Doni beffardi degli dei che tornano di notte, a ferragosto
di Evelyn Zappimbulso
Ma chi l’ha detto che gli dei siano tramontati e ormai svaniti? Ce ne sono alcuni che viaggiano sotto falso nome, abitano in mezzo a noi e fanno proseliti, anche nel pieno della società atea, demitizzata e disincantata. Soprattutto d’estate, d’agosto. Quegli dei non sono tramontati, semmai si manifestano dopo il tramonto, soprattutto di notte. O sono spariti dalla terra ma vivono nelle profondità del mare. Oppure tramutati in fiori, hanno trasmesso ai loro inconsapevoli seguaci il culto della propria immagine.
I nomi degli Dei
Si chiamano Dioniso, Proteo, Narciso. Guardiamoci attorno, per scovarli.
Dioniso è il dio dell’infinito caos globale, il dio di chi delira, trasgredisce, va oltre. Proteoè il dio dei mutanti, dei transgenici, di coloro che si trasformano o sono liquidi. Narciso è il dio dei selfie, il santo protettore degli egocentrici e vanitosi, che si specchiano di continuo come nel mito e si pongono al centro del mondo. Tramutato in fiore, Narciso è il padre putativo dei figli dei fiori, i power flower, fino ai fleurs du mal, e di ogni altra figurazione floreale ed ecologica.
Il nostro tempo
Se ci pensate, le tre figure mitiche sono il riassunto del nostro tempo, la chiave dei nostri giorni. Li riassume un mito contemporaneo, scomparso prematuramente come coloro che sono cari agli dei, in un alone di fumo, alcol e musica rock: Jim Morrison, morto a 27 anni, nell’estate di 50 anni fa. Ricordo l’incipit della sua poesia dedicata a Dioniso: “Il sontuoso carro di Dioniso ricolmo di fiori e ghirlande” e lo rivedo col capo cinto di una ghirlanda, crown flowers.
Epoca dionisiaca
Come definire la nostra epoca, almeno dagli anni sessanta in poi, se non dionisiaca? Un dionisismo di massa, anche se non universale. E come tutti i fenomeni di massa la degradazione di uno spirito prima riservato a sparute minoranze. Movida, notti bianche, abuso di alcol e fumo, inseguire i desideri all’infinito, sconfinare.
L’assoluto si fa dissoluto, anzi cupio dissolvi, desiderio di disciogliersi. Quante tracce lascia Dioniso nella vita dei nostri giorni. Tracce frustrate dalle restrizioni sanitarie ma ribollono sotto traccia.
Modernità liquida
E come definire un’epoca, un’umanità che sogna di mutare continuamente la propria vita e i propri connotati, la propria natura e sessualità, il proprio corpo, la propria età, i luoghi di vita, i legami umani e territoriali, se non come proteiforme? Proteo è quella divinità minore del mondo antico che oggi prende per mano quelli che vogliono mutare. E rappresenta quella che Bauman definiva la modernità liquida. Abbiamo mollato Prometeo che fu il padre della modernità, della tecnica e dell’individualismo, esaltato anche da Marx, per votarci a Proteo, il dio dei mutanti, dei fluidi e dei transgender.
E ancora, come definire un’epoca prigioniera degli egoismi smisurati e infantili, che si sentono al centro del mondo, e usano ogni mezzo, dagli smartphone ai social, dai tatuaggi ai ritocchi estetici, per celebrarsi, rifarsi, immunizzarsi dalla vecchiaia, specchiarsi di continuo? Narcisisti; anzi narcisismo di massa.
Dioniso
Ripartiamo dal declino delle religioni, dal crepuscolo degli dei. Negati e cancellati gli dei, ne è rimasto uno, folle e dissacrante, Dioniso, a vegliare sul caos derivato dal loro tramonto e sulla notte che è calata dopo che si è persa la ricerca della luce. Dioniso è il dio dell’ebbrezza, della trasgressione, della dismisura. Il dio della notte, del vino, dell’eccesso, degli allucinogeni, del caos. Un tempo per avvicinarsi a Dioniso ci si muniva di un antidoto, oggi diremmo di un vaccino, un freno, quasi un paraebbrezza.
Apollo
Apollo, che al contrario di Dioniso, era il dio della misura, dell’ordine e della bellezza, della calma olimpica, dell’armonia, della luce. Per fermarci ai moderni, fu il giovane Nietzsche a scoprire 150 anni fa, nella Nascita della tragedia, la coppia alle origini della visione greca. Fu lui a scoprire che la Grecia non fu solo ordine e bellezza, logos e misura, ma dietro l’orrore per l’infinito si celava anche l’attrazione per l’infinito, la vertigine del caos, lo scatenamento dell’ebbrezza. Apollo rappresentava il cerchio, simbolo di compiutezza e limite che congiunge l’inizio con la fine. Dioniso invece spezza il cerchio lasciando che la linea si perda nell’infinito.
Dopo Nietzsche altri scrissero di Apollo e Dioniso. Tra questi Giorgio Colli, nel solco di Nietzsche e dei greci (di ambedue fu massimo esegeta) che dedicò un saggio giovanile allo spirito Apollineo e dionisiaco, ripubblicato da Adelphi. Leggendo Colli, e non solo lui, sorge però un dubbio: e se Apollo e Dioniso fossero le trasfigurazioni mitologiche dello spirito classico e dello spirito romantico? Al primo si addice il culto armonioso della forma espressiva, il senso dell’ordine e della misura, la regola e il confine. Il secondo invece esprime la tempesta dell’interiorità, la confusione e la coincidenza degli opposti, l’occasionalismo, la mescolanza e il caos, l’ebbrezza e l’orgia, la malattia e l’eccesso. Magari pensando di seguire Nietzsche e la filosofia presocratica, Colli parafrasava la critica letteraria dell’ottocento. Vuoi vedere che Apollo e Dioniso sono i nomi d’arte del bello e del sublime di Kant?
Ma torniamo al presente. E se per capire meglio il nostro tempo dovessimo accantonare le categorie storiche e socioeconomiche, psicologiche e antropologiche e dovessimo invece adottare i miti? E se gli dei spiegassero il senso e il non senso della nostra epoca meglio di ogni altra analisi e ricerca? La movida, i trans, i selfie, i tatuaggi, l’ebbrezza.
Doni beffardi degli dei, che tornano di notte, a ferragosto.
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Redazione Corriere di Puglia e Lucania