo spazio d’azione (prima si limitava ad una riconoscibilità in economia, nel nome della sussidiarietà) è al tempo stesso avvincente e rischioso. Un fallimento sarebbe bruciante in modo direttamente proporzionale rispetto alle attese.
Il non detto, o il non considerato, di questa svolta è quindi nell’elaborazione di nuove forme di presenza in politica. Ma è materia molto delicata, questa. Non è detto che, tra i mille coraggi invocati da Bergoglio agli Stati Generali della Natalità, vi sia anche questo.
AGI – Agenzia Italia