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La sfida del G20 allargato è quella di ricondurre tutti a una responsabilità comune, dai talebani all’America e all’Europa. Il mondo deve riuscire a disinnescare la nuova minaccia del terrorismo.
La destabilizzazione, con i suoi effetti a catena che incidono sulle materie prime e i loro prezzi come sulla quantità e qualità dei mercati di sbocco, incide in modo diretto e pesante sul nostro prodotto interno lordo e rappresenta il vero vincolo esterno alla nostra ripresa.
Dimostriamo di sapere occuparci di cose serie. Facciamolo, almeno per i nostri figli
La sfida del G20 allargato è quella di ricondurre tutti a una responsabilità comune. I talebani a garantire un governo di stabilità e a discutere con il mondo di standard di civiltà per i loro cittadini che non possono più essere messi in discussione.
Il mondo deve riuscire a disinnescare la nuova minaccia del terrorismo globale costringendo l’America a fare i conti con i suoi errori e l’Europa a ritrovare un ruolo di peso sullo scacchiere della globalizzazione a partire dal Mediterraneo.
Che sia stato Mario Draghi, come presidente del G20, a mettere in campo l’iniziativa più concreta per venire a capo dell’incognita Afghanistan, migliora ulteriormente l’accoglienza internazionale dell’Italia e accresce la reputazione del suo premier.
È il segno più evidente di una riforma di struttura che è il riposizionamento internazionale dell’Italia da molti sottovalutata o non capita e che invece ha un peso enorme nel nostro destino futuro.
Il punto, però, che non è a tutti chiaro, è che esiste una ricaduta italiana interna direttamente collegata alla soluzione dell’incognita Afghanistan e della sua comunità di donne e uomini.
Per cui ci occupiamo di loro, ma parliamo molto da vicino di noi.
Per almeno tre ragioni specifiche.