L’ISTAT nel 2020 evidenzia un notevole calo dei consumi mensili delle famiglie italiane rispetto all’ultimo anno, confermando il 9% in meno con una media di 2.328 euro.
La percentuale dei consumi delle famiglie in Italia pare vivere un ritorno al 2000, a causa delle difficoltà economiche che l’emergenza epidemiologica ha portato con sé. Inoltre, anche le prime mensilità del 2021 hanno riscontrato un ulteriore calo del 3,4% dovuti alla crisi sanitaria. La zona più colpita resta quella del Nord-Ovest Italia con un calo totale del 10,2% decrescendo al Sud e maggiormente sulle isole.
L’esistenza di ognuno di noi ha assunto la capacità di sopravvivere con l’essenziale, in una circostanza assolutamente precaria in termini di crisi economica. I consumi di minore rilevanza hanno rallentato il passo, lasciando spazio ai bisogni primari di cui le famiglie necessitano e soddisfano con difficoltà. Di conseguenza svariati settori hanno iniziato a soffrire del crollo delle vendite e quindi dei guadagni che sono venuti meno.
Quali settori sono più colpiti dal calo dei consumi?
Senza dubbio i bisogni primari includono una spesa maggiore su prodotti e servizi indispensabili per la propria quotidianità. Questo ha fatto sì che una quantità enorme di imprese cadessero nel baratro, a iniziare dai servizi ricettivi e di ristorazione trovandosi nella top 4 dei settori più colpiti da questa grande crisi storica. Poi – in ordine decrescente – gli ambiti teatrali e culturali, i trasporti e infine ma non di meno importanza le imprese di abbigliamento e calzature.
Non è possibile fare una distinzione per categorie settoriali: le spese e i rischi economici di un’attività ampia è direttamente proporzionale alla sua capienza, inerente sia alle dimensioni concrete che al numero di personale da sostenere. Allo stesso modo, le PMI riscontrano nella propria piccola realtà problematiche dovute a una minore capienza che in situazioni di crisi farà leva sull’impossibilità di ricoprire le spese da sostenere con dei guadagni scarsi.