Nove le persone in carcere e una ai domiciliari. Altre 11 persone sono indagate a piede libero. Documentato anche il coinvolgimento di Giuseppe Scaduto, 75 anni, già capo del mandamento di Bagheria
Chiedevano la restituzione dei soldi prestati applicando tassi usurai che variavano dal 143% al 5.400% annuo. All’alba, nel palermitano, è scattata l’Operazione “Araldo”: 10 arresti per concorso esterno in associazione mafiosa, usura e estorsioni. Tra gli indagati un avvocato che veicolava all’esterno le direttive del cliente mafioso e una funzionaria della società regionale Riscossione Sicilia che informava il gruppo criminale della posizione debitoria delle vittime. Documentato il coinvolgimento del boss di Bagheria Giuseppe Scaduto.
Il blitz è stato condotto dai militari del Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza e della Compagnia carabinieri di Bagheria, in esecuzione di un provvedimento richiesto dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo: 9 le persone in carcere e una ai domiciliari. Altre 11 persone sono indagate a piede libero. I militari hanno proceduto al sequestro preventivo di quote di una società, un locale commerciale adibito a laboratorio e relativo terreno e un bar-tavola calda di Villabate con annesso chiosco, per un valore complessivo di circa 500 mila euro. I reati contestati sono, a vario titolo, concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al delitto di usura, usura e estorsione aggravate dalla metodologia mafiosa e trasferimento fraudolento di valori.
L’indagine ha accertato l’esistenza di un gruppo specializzato nell’usura tra i Comuni di Bagheria, Ficarazzi e Villabate. Le vittime, tutte in evidente stato di indigenza e in una chiara posizione di insolvenza, erano costrette a rivolgersi agli arrestati per poter ricevere dei prestiti con un tasso usuraio variante. Tassi che, a seconda degli episodi, variavano dal 143% annuo e raggiungevano anche il 5.400% annuo (a fronte di un prestito di 500 euro, la somma da restituire in soli 4 giorni diventava di 800 euro).
Frequenti le violenze e le minacce. I criminali avvertivano le vittime della provenienza mafiosa del denaro oggetto di finanziamento, con il chiaro intento di incutere timore e di garantirsi la restituzione degli importi pattuiti.
L’organizzazione criminale, anche con la collaborazione di una funzionaria in servizio presso la società regionale Riscossione Sicilia (che forniva notizie riservate circa le posizioni debitorie di numerosi soggetti), una volta individuate le potenziali vittime, assicurava loro la possibilità di ricevere dei prestiti ai tassi usurai descritti. Documentato anche il coinvolgimento di Giuseppe Scaduto, 75 anni, già capo del mandamento di Bagheria e all’epoca sottoposto agli arresti domiciliari, il quale aveva delegato Atanasio Alcamo, 45 anni, già imputato per 416-bis, entrambi destinatari della misura cautelare oggi eseguita.
Sono, inoltre, stati arrestati Giovanni Di Salvo, 42 anni, quale capo e organizzatore; l’avvocato Alessandro Del Giudice, 53 anni, promotore e procacciatore di clienti; Simone Nappini, 50 anni, intermediario e erogatore materiale dei prestiti; Antonino Troia, 57 anni, detto ‘Nino’; Giovanni Riela, 48 anni; Gioacchino Focarino,69 anni, detto ‘Gino’; Antonino Saverino, 66 anni, detto ‘Nino’; e Vincenzo Fucarino, 74 anni, (agli arresti domiciliari) coinvolti a vario titolo nell’associazione.
L’indagine è stata avviata, inizialmente, puntando l’attenzione sull’avvocato Del Giudice, che, in qualità di legale di un mafioso della famiglia mafiosa di Misilmeri, aveva assunto la veste di ‘portavoce’ del proprio assistito detenuto per messaggi e direttive da veicolare fuori dall’istituto penitenziario, garantendogli la periodica comunicazione con gli altri associati e la gestione indiretta delle attività imprenditoriali, fittiziamente intestate a terzi, nelle quali aveva investito i proventi di attività criminali. L’attività, svoltasi a Palermo e provincia, ha visto l’impiego di circa 70 militari della Guardia di finanza e dell’Arma dei carabinieri.
AGI