Il mare parla
di Evelyn Zappimbulso
Con gli scogli su cui sei seduto o con te direttamente, non hai modo di saperlo, ma il rumore che fa non è un suono perso, buttato lì a riva dal caso, dall’incocciare distratto di flutti e scogliera.
Il mare è un corpo solo e quella è la sua voce. Quando ci sei vicino come adesso e lo vedi agitarsi in quel modo, blu intenso, incazzato, potente e maestoso, quando finisce la poesia e comincia a mettere paura, lo senti vibrare: prende a schiaffi le rocce e scalpita, si dimena irrequieto e provoca.
Male e fascino
E inizi a capire come lo vivono pescatori e naviganti, il mare: quanto lo amano e quanto lo odiano, per il male che è capace di fare e il fascino irresistibile che esercita ciò che è impossibile domare.
Seduto in prima fila, sfidi il gigante senza rischiare, raggiunto a stento dagli schizzi più audaci. Il sole scalda metà della faccia, il maestrale la investe tutta, le onde sei metri sotto si schiantano sui massi con l’insistenza cieca di un giocattolo rotto e rimestano acqua a secchiate sulla pelle increspata di un mare sempre più grosso. La spiaggia da cui sei partito ha ciottoli neri che rotolano senza stancarsi, risucchiati ora avanti ora indietro, a un passo di danza che non hanno deciso. Per quanto distanti li senti gracchiare nel loro ruzzolare lascivo e tieni il tempo, a occhi chiusi, di quell’insolito concerto di sassi: è una lingua che non conosci, ospite in terra straniera e ti lasci cullare dall’illusione che la riva, percossa in quel modo, stia davvero dicendo qualcosa.
Ti guarda, il mare. Pensi che lui si sia accorto di te, nudo su una roccia con una striscia di stoffa addosso, la tua inutile posa per nascondere i chili di troppo, la presunzione di contare qualcosa in quel frammento di tempo e di terra che ti è stata concessa. Alzi la testa ma non c’è traccia di te nell’azzurro immenso che ti sovrasta. Forse il cielo è soltanto uno specchio: qui è blu per il mare che ci si riflette e dove abiti tu è grigio asfalto.
Un’onda più alta scala la cima su cui ti sentivi al sicuro e frusta la pietra con un schiocco improvviso. Il mare parla. E se dicesse buttati? Ti aiuti con le braccia e ti rimetti in piedi, l’aria ti si solidifica nei polmoni ma fai un passo avanti. O immagini di farlo. L’acqua non è il tuo elemento eppure ti attrae: canta il suo richiamo, gioca col vento, allunga i suoi tentacoli fino a toccarti. Ti attraversa un brivido. Come seduce, il mare.
Redazione Corriere di Puglia e Lucania