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Rai Presa Diretta mostra l’attacco a Jujlian Assange, in gioco il giornalismo e la democrazia

Jujlian Assange – La situazione in Afghanistan di queste ore ci restituisce, undici anni dopo la pubblicazione di quei documenti, il disastro di una guerra lunga e controversa.

Dopo l’uscita vergognosa dall’Afganistan di questi giorni, fa chiarezza ascoltare Gino Strada, qualche mese prima della sua scomparsa intervistato da Roberto Iacona.

 

 

 

 

 

Il fondatore di Emergenzy dice che in questi 20 anni di presenza americana a Kabul, sono stati 200 mila gli interventi sanitari su feriti di questa guerra infinita.

Gli Stati uniti sono arrivati con bombardamenti per trovare Bin Laden, ma il terrorista non era a Kabul ma andato al confine con Pakistan.

Migliaia di miliardi di dollari spesi per le armi, se solo il 5 per cento fosse stato speso per la ricostruzione e le persone l’Afganistan sarebbe una Svizzera. L’unica logica che mostra la guerra sono le vittime.

Julian Assange, il giornalista australiano fondatore di WikiLeaks, è l’uomo che ha avuto il coraggio di svelare e rendere pubblici i segreti della più grande potenza del mondo, gli Stati Uniti.

Il 25 luglio del 2010 con una conferenza stampa, Assange ha mostrato al mondo decine di migliaia di documenti militari secretati che raccontavano la guerra in Afghanistan in cui veniva fuori un quadro devastante di un intervento militare fallito.

Quello che veniva fuori, non è l’Usa paludata di bandiere che plaude al Presidente che in nome di Dio parla all’America e al mondo di pace e democrazia.

I file rivelavano centinaia di uccisioni indiscriminate di civili compiute dagli americani di cui non si era mai avuta notizia.

A partire dai documenti e dai file pubblicati da WikiLeaks, PresaDiretta con “Julian Assange, processo al giornalismo” – la prima puntata del nuovo ciclo di inchieste in onda lunedì 30 agosto alle 21.20 su rai3 – ricostruisce la storia del giornalista imprigionato in una cella di massima sicurezza a Londra, in attesa che si concluda il processo di estradizione intentato dagli Stati Uniti dove rischia 175 anni di carcere.

PresaDiretta racconta con immagini video, come la Cia era riuscita ad ottenere tutte le informazioni di quello che succedeva nell’ambasciata dell’Ecuador dove Assange si era rifugiato ottenendo asilo per sei anni e dieci mesi. Le immagini dello spionaggio illegale, scoop del quotidiano El Pais, sono state registrate illegalmente dalla società di sorveglianza UC Global che ha spiato per diversi anni Julian Assange e tutti quelli che gli facevano visita in Ambasciata.

“Non avevamo un patio, e neanche un giardino. Quindi Assange è rimasto chiuso lì dentro per tutto il tempo, per quasi 7 anni, senza la luce del sole, senza poter fare movimenti o esercizi. Alla fine aveva anche problemi a distinguere i colori perché per tanti anni era stato sottoposto alla luce artificiale”. Con queste parole Fidel Narvaez – l’ex console ecuadoriano a Londra che ha vissuto a fianco di Assange per molti anni, fino a diventarne amico intimo – racconta i giorni di Assange nell’ambasciata. “Almeno nei primi cinque anni – aggiunge – Assange era sotto la protezione dell’Ecuador e del presidente Rafael Correa”. L’unico politico al mondo che ha avuto il coraggio di dare protezione ad Assange mettendosi contro gli Stati Uniti.

Una delle testimonianze più preziose raccolte da Riccardo Iacona è quella di Stella Moris, compagna e madre dei due figli di Julian Assange che lancia un disperato appello: “Julian non vede i suoi figli da ottobre, da quando la prigione è stata chiusa per il Covid. Io non dico ai bambini che il loro padre è in prigione. Perché quando gli insegnerò che cos’è una prigione, gli dirò che è un posto dove finiscono i criminali, persone cattive che fanno cose cattive, non gli uomini buoni che hanno fatto cose buone. È in una cella di nove metri quadrati. Ed e lì da due anni e mezzo. 

Ed ora siamo arrivati al punto che ci sono solo due strade: o Julian riacquista la libertà o muore. E se muore, non è perché si è suicidato, è perché lo hanno ucciso”

Intervistato anche l’Inviato Speciale Onu contro la tortura Nils Melzer, che da 20 anni si occupa di violazioni di diritti umani, ha usato parole durissime sul processo contro Assange.

“Dopo l’11 settembre – dice al giornalista – i servizi segreti sono diventati molto importanti per la lotta al terrorismo e i servizi sono come i cani da guardia. WikLeaks è così importante perché ci ha fatto vedere cosa fanno i servizi segreti e i governi dietro le loro porte chiuse.

Se Assange viene condannato per aver detto la verità, se questo diventa un crimine, allora viviamo in una tirannia”.

Dopo l’11 settembre, quella che gli americani hanno chiamato “la guerra al terrore”, oltre a scatenare l’inferno in Afghanistan e in Iraq, si è rivoltata contro di noi, consegnando quello che Stefania Maurizi nel suo libro chiama “Il Potere segreto”: la possibilità di violare diritti, di uccidere e giustiziare le persone, di torturare, di imprigionarle senza processo, al punto da minare i fondamenti della nostra stessa democrazia.

“JULIAN ASSANGE PROCESSO AL GIORNALISMO” è un reportage di Riccardo Iacona e di Elena Marzano e Elisabetta Camilleri. Regia e immagini di Massimiliano Torchia.

Presa diretta mostra numerosi giornalisti di tutto il mondo, penne di grande prestigio, registi, che fanno un appello all’Inghilterra di liberare Assan e a Biden di graziare da questa accusa di spionaggio (una legge del 1917!)

Assan non è cittadino americano, se dovesse soccombere è tutto il giornalismo di inchiesta che viene criminalizzato, entriamo nella tirannia della comunicazione. 

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