Principale Estero Tra energia e Asia centrale. Il ruolo di ponte dell’Afghanistan

Tra energia e Asia centrale. Il ruolo di ponte dell’Afghanistan

Il Paese è una cerniera cruciale in un’area ricca di depositi di petrolio e gas. Sia i grandi attori – Usa, Cina e Russia – che i vicini – a partire dal Pakistan – studiano le prossime mosse dopo il ritiro statunitense

 Tubi per un oleodotto

AGI – L’importanza strategica dell’Afghanistan è riassumibile in una parola: energia. L’Asia centrale ha da sempre enormi depositi di petrolio e gas naturale, ed è il motivo per cui in questi anni Stati Uniti, Cina e Russia si sono sfidati per mantenere il controllo su quello che la diplomazia internazionale chiama “The New Great Game”, il nuovo grande gioco.

La scacchiera dell’Asia centrale

Controllare l’Afghanistan, significa acquisire influenza in Asia centrale e in un’area dove tutti i grandi della terra vorrebbero avere il controllo della quasi mitologica condotta petrolifera Tapi, che dall’India arriva in Turkmenistan, e passa da Pakistan e Afghanistan. L’impianto, i cui lavori di costruzione sono cominciati alla fine del 2018, dovrebbe misurare più di 1.800 chilometri, attraversare Herat, Kandahar, Quetta, Multan, Fazilika, e sarà in grado di trasportare 33 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno. La moderna ‘via della seta’.

Gli Stati Uniti sono rimasti convinti per anni che uno sviluppo economico forte nella regione avrebbe indebolito la fascinazione del fondamentalismo islamico, seguendo la facile equazione americana del più dollari meno corano. Russia e Cina non ne sono mai stati convinti. Ma nessuno, pur da posizioni diverse, ha voluto lasciare agli altri la partita dell’energia. Il ritiro americano porterà a un rimescolamento delle carte.

Il grande obiettivo di Joe Biden di condurre l’America verso la transizione dell’energia verde, può aver reso quest’area meno strategica rispetto a cinque anni fa? Nessuno può dirlo. Il tesoro energetico dell’area fa ancora gola a molti. Anche ai vicini meno prestigiosi. I Paesi dell’Asia centrale, tutte le ex repubbliche dell’Unione Sovietica, sono state coinvolte negli sviluppi dell’Afghanistan fin dall’invasione sovietica nel ’79.

Le mosse dei vicini

Negli ultimi vent’anni questa area ha garantito l’accesso ai soldati della Nato e fornito aiuti agli afghani attraverso la Northern Distribution Network. Oggi viene garantito un supporto tecnico e di conoscenze, oltre a opportunità di studio per facilitare il loro accesso alle scuole in Russia, Europa e oltre oceano. Quanto l’Afghanistan venga considerato punto chiave per l’integrazione lo dimostrano i recenti tentativi di Paesi come Uzbekistan e Kazakistan di favorire un processo di pace, con l’obiettivo di espandere la propria presenza nel campo dell’energia. Il Kazakistan ha accolto più di un migliaio di studenti afghani nelle proprie università e stipulato accordi commerciali con Kabul.

Questo perché l’area è considerata una terra tutta da conquistare e sviluppare, in una regione tra le meno integrate assieme all’Asia del sud. Un Afghanistan pacificato potrebbe svolgere il ruolo chiave di ponte tra Asia centrale e meridionale e, alla fine, con il resto del mondo. Ma sul quadro di geopolitica, grava un enorme punto interrogativo: quello del rapporto con il Pakistan, a cui l’Afghanistan è legato da decenni di tensioni, dalle dinamiche di geopolitica al controllo dei confini, dal commercio al tema della sicurezza e del terrorismo. Con l’uscita degli americani, che facevano da ‘cuscinetto’, il rapporto tra i due Paesi è destinato a deteriorarsi. In quel caso, l’Iran, altro Paese molto interessato al ritiro americano, è pronto a valutare nuove prospettive future.

 

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