Il marchio di fabbrica.
È questo il significato più verosimile della celebre espressione salentina “lu sule, lu mare, lu ientu” (cfr. “il sole, il mare, il vento”), sintesi dialettale per la quale si caratterizza il territorio sud-pugliese a livello nazionale e che ne amplifica l’appetibilità, prettamente, a scopo turistico.
Poeticamente coniata e pubblicizzata in tempi relativamente recenti – dopo la “socializzazione” di un brano del 2002 degli Après la Classe, band musicale etno-ska -, quello che è diventato il “segno particolare nella carta di identità” di una terra unica dipinge meravigliosamente bene la penisola agli occhi del mondo: un sole, quello del Salento, notoriamente promosso in Italia come “tra i più torridi ed insieme più splendenti tra quelli che si possono vedere e sentire, paragonabile per calura estiva soltanto a quello siciliano e che è entrato a far parte del DNA di ogni abitante del luogo”, che sorge prima che altrove (considerando che Punta Palascìa1, vicino Otranto, è il punto geograficamente più orientale d’Italia dove tantissime persone sono solite riunirsi e festeggiare il 31/12 la prima alba di ogni nuovo anno, la cosiddetta “Alba dei popoli”); un mare dalla pluripremiata e riconosciuta purezza, che abbraccia una costa lunghissima e sfaccettata lunga circa 300 chilometri (più di un terzo di quella dell’intera Puglia); un vento, poi, senza il quale il calore d’estate diventerebbe insopportabile, che si caratterizza anche per la continua e volubile alternanza tra scirocco e tramontana – quando soffia scirocco le spiagge adriatiche si affacciano su un mare immobile “comu na taula” (cfr. “come un pezzo di legno), quando invece “è tramuntana” ad essere particolarmente calmo è il mare della costa ionica -, e che d’estate costringe puntualmente autoctoni e turisti a quell’…“ardua” scelta d’itinerario quotidiano.
Salento, l’itinerario “slow”
E se il vento è troppo forte o di spiaggia non se ne ha più voglia?
Partendo da Lecce – curiosamente ma non a caso sita pressoché al centro della penisola salentina – si può delineare un tragitto naturalistico che di imbarazzante ha solo la scelta tra cosa voler visitare:
▪ La Riserva naturale “Le Cesine”, nei pressi di San Cataldo e San Foca, il cui nome trae origine dagli antichi stagni acquitrinosi presenti;
▪ La Riserva naturale statale di Torre Guaceto, che si estende per circa 1.200 ettari e presenta un fronte marino che si sviluppa per 8.000 m;
▪ l’ex Cava di bauxite ad Otranto, con annesso un incantevole laghetto – dalle acque color smeraldo – formatosi grazie alla scarsa capacità del terreno presso stante di assorbire l’acqua piovana;
▪ l’Oasi protetta dei Laghi Alimini – il “Grande” e le “Fontanelle” -, Zone di Protezione Speciale (ZPS) proposte come Sito di Importanza Comunitaria europeo (pSIC), che con i loro incontaminati sentieri circostanti offrono camminate in pace e tranquillità;
▪ il Parco naturale regionale Bosco e paludi di Rauccio, che si allarga complessivamente su un’area di 1593 ettari;
▪ la Baia dei Turchi, dove si tramanda che fossero sbarcati i turchi per l’assalto ad Otranto nel XV secolo (una spiaggia libera inserita dal Fondo per l’Ambiente Italiano nei “100 posti da salvaguardare in Italia” e dove sono state vietate le costruzioni di stabilimenti balneari);
▪ Santa Cesarea Terme, con le sue belle ville “moresche” (Villa Sticchi e Villa Raffaella su tutte);
▪ le marine di Andrano, celebri per la Grotta Verde (la cui acque hanno un tonalità smeraldo) e per l’insenatura di Acquaviva (che presenta il fenomeno delle bolle di acqua sorgiva che sgorgano dal sottosuolo), unitamente a tutte le altre grotte carsiche ed anchialine che si aprono lungo tutta la costa orientale ed al cui interno sono stati rinvenuti pittogrammi e vari reperti paleontologici;
▪ Santa Maria di Leuca, il cui faro è riconosciuto dalla Comunità Europea come uno dei 5 più importanti del Mediterraneo e dove le acque adriatiche e ioniche, diverse per salinità e colore, si fondono in un abbraccio – secondo l’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste è qui che si assiste, altresì, ad uno scambio di specie marine che si diffondono in tal modo in tutto il Mediterraneo -;
▪ la Baia dei Diavoli (ad Alliste), custode della leggenda secondo cui Pirro, nella propria nave che affondò durante la Guerra di Taranto, stesse portando a bordo degli elefanti, all’epoca animali sconosciuti agli abitanti autoctoni che li definirono “diavoli”;
▪ Il Parco naturale regionale di Porto Selvaggio, con la sua splendida pineta i cui alberi sono stati piantati negli anni Cinquanta, e la Palude del Capitano (classificata come area naturale nel 1997);
▪ Punta della Suina, Punta Prosciutto e Punta Pizzo (nomi un pò bizzarri derivanti dalla forma della scogliere presenti alla proprie estremità);
▪ Santa Caterina e Santa Maria al Bagno (marine di Nardò), con le loro splendide dimore storiche e ville antiche soprannominate “delle Cenate” – dall’Acenata, una varietà di uva che in passato veniva coltivata nel posto -, impreziosite da sontuosi giardini che nascondono ed allo stesso tempo esaltano le loro facciate.
