Il Dio del fuoco è su Marte. E’ alto 1 metro e 85, pesa 240 chili, mangia energia solare e si chiama “Zhurong”, nome che si addice perfettamente a un dio del fuoco che appartiene della mitologia del Dragone; nome con il quale lo ha ribattezzato una gran moltitudine di cinesi la stessa che lo ha visto spiccare il volo dallo Spazioporto di Wenchang; poi a bordo della missione Tianwen -1 ne hanno pazientemente monitorato ben due mesi di orbite intorno a Marte prima di vederlo scendere su Utopia Planitia , nell’emisfero settentrionale del pianeta.
Muovendosi a 330 milioni di chilometri dalle nostre teste Zhurong è la prova provata delle ambizioni e della competenza che la Cina sta sviluppando oltre i confini della Terra. L’obiettivo appare molto chiaro: portare entro il 2049 , centenario della Repubblica popolare, gli astronauti cinesi , cosiddetti taikonauti , a far compagnia al dio del fuoco là, su Marte; fino ad allora , il dominio extra atmosferico del Dragone andrà costruendosi giorno dopo giorno . Non è un modo di dire, non lo è mai quando c’è la Cina di mezzo.
Lo dimostrano le tappe spaziali che il gigante asiatico va bruciando. Due settimane prima che Zhurong toccasse Marte un razzo “Lunga Marcia 5B”- di cui un frammento avrebbe minacciato di cadere in testa a mezzo mondo – ha portato a 150 chilometri fuori dalla Terra il modulo inaugurale di Tiangong “il palazzo celeste” la prima stazione modulare del dragone.
Sarà completata da altri due elementi -laboratorio entro la fine del 2022 e diverrà uno “statemen orbitante”, una dimostrazione di potenza ben diversa da quel manifesto della collaborazione extra atmosferica rappresentato dalla stazione spaziale internazionale ventennale realizzata in partnership fra Stati Ubiti, Europa, Russia, Canada, e Giappone).
Oltre a ospitare sperimentazioni d’avanguardia , Tiangong sarà anche una tappa verso la realizzazione del primo laboratorio lunare, un avamposto che la Cina ha già ufficializzato di voler costruire con la Russia Il perché di tanta frenesia (e spesa) spaziale è presto detto: Driver scientifico per ambiti all’apparenza lontani se non slegati, lo spazio è strategico.
E’ attraverso lo sviluppo della tecnologia spaziale che vengono offerti servizi innovativi all’agricoltura, (il precision farming) , al monitoraggio delle infrastrutture, all’osservazione dei cambiamenti climatici, e dei loro effetti.
Oggi migliaia di occhi orbitanti controllano le migrazioni e i conflitti nazionali, contribuiscono alla salvaguarda dei beni culturali e alla gestione del traffico aereo e marittimo , permettono le telecomunicazioni, il che ha anche un altro significato , la corsa per la supremazia tecnologica sul nostro pianeta si gioca fuori dal mondo.
E la Cina è tra i giocatori migliori , l’unico in grado di competere, da solo, con gli Stati Uniti. Per capire meglio come e perché il gigante asiatico stia correndo al di là del cielo, conviene però, andare indietro nel tempo di qualche anno. E’ il 5 giugno 1995 e a New York è un venerdì caldo non solo per la temperatura.
La visita del presidente taiwanese, Lee Teng hui, alla Cornell University , sua alma mater, scatena la terza crisi con la Repubblica popolare di Pechino che accusa Lee di stare cercando l’indipendenza formale , quindi, prima delle elezioni sull’isola , decide di ricordare che un’invasione non è un’eventualità remota.
Nel marzo’96, l’Esercito popolare di Liberazione organizza un’esercitazione e lancia tre missili verso Taiwan: il primo cade lontanissimo dall’obiettivo; degli altri due si perdono le tracce.
Compresi coloro che ne dovrebbero controllare la traiettoria La colpa sarebbe degli Stati Uniti, rei di aver sabotato il sistema Gps – il “Global Positioning System”, di proprietà americana – installato sui missili balistici.
Per Pechino è una “umiliazione indimenticabile” un monito a ridimensionare le proprie ambizioni geopolitiche. Falshforward 23 giugno 2020: la Cina manda in orbita il 55esimo e ultimo satellite del sistema di radionavigazione BeiDou.
Abbinata con la rete 5G e con l’intelligenza artificiale l’infrastruttura consentirà di potenziare le attività economiche e militari in patria e all’estero senza più dipendere dal Gps. E’una riscossa che la Repubblica popolare cinese prepara da oltre mezzo secolo.
Complici “umiliazioni indimenticabili” la Cina ha realizzato quattro siti di lancio sul proprio territorio e investimenti crescenti – a oggi top secret, ma già nel 2018 stimati a 11 miliardi di dollari; budget secondo solo a quello americano. In questo modo il ritardo del programma spaziale cinese è stato via via ridotto e, in alcuni casi, annullato: nel gennaio del 2019, l’Agenzia spaziale nazionale, la Cnsa, è stata la prima a manovrare un rover, , lo Yutu – 2 , sulla superficie nascosta della Luna, un obiettivo che impone infrastrutture a terra dal decisivo peso strategico, come un radiotelescopio posizionato in Argentina.
Non è un caso che accanto alle sue enormi potenzialità economiche , lo spazio sia il teatro di un nuovo processo di militarizzazione : la “space weaponization”.
E men che meno è fortuito che a febbraio Joe Biden abbia confermato il pieno appoggio alla Space Force , la forza armata per la gestione delle attività di difesa oltre l’atmosfera istituita da Donald Trump nel dicembre del 2019 ; gli Stati Uniti considerano quello extraterrestre un nuovo “dominio operativo” all’interno del quale le operazioni militari rischiano di intensificarsi nei prossimi anni. Il timore è rappresentato dalla Russia, certo, ma principalmente dalla Cina, accusate entrambe di aver “armato lo spazio”; è’ scritto nel “Defence Space Strategy Summary” della difesa americana, dove più volte si fa riferimento a una possibile “guerra spaziale” da vincere anticipando i rivali dal puto di vista tecnologico.
Guerre stellari insomma senza esclusione di colpi; in palio vi è la leadership mondiale in tutti i campi ma soprattutto quello spaziale, l’America ha capito di poter essere scalzata dalla Cina ma anche dalla Russia ed ha deciso di attivare ogni iniziativa per potenziare il suo armamentario tecnologico specifico e mettere in campo ogni possibile azione di prevenzione non esclusa, come abbiamo visto, quella militare. Insomma il film “Guerre stellari” oggi più che mai si sta mostrando predittivo.
Giacomo Marcario
Comitato di Redazione de Il Corriere Nazionale