L’inflazione globale sta registrando livelli preoccupanti tra agosto e settembre.
L’impennata dei prezzi che ha riguardato alcuni beni di prima necessità e alcune materie prime di largo consumo sta sfidando le consuete politiche economiche mondiali e mettendo alla prova le capacità governative degli Stati di mitigare gli impatti negativi sui propri bilanci. Di contro questo buco nero, che non pare rallentare, starebbe inoltre alimentando le paure di possibili “scossoni” finanziari e mettendo sotto pressione i consumi in tutto il pianeta.
I dati più recentemente pubblicati mostrano come l’inflazione continui a subire un’accelerazione significativa rispetto ai mesi precedenti. Numerosi Paesi hanno notato e segnalato un cospicuo aumento di prezzo sia sui generi alimentari (da -0,2% a +0,8%) che nei prodotti dell’energia (da +18,6% a +19,8%), incrementi che si sono riflessi sui costi di produzione per le aziende. Questo ha spinto molte di esse a trasferire parte di questi aumenti ai consumatori, innescando quella che è stata battezzata come “spirale inflazionistica“.
Inflazione: cause e conseguenze
Ma quali sono i motivi di questo trend preoccupante? Gli analisti economici, generalmente, sono concordi nell’individuare differenti ragioni alla base: la ripresa economica post-pandemica, con la riapertura dei settori e l’aumento della domanda, avrebbe portato ad un’impennata dei prezzi di materie prime come il petrolio, i metalli, gli inscatolamenti e, di conseguenza, gli alimenti. Allo stesso tempo, le interruzioni nella catena di approvvigionamento globale che si sono verificate pochi mesi fa, compreso il rallentamento della produzione industriale e le difficoltà logistiche, avrebbero contribuito ad innalzare i costi di produzione.
L’impatto dell’inflazione si starebbe facendo sentire principalmente sui consumatori di tutto il mondo: il valore economico più alto di beni di consumo quali cibo, energia e prodotti di largo uso starebbe comprimendo il potere d’acquisto delle famiglie e mettendo a dura prova i bilanci domestici. Inoltre, l’aumento dei costi delle materie prime industriali pare stia colpendo soprattutto le imprese, in particolare quelle piccole e medie, che ora si ritrovano a “lottare” per mantenere la propria redditività.
E la Politica che fa?
In questo contesto, gli esponenti politici e i responsabili delle strategie monetarie di mezzo mondo si sono ritrovati ad affrontare una sfida più che complessa. Ai governi e alle banche centrali tocca, in sostanza, la ricerca di un equilibrio tra la necessità di stimolare la ripresa economica e il controllo dell’inflazione.
Ma mentre molti governi cercano, se non una quadra, almeno un bilanciamento su questi due aspetti così importanti della vita quotidiana, le banche centrali sono tuttavia chiamate ad adottare politiche monetarie caute per evitare un’ulteriore accelerazione dei prezzi, sostenendo allo stesso tempo l’economia con misure di stimolo.
Tempi bui…
Le prospettive future sull’inflazione, al momento, restano incerte: molte incognite, tra cui l’evoluzione dei mercati delle materie prime e la stabilità geopolitica, continueranno ad influenzare l’andamento dei prezzi in maniera del tutto imprevedibile. I consumatori e le imprese dovranno essere pronti ad affrontare un contesto economico in continua evoluzione e ad adottare vere e proprie contromisure di adattamento.
Tutto questo non può che sollevare numerosi timori circa una futura instabilità economica e creare non poca ansia nei consumatori di tutto il mondo. Resta da vedere come si evolverà, ora dopo ora, la situazione nei prossimi mesi e quali misure saranno adottate per mitigare gli impatti del carovita sulle economie globali.
Fonte: Agensir.it
Antonio Quarta
Redazione Corriere di Puglia e Lucania