Salento, un percorso storico ed architettonico
Parimenti al percorso geo-naturalistico si potrebbe facilmente abbozzare anche un minimo, e mai esaustivo, elenco di siti storico-architettonici da visitare in Salento, alla ricerca di emozioni che solo il gusto per l’arte e la cultura possono regalare, immersi nella magia delle opere e delle scenografie che la terra bagnata dai due mari racchiude:
▪ la città fortificata ed il Castello di Acaya, costruito nel 1500 da Alfonso di Acaya – discendente di Gervaso dell’Acaya, valoroso capitano di Carlo II D’Angiò – nel luogo dove sorgeva il piccolo insediamento medievale di Segine;
▪ il borgo antico di Taranto, situato su di un’isola e collegato alla terraferma da un ponte girevole e dal Ponte di Porta Napoli;
▪ il borgo di Ostuni, uno dei più belli d’Italia, con le viuzze che si arrovellano tra le tipiche case in calce bianca;
▪ il centro storico di Lecce, dove troviamo la Basilica di Santa Croce, Palazzo dei Celestini, le chiese di San Giovanni Battista e di San Matteo, i maestosi resti dell’Anfiteatro e del Teatro – entrambi di epoca romana – ed il severo Castello di Carlo V;
▪ la Cattedrale di San Cataldo di Taranto (la più antica di Puglia), con la sua cupola affrescata, le dieci nicchie e i marmi policromi, che è una delle testimonianze più ricche del barocco salentino (fra gli artisti che hanno prestato la propria opera per la realizzazione del cappellone vi è lo scultore napoletano Giuseppe Sammartino);
▪ la cripta basiliana presente nella Chiesa rupestre della Ss. Annunziata a Lizzano, il cui mosaico – uno dei più importanti del Medioevo italiano, eseguito su commissione del vescovo locale tra il 1163 e il 1165 – ricopre il pavimento delle tre navate;
▪ la Chiesa di Santa Maria del Casale e la Pontificia Basilica Cattedrale di Brindisi, la Chiesa dei Santi Nicolò e Cataldo a Lecce, la Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina e la Chiesa di San Domenico Maggiore a Taranto;
▪ l’area della necropoli messapica presso Manduria, che presenta interessanti resti riguardanti tombe di varie epoche e vie dell’antica città, un fossato ed una duplice cinta muraria;
▪ il Museo diffuso (o Ecomuseo) Castello d’Alceste a San Vito dei Normanni, che ha permesso di identificare le tracce di un villaggio a capanne della seconda metà dell’VIII secolo a.C., e quello di Cavallino, che invece si estende su un’area di 45 ettari, in cui è stato rinvenuto un insediamento messapico di età arcaica e dove si svolgono le attività didattiche sul campo per gli studenti di Archeologia dell’Università del Salento e di altre università italiane ed europee;
▪ l’area archeologica messapica di Roca (Lecce), dove è stata riportata alla luce l’antica città fortificata di Roca Vecchia, sorta su un precedente sito preistorico, e dove – sulle pareti della grotta marina della Poesia piccola – sono state ritrovate iscrizioni in lingua messapica e latina, oltre a numerosi graffiti preistorici;
▪ i reperti archeologici e gli Ori di Taranto, che testimoniano come la lavorazione dei metalli preziosi, e in particolare dell’oro, fosse una delle attività più sviluppate nella città magno-greca tra il IV ed il I secolo a.C..
Salento, “lu sule, lu mare, lu ientu”
In sintesi: non c’è possibilità di sintesi.
Non basterebbe un libro – e non era intenzione scriverlo ora – ad indicare i luoghi più belli in Salento. E, soprattutto, non è sufficiente un autore a consigliare quali vedere o scoprire. Perchè il Salento, a dirla tutta, è anche questo: scoperta della Puglia.
Tra i tanti luoghi di interesse citati – e tra quelli che restano, ahimè, non citati – questa terra magica costruisce dei collegamenti che passano dai musei ai laboratori/osservatori, dai festival (su libri, musica, cinema etc.) ai Premi (“Barocco”, “Coppola”, “Grinzane Terra d’Otranto” etc.), dalle feste e fiere/mercatini (Campionaria, Pessima, del Gusto, Torneo dei Rioni di Oria, Focara, Danza delle spade, Festa patronale di Santa Domenica o Tavole di San Giuseppe) alle innumerevoli sagre di paese e/o a tema.
Il Salento quindi: una regione storica, geografica e culturale dell’Italia sud-orientale che, per certi versi, sa essere microcosmo a sé stante.
E che è emblema di sostenibilità, essendo riuscita negli anni a convertire “lu sule, lu mare, lu ientu” in qualcosa di abnorme che, a dirla tutta, non smette ancora di sorprendere.
Antonio Quarta
Redazione Corriere di Puglia e Lucania
Note di riferimento:
- In copertina: Faro di Punta Palascia, Otranto, Puglia, Italy – Foto di Massimo Virgilio su Unsplash.